IL RITUALE di Irene Zanetti

Adam era al centro del cerchio di fuoco ed intravedeva a malapena il paesaggio circostante, tanto le fiamme erano alte. Tutt’attorno, risuonava la melodia ritmica generata dagli uomini del villaggio che battevano grossi tamburi ricoperti di pelle di capra, unita al suono cristallino dei campanellini che ornavano le cavigliere delle danzatrici.
La luce delle lingue di fuoco disegnava spirali, fiori e nastri multicolore sul petto lucente del ragazzo.
Lo stregone del villaggio si avvicinò al giovane Adam con passo malfermo ma fiero, appoggiato al suo inseparabile bastone nodoso, mentre il ritmo della musica aumentava esponenzialmente.
“Respira, ormai ci sei” diceva tra sé e sé Adam, mentre con la mente ripercorreva i fatti che l’avevano portato a quel momento.
Aveva dimostrato di essere il miglior cacciatore, combattente ed apprendista stregone tra tutti gli adolescenti del villaggio. Era riuscito a catturare il più grosso facocero della zona, era entrato in contatto con lo spirito di un giaguaro ed aveva battuto tutti i suoi avversari con lealtà e coraggio.
“Inginocchiati” disse lo stregone in un soffio, la voce ormai faticava ad uscire dalla sua gola saggia e rugosa.
Adam obbedì, risvegliandosi con un sussulto dai suoi pensieri.
Lo stregone era ormai davanti a lui, ne sentiva il particolare odore di foglie pestate e mischiate ad acqua, terriccio e fiori.
Quando lo stregone gli mise al collo il tanto agognato amuleto, il cuore di Adam quasi si fermò per l’emozione. Stava per fare quello che a pochi eletti era concesso, stava per aprire la porta tra il passato ed il presente e vedere l’eredità che gli antenati avevano donato ai loro discendenti.
Una volta che lo stregone ebbe lasciato il cerchio di fuoco, Adam, rimasto solo, accarezzò il manufatto con grande devozione.
Era un oggetto rotondo, ricavato da due pietre gemelle scolpite con simboli rituali che rappresentavano gli stemmi delle diverse famiglie del clan.
Attorno al ragazzo era calato il silenzio, la musica era cessata nel momento in cui lo stregone si era seduto sul trono che gli spettava di diritto.
Dopo averlo osservato a lungo, Adam aprì l’amuleto e si trovò davanti alla sua immagine riflessa.
Impiegò qualche secondo a capire che stava osservando sé stesso: in sedici anni, aveva visto il suo viso solo specchiandosi nell’acqua del fiume.
Osservò i suoi occhi neri come la pietra, erano identici a quelli di sua madre; si passò una mano tra i capelli castani, anche suo padre e suo nonno li avevano uguali; infine riconobbe nel suo sorriso l’adorata nonna e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, capì il significato dello specchio.
Si alzò in piedi per riconsegnare l’amuleto allo stregone, con il cuore colmo di gioia al pensiero di essere lui l’eredità più preziosa della sua famiglia.

Racconto di Irene Zanetti, www.irenezanetti.it