Era Giulio Accurzi, come si suol dire in società, un bel giovine: trentatré anni, facoltoso, elegante, non privo di spirito. Godeva poi, nel concetto degli amici, d’una specialità: s’innamorava costantemente delle sue inquiline.
Possedeva una casa a due piani: affittava il primo, a cui era annesso un terrazzo, che dava su un grazioso giardinetto riserbato per un’angusta scala interna al secondo piano; abitava in questo con la madre paralitica, relegata da parecchi anni in poltrona.
LA ROSA di Luigi Pirandello | Testo
Nel bujo fitto della sera invernale il trenino andava col passo di chi sa che tanto ormai non arriva piú a tempo.
In verità la signora Lucietta Nespi, vedova Loffredi, per quanto annojata e stanca del lungo viaggio in quella sudicia vettura di seconda classe, non aveva alcuna fretta d’arrivare a Péola.
Pensava… pensava…
VA BENE di Luigi Pirandello | Testo
Stato di servizio (fino addí 5 marzo del 1904)
A Sorrento, da Corvara Francesco Aurelio e Florida Amidei, nella notte dal 12 al 13 febbrajo dell’anno 1861, nasce Cosmo Antonio Corvara Amidei, e subito è accolto male: a sculacciate; preso per i piedi dalla levatrice e tenuto per qualche momento a testa giú, perché, quasi strozzato a causa delle doglie stanche della madre, è entrato nel mondo senza strillare.
Botte, finché non strilla.
Intervista a Paul Pastrello, autore di Jack lo SquartatorTe

Vi presentiamo oggi lo scrittore emergente Paul Pastrello, autore del romanzo Giallo/Umoristico Jack lo SquartatorTe, partendo dalla nota autobiografica pubblicata sul suo sito personale www.paulpastrello.it:
“Paul Pastrello nasce nel pieno boom dell’era digitale, a Crema.
Già in tenera età digita ossessivamente comandi DOS su una tastiera Querty. Crescendo, si impratichisce con diversi dispositivi: citofoni, telecomandi di varia natura, cassette di sicurezza e, nell’ultimo anno, la lavatrice della casa milanese che condivide amabilmente con Paulla Strella.
Con l’avvento dei primi Touch Screen, Paul Pastrello raggiunge la maturità necessaria per fare il suo ingresso nel mondo del lavoro: durante il giorno produce codice Java per una Software House milanese. La notte, invece, ha prodotto autonomamente e in sordina Jack lo SquartatorTe.”
NEL SEGNO di Luigi Pirandello | Testo
CANDELORA di Luigi Pirandello | Testo
LA RICCA di Luigi Pirandello | Testo
Solevan le tre sorelle di Giulia Montana maritate così senza aspettar tempo e amore, secondo la lor condizione sociale e i beni di fortuna, sparlare a preferenza della sorella rimasta nubile ostinatamente, e sfoggiando sotto voce massime prudenziali comentavan con amarezza le più serie proposte di matrimonio da lei respinte; e da buone figliuole, commiseravano il vecchio padre inasprito sempre e rigido, come di marmo, verso quell’ultima figlia, e anche lei, la povera Giulia, per quella sua disgrazia, come esse dicevano.
LA BERRETTA DI PADOVA di Luigi Pirandello | Testo
Berrette di Padova: belle berrette a lingua, di panno, a uso di quelle che si portano ancora in Sardegna, e che si portavano allora (cioè a dire nei primi cinquant’anni del secolo scorso) anche in Sicilia, non dalla gente di campagna che usava di quelle a calza di filo e con la nappina in punta, ma dai cittadini, anche mezzi signori; se è vera la storia che mi fu raccontata da un vecchio parente, il quale aveva conosciuto il berrettajo che le vendeva, zimbello di tutta Girgenti allora, perché dei tanti anni passati in quel commercio pare non avesse saputo ricavare altro guadagno che il nomignolo di Cirlinciò, che in Sicilia, per chi volesse saperlo, è il nome d’un uccello sciocco.
DONO DELLA VERGINE MARIA di Luigi Pirandello| Testo
Così: una crocetta e il nome della figlia morta accanto. Cinque, in colonna. Poi una sesta, che aspettava il nome dell’ultima: Agata, a cui poco ormai restava da patire.
Don Nuccio D’Alagna si turò le orecchie per non sentirla tossire di là; e quasi fosse suo lo spasimo di quella tosse, strizzò gli occhi e tutta la faccia squallida, irta di peli grigi; poi s’alzò.
FUOCO ALLA PAGLIA di Luigi Pirandello | Testo
Non avendo piú nessuno a cui comandare, Simone Lampo aveva preso da un pezzo l’abitudine di comandare a se stesso. E si comandava a bacchetta:
– Simone, qua! Simone, là!
S’imponeva apposta, per dispetto del suo stato, le faccende piú ingrate. Fingeva talvolta di ribellarsi per costringersi a obbedire, rappresentando a un tempo le due parti in commedia.