La storia di Piccarda Donati

Dante incontra Piccarda Donati nel Canto 3 del Paradiso tra il gruppo di anime in vita non adempirono i voti dati.

Piccarda Donati è figlia di Simone Donati e quindi sorella di Forese, l’amico di gioventù del poeta, e di Corso, il violento capo della parte Nera fiorentina; ed è anche cugina della moglie di Dante, Gemma Donati.

La donna, di bellissimo aspetto, era entrata nel monastero delle clarisse in Firenze sin dalla giovane età, divenendo così sposa di Cristo. Il crudele fratello Corso però, probabilmente nel decennio compreso fra il 1283 ed il 1293, periodo in cui ricoprì varie cariche pubbliche a Bologna, costrinse la sorella ad abbandonare il convento ed a sposare il ricco ed influente Rossellino della Tosa, un’altro dei più facinorosi rappresentati della fazione dei Guelfi Neri, per stringere così una parentela molto vantaggiosa per gli interessi della famiglia e per la sua personale carriera politica.

Le cronache raccontano che il dolore provocato dalla violenza subita la fece morire di crepacuore non molto dopo. Altri commentatori del tempo riferiscono invece che Piccarda fosse riuscita a conservare la verginità ammalandosi di lebbra e morendo in pochi giorni. Dante, di certo ben informato sulle vicende di casa Donati, esclude nettamente entrambe le ipotesi, non le menziona e stende quindi un velo sulla vita di Piccarda successiva al rapimento. La vicenda umana di Piccarda si chiude di fatto, per il poeta, con quell’evento, il rapimento, che segnò la sua esistenza spirituale.
Dante dovette quindi intuire il dolore e la rassegnazione silenziosa, che mai cede al rancore, della vita di Piccarda accanto al marito che le era stato imposto, e su questi sentimenti costruì la sua salvezza eterna e la fece portavoce della necessità del beato, come dell’uomo, di accordare la sua volontà a quella di Dio per raggiungere la personale pienezza.