Alla Sera di Ugo Foscolo

Ugo Foscolo ci mostra la sera come immagine della morte, totale annullamento dell’esistenza ma anche pace per l’anima, e per questo molto cara al poeta. I versi lasciano chiaramente trasparire il sofferto rapporto tra il desiderio di pace e la negatività del presente storico, che provoca nel poeta un sentimento angoscioso di sofferenza per la vita. Sia quando si mostra con i suoi tramonti estivi, accompagnata da venti leggeri, sia quando è accompagnata da lunghe e inquietanti tenebre invernali, la sera è sempre desiderata da Foscolo, perché essa ispira i suoi più intimi pensieri e le più segrete aspirazioni.

L’autore confida infatti che l’apparizione della sera lo induce a meditare sulla vita e sulla morte, vista come «nulla eterno», un annullamento totale e definitivo dell’esistenza. A questa dimensione indefinita ed infinita si contrappone il tempo, che passa rapido portando con sé preoccupazioni. Solo quando il poeta contempla il silenzio e la pace della notte, la sua anima ribelle e guerriera, attanagliata dalla rivolta interiore, si placa e per un attimo il poeta riesce a liberarsi dal dolore e dalla tristezza della sua condizione.

La poesia esprime tutto pessimismo e tutta la preoccupazione del poeta, intristito dalle avversità della sua condizione, ma anche tutta la sua volontà di allontanarsi dal presente per immergersi in una dimensione fuori dal tempo, nella morte, che è totale annullamento ma anche pace, in cui riuscire a placare il tumulto interiore.
La sera è anche la confidente del poeta; è il momento in cui il poeta riflette sulla propria vita e sulla morte chiarendo a se stesso la sua visone di vita.

Le figure foniche del sonetto, con rima secondo lo schema ABAB ABABA CDC DCD, sono le allitterazioni dei suoni chiari delle vocali -e ed -i nelle quartine, e quelle dei suoni cupi delle vocali -o ed -u delle terzine.

Forse perché della fatal quïete
Tu sei l’imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all’universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge

Parafrasi:

Forse per il fatto che della morte
tu sei l’immagine, il tuo arrivare mi è così caro,
oh sera! Sia quando ti accompagnano
le nuvole estive e i venti sereni,

sia quando porti con te dal cielo nevoso
tenebre lunghe e inquietanti,
tu, sera, sei sempre da me attesa, e le segrete
vie del mio cuore occupi poi con dolcezza.

Tu o sera mi fai vagabondare con la mente lungo le orme del pensiero
che portano fino alla morte; e intanto passa
il triste tempo che sto vivendo e con lui se ne vanno le preoccupazioni

per colpa delle quali il tempo si consuma con me;
e mentre io osservo la tua pace, dorme
lo spirito ribelle che dentro di me si agita.