Riassunto canto 15 (XV) del poema Orlando Furioso

Mentre Rodomonte, giunto alle mure interne di Parigi, vede morire più di undicimila soldati, Re Agramante muove parte dell’esercito per assaltare una porta che crede sguarnita. Troverà invece in sua difesa un grosso numero di cristiani con a capo lo stesso re Carlo (che aveva previsto i punti dai quali l’avversario avrebbe attaccato).

Il duca Astolfo, salvato da Melissa e giunto nel regno di Logistilla, riesce infine a partire per mare per fare ritorno in patria. Per proteggerlo durante il viaggio, la maga lo fa accompagnare da una forte scorta armata (guidata da Andronica e Sofrosina), gli consegna anche un libro contro gli incantesimi e gli dona infine un corno magico, il cui orrendo suono è in grado di mettere in fuga qualunque avversario.

Prendendo spunto da un pensiero comune a quel tempo, secondo il quale, vedendo quanto fosse grande l’Africa, dall’oceano Atlantico non era possibile raggiungere l’oceano Indiano, Astolfo domanda ad Andronica se qualche nave abbia mai compiuto quel viaggio. Lei risponde che in futuro sempre più esploratori circumnavigheranno l’Africa fino a raggiungere l’India. Altri faranno ancora di più, scoprendo nuovi mondi.
Dio vorrà rivelare quella via solo quando sarà giunto il tempo di Carlo V, con l’intenzione di porre tutto il mondo sotto il controllo di questo giusto imperatore. Per questo la Provvidenza Divina gli metterà anche a disposizione valorosi capitani, tra i quali Andrea Doria, che svolgerà con onore il compito di liberare i mari dai pirati e gli aprirà la porta per arrivare alla corona di imperatore.

Giunti allo stretto di Bahrein, Astolfo approda e prosegue il proprio viaggio sulla terra. Cavalcando lungo il Nilo sul suo cavallo Rabicano (tanto leggero nella corsa che quasi sfiorava il terreo, non si nutriva di fieno ma solo d’aria pura) incontra un vecchio eremita su di una imbarcazione, che gli consiglia, se ha cara la vita, di continuare il viaggio sull’altra riva del fiume, così da non incontrare il gigante Caligorante che è solito catturare le persone con una rete nascosta sotto la sabbia, divorarle ed adornare con le loro pelli la propria dimora.
Astolfo, tenendo più al proprio onore che alla propria vita, prosegue invece oltre alla ricerca del gigante.

Il gigante, visto arrivare Astolfo, pensa di prendere il cavaliere alle spalle, per farlo spaventare, scappare e quindi cadere in trappola. Il duca però ferma subito il cavallo e suona il corno magico. Questa volta è il gigante a scappare terrorizzato ed a cadere nella rete.
Il duca Astolfo sguaina la spada per vendicare le molte vittime di Caligorante, il proprio onore lo ferma però dall’uccidere il gigante, immobilizzato e quindi non in grado di difendersi. Il cavaliere incatena quindi Caligorante, lo libera dalla rete divina e se lo porta dietro come trofeo da mostrare nei paesi dove passa.

Passando dal Cairo, Astolfo viene a sapere che alla foce del Nilo vive un ladrone, di nome Orrilo, impossibile da uccidere, e vuole quindi andare a vedere con i propri se quanto si dice sia vero.
Arrivato sul posto, il duca assiste al combattimento tra quella persona incantata ed i due figli del cognato di Orlando, Grifone e Aquilante. Qualunque ferita o mutilazione venga inflitta al ladrone, lui si ricompone e riprende normalmente il combattimento. Se gli viene scagliato in mare un braccio, si tuffa e quando esce dall’acqua è nuovamente intero.
Assistevano alla scena anche due donne, le due fate che avevano nutrito i due, quando erano giovani, dopo averli salvati da un grifone e da un’aquila che li avevano sottratti alla loro madre, ed ora avevano spinto i due uomini a confrontarsi in duello con Orrilo.

Giunta la notte, il combattimento viene sospeso e rimandato al giorno successivo. Astolfo, che conosce già Grifone e Aquilante, si unisce alla loro mensa.

Il duca legge nel libro contro gli incantesimi che l’unico modo per rendere Orrilo vulnerabile è di strappargli di testa un capello fatato. Convinto dell’imminente trionfo, Astolfo si prende quindi su di sé l’incarico di uccidere il ladrone.
Il giorno dopo, durante il combattimento, il duca decapita l’avversario e subito si impossessa della sua testa e parte di corsa a cavallo, così da evitare che Orrilo si ricomponga. Approfittando del vantaggio preso sul ladrone, subito corso all’inseguimento, grazie al proprio cavallo Rabicano, Astolfo rade completamente la testa di Orrilo. Subito la testa perde vita, così come ogni altra parte del corpo del ladrone.
Il paladino mostra subito la sua opera ai due uomini ed alle due donne, ma Grifone e Aquilante non gioiscono per l’invidia, le due fate perché vedono ora vicino il triste destino che attende i due fratelli in Francia, e che avevano cercato di evitare tenendoli occupati con Orrilo.
I due giovani si uniscono infatti subito a lui per combattere contro i saraceni.

I tre, con il gigante al seguito, prendono quindi la via ad oriente per poter visitare la Terra Santa. Incontrano lì un loro amico, Sansonetto, intento a costruire un muro a protezione del monte Calvario ed una fortezza per fronteggiare il califfo. Il duca gli fa omaggio del gigante (per sollevare i carichi pesanti e procedere spediti nelle opere) e della rete utilizzata per catturarlo.

Giunge un cavaliere e comunica a Grifone che Orrilige, la donna da lui amata (tanto bella quanto crudele), ha abbandonato Constantinopoli, dove lui l’aveva lasciata, per seguire un suo nuovo amante. Il ragazzo pensa quindi di raggiungere l’amata per riprendersela.

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