Introduzione al poema Divina Commedia

La Commedia o Divina Commedia (originariamente Comedìa; l’aggettivo Divina, attribuito da Boccaccio, si ritrova solo a partire dalle edizioni a stampa del 1555 a cura di Ludovico Dolce) è un poema del fiorentino Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate in versi endecasillabi, in lingua volgare toscana.
Composta secondo la critica tra il 1304 e il 1321, la Commedia è una delle più importanti testimonianze letterarie della civiltà medievale e una delle più grandi opere della letteratura universale, conosciuta e studiata in tutto il mondo.
L’opera ebbe immediatamente uno straordinario successo. Il testo, del quale non si possiede l’autografo, fu infatti copiato dai primissimi anni della diffusione dell’opera e fino all’avvento della stampa, in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo, dando vita ad una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta fino alle edizioni moderne; si parla così di secolare commento.
La vastità delle testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato una oggettiva difficoltà nella definizione del testo critico. Oggi si dispone di un’edizione di riferimento realizzata da Giorgio Petrocchi; più di recente un’edizione critica è stata curata da Federico Sanguineti (Dantis Alagherii Comedia, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2001).
Il poema è diviso in tre parti, chiamate cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l’Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale). Il poeta narra di un viaggio attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità.
La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali (ispirazione religiosa, fine morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa, poiché, come è stato rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende ad una rappresentazione ampia e drammatica della realtà.

Struttura cosmologica
La struttura testuale della Commedia coincide esattamente con la rappresentazione cosmologica dell’immaginario medievale. Il viaggio all’Inferno e sul monte del Purgatorio rappresentano infatti l’attraversamento dell’intero pianeta, concepito come una sfera, dalle sue profondità alle regioni più elevate; mentre il Paradiso è una rappresentazione simbolico-visuale del cosmo tolemaico.
L’Inferno era rappresentato all’epoca di Dante come una cavità di forma conica interna alla Terra, allora concepita come divisa in due emisferi, uno di terre e l’altro di acque. La caverna infernale era nata dal ritrarsi delle terre inorridite al contatto con il corpo maledetto di Lucifero e delle sue schiere, cadute dal cielo dopo la ribellione a Dio. La voragine infernale aveva il suo ingresso esattamente sotto Gerusalemme, collocata a 90° rispetto al semicerchio di 180° formato dalle terre emerse. La metà marina della Terra si estendeva invece su tutta la semisfera opposta al continente euroasiatico. Agli antipodi di Gerusalemme, e quindi al 90° della semisfera acquea, si ergeva l’isola montagnosa del Purgatorio, composta appunto dalle terre fuoriuscite dal cuore del mondo all’epoca della ribellione degli angeli. In cima al Purgatorio, che peraltro era una creazione recente dell’immaginario cristiano, legata alla necessità di giustificare la dottrina delle indulgenze, Dante colloca il Paradiso terrestre del racconto biblico, il luogo terrestre più vicino al cielo. Come si vede, Dante riprende dalla concezione tolemaica l’idea di una Terra sferica, ma le sovrappone un universo sostanzialmente pre-tolemaico, privo di simmetria sferica. Alla sfericità della Terra, infatti, non corrisponde una simmetria generale nella distribuzione delle terre emerse e della presenza umana; le direzioni passanti per il centro della Terra non sono equivalenti: quella che passa per Gerusalemme e per la montagna del Purgatorio ha un ruolo privilegiato, il che richiama le concezioni della Grecia arcaica, ad esempio di Anassimandro.

Il Paradiso è strutturato secondo la rappresentazione cosmologica nata all’epoca ellenistica con gli scritti di Tolomeo, e risistemata dai teologici cristiani secondo le esigenze della nuova religione. Nel suo rapimento celeste dietro l’anima di Beatrice, Dante attraversa dunque i nove cieli del cosmo astronomico-teologico, al di sopra dei quali si distende il Pleroma infinito (Empireo) in cui ha sede la Rosa dei Beati, posti a diretto contatto con la visione di Dio. Ai nove cieli corrispondono nell’Empireo i nove cori angelici che, col loro movimento circolare intorno all’immagine di Dio, provocano il relativo movimento rotatorio del cielo a cui ciascuno di essi è preposto – questo secondo la dottrina dell’Atto Puro o Primo Mobile desunta dalla Metafisica di Aristotele.
La struttura cosmologica della Commedia è strettamente connessa alla struttura dottrinale del poema, per cui la collocazione dei tre regni, e, al loro interno, l’ordine delle anime (ovvero delle pene e delle grazie), corrisponde a precisi intendimenti di ordine morale e teologico.

  • Un ampio vestibolo o Antinferno, dove vengono puniti coloro che nessuno vuole, né Dio né il demonio: gli ignavi.
  • Il fiume Acheronte, che separa il vestibolo dall’inferno vero e proprio.
  • Una prima sezione costituita dal Limbo, immerso in una tenebra perenne.
  • Una serie di cerchi meno scoscesi in cui patiscono i peccatori incontinenti.
  • La città infuocata di Dite, le cui mura circondano la voragine finale.
  • Il cerchio dei violenti in cui scorre il fiume sanguigno del Flegetonte.
  • Un burrone scosceso, che dà all’ottavo cerchio, chiamato Malebolge: il cerchio dei fraudolenti.
  • Il pozzo dei Giganti.
  • Il lago ghiacciato di Cocito, dove sono immersi i traditori.

La topografia del Purgatorio è invece così strutturata: un Antipurgatorio, costituito da una spiaggia, su cui vengono traghettate le anime dall’angelo nocchiero che le preleva alla foce del Tevere, e da una valletta fiorita; specularmente all’Inferno, in essa attendono di iniziare la loro purificazione i negligenti, i tardi cioè a pentirsi. Il purgatorio vero e proprio è un monte scosceso, formato da ampi dirupi e cerchi rocciosi, a ciascuno dei quali è preposto un angelo guardiano. Sulla cima del monte c’è il Paradiso terrestre, che ha l’aspetto di una foresta rigogliosa, popolata di figure allegoriche.

I nove cieli del Paradiso sono i sette del sistema tolemaico – Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno – più il cielo delle Stelle fisse e del Primo Mobile.

Tematiche e contenuti

  • Personale universale (redenzione dell’umanità)
  • Autobiografico: redenzione dell’anima del poeta dopo il periodo di traviamento (selva oscura)
  • Redenzione politica: l’umanità con la guida della ragione (Virgilio) e dell’impero raggiunge la felicità naturale (Paradiso terrestre = giustizia e pace)
  • Redenzione religiosa: la guida della fede (Beatrice), porta alla felicità soprannaturale (Paradiso)

Dante rappresenta cielo e terra, ma la terra trova nel poema una rappresentazione nuova, una profonda comprensione della realtà umana. In Dante è presente un modo nuovo e disincantato di percepire la storia, il racconto storico abbraccia il corso dei secoli con la storia dell’impero romano e cristiano, delle lotte fiorentine tra Bianchi e Neri, una larga considerazione prospettica della storia della Chiesa e della storia contemporanea del Papato.
L’osservazione della natura è accurata e armoniosa, accentuata nel suo valore prospettico, ricca e determinata. Le note geografiche e visive si succedono.
Il paragone è lo strumento con cui il poeta ritrae il reale mediante un intreccio di notazioni varie e reali. La natura dantesca scaturisce sempre da un riferimento personale ed è, non di rado, attratta nell’orbita drammatica della rappresentazione. Tutto in Dante ha un valore soggettivo, il poema non è solo la storia dell’anima cristiana che si volge a Dio, ma anche la vicenda personale di Dante, inestricabilmente intrecciata agli avvenimenti che narra. Dante è sempre attore e giudice.
Il carattere autobiografico prevale nella poesia rende Dante, la profezia religiosa e politica, si sviluppa su un terreno di esperienze personali, dichiaratamente espresse, e di aspirazioni precise. Dante sovrappone la profezia ai fatti concreti e non li dimentica, né insegue sogni vaghi e irrealizzabili di rinnovamento come i profeti medievali, infatti il suo vagheggiamento di un rinnovamento religioso, morale e politico ha obiettivi ben precisi: una ritrovata moralità della Chiesa, la restaurazione dell’Impero, la fine delle lotte civili nelle città.
L’allegoria e la concezione figurale sono il fondamento del poema ed il segno più scoperto del suo medievalismo; il mondo è raffigurato suddiviso: da un lato la realtà storica e concreta, dall’altro il sopramondo, ossia il significato della realtà storica trasferita sul piano morale e su quello ultraterreno. Il costante riferimento al sopramondo attesta la subordinazione medievale di ogni realtà a un fine morale e religioso. Siffatta subordinazione è rigida e imperante e nell’assoluto valore dell’allegoria, nella fedeltà ai modi e allo stile ereditati dalla letteratura precedente è il medievalismo di Dante.

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