IL PORTO SEPOLTO di Giuseppe Ungaretti | Testo, parafrasi e commento

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto

Parafrasi:
Il poeta vi discende (nel porto sepolto)
e poi riemerge con le sue poesie
e le diffonde

Di questa poesia
mi rimane
un mistero
insondabile e indicibile

Analisi:
La forma e lo stile. Il porto sepolto è la seconda poesia della raccolta a cui dà il titolo. Conta sette versi di misura variabile e prevalentemente breve (due sono trisillabi), distribuiti in due strofe. La frammentarietà e la brevità del testo sono emblematiche di tutta la prima produzione ungarettiana. Come in tutti i componimenti della raccolta il titolo vale come verso zero, cioè offre informazioni fondamentali alla comprensione del testo, di cui è parte integrante: infatti il Vi del primo verso rimanda evidentemente al porto sepolto del titolo, senza il quale non sapremmo a cosa il poeta si riferisca. In calce al testo compaiono i riferimenti al luogo e alla data di composizione.

I temi. La poesia è tra le più importanti della raccolta perché enuncia la poetica dell’autore. Il poeta trae spunto da un antico porto di Alessandria d’Egitto, inabissatosi per via di movimenti bradisismici, ma ne fa un motivo simbolico: infatti, immergendosi nel porto sepolto allude alle profondità dell’animo umano, a quel che resta dell’origine perduta, inabissatasi e diventata inesplorabile. Grazie alla poesia, il poeta è in grado di intuire e riportare alla luce tracce di quell’origine (quel nulla / d’inesauribile segreto) e, di conseguenza, diffonderle agli uomini. L’inabissamento e il successivo affioramento del poeta con i suoi canti rimandano inoltre al mito di Orfeo – figura che nella mitologia greca simboleggia la poesia – il quale discese agli inferi per riportare in vita la sua Euridice: allo stesso modo il poeta scende nelle oscurità del mistero poetico per cercare la scintilla dell’ispirazione, in modo da riportare alla luce i suoi canti, immagine che allude chiaramente allo scrivere versi. Tuttavia i canti (le poesie) non sono in grado di restituire per intero il segreto della creazione (poetica e non): una volta portati alla luce il poeta li disperde, cioè qualcosa del messaggio originario va inesorabilmente perso e il poeta non può far altro che scrivere in modo frammentario e per brevi illuminazioni. È interessante notare come l’effetto della dispersione sia reso da Ungaretti con la coppia di dimostrativi questa/quel: la poesia (questa) come elemento tangibile e vicino al poeta conserva quel nulla, che allude a qualcosa di distante e lontano. È evidente in questa scelta la lezione del Leopardi dell’Infinito, in cui la fitta alternanza dei dimostrativi questo/quello indica allo stesso modo vicinanza/lontananza, finito/infinito.