IL FUMO di Luigi Pirandello| Testo

Appena i zolfatari venivan su dal fondo della «buca» col fiato ai denti e le ossa rotte dalla fatica, la prima cosa che cercavano con gli occhi era quel verde là della collina lontana, che chiudeva a ponente l’ampia vallata.
Qua, le coste aride, livide di tufi arsicci, non avevano più da tempo un filo d’erba, sforacchiate dalle zolfare come da tanti enormi formicaj e bruciate tutte dal fumo.

LA MOSCA di Luigi Pirandello | Testo

Trafelati, ansanti, per far piú presto, quando furono sotto il borgo, – su, di qua, coraggio! – s’arrampicarono per la scabra ripa cretosa, ajutandosi anche con le mani – forza! forza! – poiché gli scarponi imbullettati – Dio sacrato! – scivolavano.
Appena s’affacciarono paonazzi sulla ripa, le donne, affollate e vocianti intorno alla fontanella all’uscita del paese, si voltarono tutte a guardare. O non erano i fratelli Tortorici, quei due là? Sì, Neli e Saro Tortorici. Oh poveretti! E perché correvano così?

LA SCELTA di Luigi Pirandello | Testo

Tanto magro, quanto lungo; e più lungo, Dio mio, sarebbe stato, se il busto tutt’a un tratto, quasi stanco di tallir gracile in su, non gli si fosse sotto la nuca curvato in una buona gobbetta, da cui il collo pareva uscisse, penosamente inarcato, come quel d’un pollo, ma con un grosso nottolino protuberante, che gli andava su e giù ogni qual volta deglutiva.

TIROCINIO di Luigi Pirandello| Testo

Da una settimana vedevamo Carlino Sgro per il Corso, per Via Nazionale, per Via Ludovisi, passare in botte, di galoppo, accanto a un enorme mammifero in gonnella. Le lunghe piume nere del cappellaccio, che pareva un nido di corvi, le svolazzavano al vento.
Tutta la gente si fermava a mirare con occhi spalancati, a bocca aperta.
Noi amici, quasi sgomenti, nel vedercelo passar davanti, gli lanciavamo ogni volta un grido affettuoso o lo chiamavamo per nome, tendendogli le braccia; e lui, lui subito si voltava a salutarci con larghi e ripetuti gesti, che ci pareva invocassero disperatamente ajuto.

ROMOLO di Luigi Pirandello | Testo

Nelle società così dette civili. o dette anche storiche, la leggenda – si sa – non può piú nascere. Potrebbe nascere, e spesso anche nasce, ma umile, e striscia timida tra il popolino: lumachella che ha gli occhi nelle corna e subito li ritira tra il bollichìo della vana bava, appena col dito rigido e sporco d’inchiostro un professore di storia glieli tocchi.

PUBERTA’ di Luigi Pirandello | Testo

L’abitino alla marinara non era più per lei: la nonna avrebbe dovuto capirlo.
Certo, trovare un modo grazioso di vestirla, che non fosse più da ragazzina e non ancora da grande, non era facile. Aveva visto jeri la Gianchi: che orrore, poverina! Impastojata in un sottanone grigio peloso lungo fin quasi alla noce del piede, non sapeva più come muoverci dentro le gambe.
Anche lei però, con tutto quel seno in quella giubbetto da bimba!

LA DISDETTA DI PITAGORA di Luigi Pirandello | Testo

— Perbacco!
E, rimettendomi il cappello, mi voltai a guardare la bella sposina tra il fidanzato e la vecchia madre.
Dri dri dri… — ah come strillavano di felicità sul lastrico della piazza assolata, nel mattino domenicale, le scarpe nuove dell’amico mio! E la fidanzata, con l’anima tutta ridente nell’azzurro infantile degli occhietti irrequieti, nelle guance invermigliate, nei dentini lucenti, sotto l’ombrellino sgargiante di seta rossa, si faceva vento, vento, vento, quasi a smorzar le vampe della gioia e del pudore, la prima volta che si mostrava così per via, bambina, alla gente, con a fianco — dri dri dri quel pezzo di promesso sposo, esageratamente nuovo, pettinato, profumato e soddisfatto.

FUGA di Luigi Pirandello | Testo

Che stizza per quella nebbia, il signor Bareggi! Gli parve sorta a tradimento proprio per lui, per pungerlo fredda, con punture lievi di sottilissimi aghi, alla faccia, alla nuca, e:
– A te, domani, le fitte a tutte le giunture, – si mise a dire, – la testa che ti pesa come il piombo, e gli occhi che non li puoi più aprire, tra il gonfiore di queste belle borse acquerose! Parola d’onore, va a finir che la faccio davvero, la pazzia!

UN’IDEA di Luigi Pirandello| Testo

Lasciata la solita compagnia nel caffè (tra i lumi e gli specchi pieni di fumo) si trova davanti la notte: vitrea, quasi fragile nella purezza degli astri sfavillanti sulla vastissima piazza deserta.
Attraversarla, gli pare impossibile; la vita, in cui deve rientrare, irraggiungibilmente remota da essa; e tutta la città, come da secoli disabitata, coi fanali che ancora la vegliano nel chiarore misterioso di quella gelida azzurrità notturna. Impossibile il rumore dei suoi passi in quel silenzio che pare eterno.

PIUMA di Luigi Pirandello | Testo

Già s’era accorta che la pietà dei parenti non era tanto a costo delle sue sofferenze, quanto di quelle che ella dava loro, senza volerlo, col suo male inguaribile; e che insomma nasceva da un certo goffo rimorso quella loro affannata pietà. Il grosso marito calvo e accigliato, quella grossa cugina povera, corazzata da due poppe prepotenti sotto il mento, i capelli che parevano un casco di ferro su la fronte bassa e quel pajo di spaventosi occhiali sul fiero naso, anche un po’ baffuta, poverina; volevano soffrire per lei perché intendevano di pagare così il sollievo, il bene che sarebbe loro venuto dalla sua morte.