IN MEMORIA di Giuseppe Ungaretti | Testo, parafrasi e commento

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse

Parafrasi:
Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri e di nomadi,
morto suicida
perché aveva smarrito
le sue radici

Si innamorò della Francia
e cambiò il proprio nome [e la propria identità]

Si faceva chiamare Marcel
ma non era francese
e, allo stesso tempo, non sapeva più
vivere
come i suoi antenati nomadi, nelle tende,
dove si ascoltavano i versi
del Corano
mentre si sorseggiava il caffè

E non sapeva
esprimere
il suo tormento
con la poesia

Ho accompagnato la sua salma
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 di rue des Carmes
grigio vicolo in discesa [del quartiere Latino]

Ora riposa
nel cimitero d’Ivry
un sobborgo squallido e disordinato
come un luogo
dove si è appena conclusa la fiera

E forse solo io
ricordo ancora
che è esistito

Analisi:
La forma e lo stile. In memoria è la lirica iniziale del Porto sepolto. Insieme alle due poesie conclusive, fu scritta a stesura del libro ormai ultimata, pertanto la scelta del poeta di inserirla in testa al volume le conferisce un ruolo fondamentale nell’introduzione delle tematiche principali. Come tutte le liriche del libro è scritta in versi liberi dalla misura breve e brevissima, frammentari e disarticolati. Come altrove, il poeta riduce al minimo l’aggettivazione, cosa del tutto nuova nella poesia del tempo, e addirittura tratta l’argomento della morte di una persona cara con uno stile asciutto e quasi da referto.

I temi. Moammed Sceab, il dedicatario della poesia, era un compagno di studi di Ungaretti negli anni egiziani. Successivamente i due avevano abitato insieme a Parigi, fino al suicidio del giovane. Come si evince dal testo, Moammed viveva in Francia da esule, avendo reciso il legame con la madrepatria, e in questa condizione di sradicamento Ungaretti trova una delle ragioni del suo suicidio (suicida / perché non aveva più / Patria). Altra ragione fondamentale agli occhi del poeta risiede nell’incapacità di riversare nei versi il dramma che lo consumava: non sapeva / sciogliere / il canto / del suo abbandono. Da queste due considerazioni risulta chiaro che Ungaretti ha potuto continuare a vivere in virtù della sua salda identità, del suo sentirsi pienamente italiano, e al contempo grazie al provvidenziale soccorso della poesia, che assume quindi una funzione salvifica. Pertanto, accanto ai temi della memoria e dell’elaborazione del lutto, i due temi fondamentali della lirica e dell’intera raccolta sono la patria, intesa come identità, e la poesia, in grado di dare voce ai grovigli dell’animo umano e di instaurare un dialogo con le radici storiche dell’uomo e con una sua origine remota, atemporale, argomento che il poeta svilupperà nella seconda lirica, Il porto sepolto.