LA LUNA E I FALO’ di Cesare Pavese

La luna e i falòTitolo: La luna e i falò
Autore: Cesare Pavese
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In breve:
C’è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c’è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch‘io possa dire «Ecco cos’ero prima di nascere». Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.

Un titolo ricco di implicazioni simboliche. La luna e i falò è l’opera più importante del breve e ricco percorso letterario di Pavese. Il romanzo, completato e pubblicato poco prima della precoce morte del protagonista (1950), è una summa di tutti i luoghi e motivi pavesiani: la condizione dell’esule, che ricalca la difficile adattabilità dell’autore; l’epopea, più spietata che salvifica, della Resistenza; le colline delle Langhe; il mito dell’infanzia perduta; il ritorno. Fin dal titolo si delinea un rapporto complesso tra una realtà simbolica e l’esigenza del realismo. La luna è un topos letterario piuttosto frequentato nella letteratura italiana e Pavese non teme il confronto con un passato illustre: come per il Leopardi del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, la luna è infatti un osservatore muto delle vicende umane, una presenza che in modo diretto o indiretto ne scandisce le esperienze sulla terra, ponendosi talvolta come ospite indifferente e perfino spietato. Nel caso specifico del romanzo di Pavese, la luna richiama anche la ciclicità del mondo contadino, il lento ripetersi di gesti e opere legate alla terra, spesso scandite proprio dalle fasi lunari . Nello stesso tempo la luna rappresenta un’alterità che suggerisce un mondo mitico, lontano dai ritmi razionali dell’uomo moderno, quindi è l’espressione di una realtà arcaica, di un rifugio dalla modernità, una sorta di paradiso terrestre che in qualche modo l’autore cerca di recuperare. I falò sono a loro volta legati al mondo contadino (tradizionali e calati nella realtà campagnola sono quelli della notte di San Giovanni), ma simboleggiano nello stesso tempo i roghi, le devastazioni della guerra tra partigiani e nazifascisti. Pertanto accanto all’interpretazione benevola e familiare di due simboli della realtà contadina si affaccia la tragica invadenza della storia che stravolge l’ordine costituito e semina morte e barbarie.

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