Parafrasi canto 26 (XXVI) del Purgatorio di Dante

Parafrasi del Canto XXVI del Purgatorio – Mentre percorrono la settima cornice lungo il suo bordo esterno, per stare lontani dalle fiamme che avvolgono le anime dei lussuriosi, Dante incontra Guido Guinizzelli, padre degli stilnovisti, e Arnaut Daniel.

Leggi il testo del canto 26 (XXVI) del Purgatorio di Dante


Mentre in quel modo, lungo il bordo esterno della cornice, uno davanti
all’altro proseguivamo nel nostro cammino, con il mio generoso maestro
Virgilio che spesso mi diceva: “Fai attenzione: ti sia utile il mio avvertimento”;

il sole mi colpiva con i suoi raggi sulla spalla destra,
sole che, oramai, con la sua luce tutta la parte occidentale del cielo
mutava in colore dall’azzurro al bianco;

ed io con la mia ombra facevo sembrare ancora più rovente,
ancora più rossa la fiamma sprigionata dal monte; e proprio a questo effetto
dvedevo che molte anime, camminando, prestavano attenzione.

Questo fu il motivo che li spinse
a parlare di me; ed a cominciare tra di loro
a dire: “Quell’uomo non sembra avere un corpo virtuale”;

subito dopo, verso di me, per quanto potevano,
si spinsero alcune di loro, prestando sempre attenzione
a non uscire fuori dalle fiamme che li bruciava.

“Tu che cammini, non perché sei più lento,
forse per profondo rispetto, dietro agli altri due,
rispondi a me che brucio sia per la sete che per il fuoco.

Ma della tua risposta non ho bisogno solamente io;
perché tutte queste anime qui con me la desiderano più di quanto
possono desiderare l’acqua fresca gli abitante dell’India e dell’Etiopia.

Dicci quale è il motivo per cui riesci a fare schermo
ai raggi del sole, proprio come se tu non fossi ancora
caduto nella rete della morte, come se tu fossi ancora in vita.”

Con queste parole mi parlò uno di loro; ed io mi sarei anche
subito presentato, se la mia attenzione non fosse stata attirata
da un’altra novità che mi apparve improvvisamente davanti;

perché nel bel mezzo di quel cammino infuocato
arrivò un altro gruppo di anime, in direzione opposta alle prime,
che mi spinse a rimanere immobile ad osservarle.

Vedo avvicinarsi in fretta da ogni le parti
tutte le anime, dell’una e dell’altra schiera, e baciarsi l’una con l’altra
senza interruzione, felici di questa breve manifestazione d’affetto;

allo stesso modo come nella loro lunga fila nera
le formiche si sfiorano il muso l’una con l’altra,
forse per essere informate sul loro cammino e sulla loro destinazione.

Supito dopo essersi separate da quell’accoglienza affettuosa,
prima ancora di essersi allontanate di un solo passo l’una dall’altra,
ciascuna schiera si sforza di gridare con la voce più alta:

la schiera arrivata per ultima: “Sodoma e Gomorra”;
e la prima: “Pasife entra nella finta vacca in legno,
così che il lussurioso torello corra desideroso verso di lui.”

Poi, come uno stormo di gru che verso i monti Rifei
vola in parte ed in parte invece verso la sabbia del deserto,
queste ultime per evitare il gelo e le prime per evitare il caldo,

una schiera di anime si allontana mentre l’altra si avvicina a noi;
e ritornano, piangendo, ai loro canti ascoltati all’inizio
ed alle urla che più sono utili per la loro purificazione;

e si riavvicinano quindi a me, come avevano fatto prima,
le stesse anime che mi avevano pregato di dare loro una spiegazione;
tutte con l’espressione di chi presta attenzione ad ascoltare.

Io, che in altre due occasioni avevo già capito cosa era loro gradito,
incominciai a dire: “O anime sicure
di ottenere, quando sarà il momento, la condizione di beatitudine,

il mio corpo non è rimasto né giovane né vecchio
di là nel mondo terreno, ma io mi trovo qui in mezzo a voi
con il suo sangue e con le sue articolazioni.

Da qui io sto salendo verso la cima del Purgatorio per non essere più
accecato dal peccato; mi aspetta di sopra una donna che intercede per la mia
grazie, ed è grazie a lei che conduco il mio corpo mortale attraverso il vostro mondo.

Ma, possa il vostro più grande desiderio essere
subito soddisfatto, così che vi accolga il cielo, l’Empireo,
che è più degli altri pieno d’amore ed anche il più ampio,

ditemi, così che possa raccontarlo riempiendo le mie carte,
chi siete voi e chi è quella folla di anime
che procede in direzione opposta alla vostra.”

Non allo stesso modo, stupito, si agita
un montanaro e si guarda intorno con meraviglia, quando, ancora ignorante
e poco socievole, abituato a vivere lontano dalla civiltà, entra in città,

quanto fecero tutte quelle anime, a giudicare dalla loro espressione;
ma non appena fu passato lo stupore,
che nei cuori più nobili fa presto a passare,

“Beato te, che delle nostre regioni”, ricominciò
a dire quell’anima che prima mi aveva posto la domanda, “vieni
a fare esperienza per poter avere una migliore morte, in grazia di Dio!

La folla di anime che non procede insieme a noi, commise lo stesso
peccato che fece già in passato Cesare, per il quale, festeggiando
un trionfo, si sentì chiamare “Regina”:

ed è per questo motivo che si allontanano da noi gridando “Sodoma”,
rimproverando sé stessi, come hai potuto sentire, e intensificano
il bruciore del fuoco con la vergogna per quello che hanno fatto in vita.

Il nostro peccato di lussuria fu invece eterosessuale, verso l’altro sesso;
ma poiché non abbiamo rispettato la legge umana della moderazione,
ma siamo invece corsi dietro all’appetito sessuale come bestie,

per nostra vergogna, il nostro grido richiama,
quando ci allontaniamo dagli altri, il nome di quella donna, Pasife,
che si comportò da bestia infilandosi in una finta vacca di legno.

Ora conosci il motivo delle nostri azioni ed anche quali sono stati i nostri
peccati: se vuoi anche sapere chi siamo stati, quale è il nostro nome,
non c’è però abbastanza tempo per dirtelo, e quindi non lo saprai.

Soddisferò però la tua curiosità per quanto riguarda la mia identità:
io sono Guido Guinizzelli, e mi trovo qui a purificarmi
per essermi pentito in tempo, prima della fine della mia vita.”

Quale, nell’ira di Licurgo, fu il sentimento
provato dai due figli nel rivedere la propria madre Isifile,
lo stesso provai io, ma senza giungere fino al loro gesto,

quando sentii pronunciare il suo proprio nome da parte del padre
mio e di tutti gli altri migliori poeti che mai
abbiano composto poesi d’amore dolci e raffinate;

e senza più ascoltare e parlare, preso dai miei pensieri, proseguii
a lungo guardandolo in modo attettuoso,
ma, a causa del fuoco, non mi avvicinai di più a lui.

Non appena fui appagato, fui soddisfatto dal guardarlo,
misi subito tutta la mia persona al suo servizio
con un giuramento, con una di quelle affermazioni che fanno credere in te.

E lui mi disse allora: “Tu lasci un segno tanto profondo
nella mia memoria, con le parole che ho ascoltato, ed anche tanto chiaro,
che non potrà essere cancellato né sbiadito dall’acqua del fiume Lete.

Ma se le tue parole hanno fatto adesso un giuramento sincero,
dimmi quale è il motivo per cui dimostri,
nel modo in cui mi parli e per come mi guardi, di amarmi tanto.”

Ed io gli risposi: “Per le vostre dolci poesie,
che, fintanto che durerà la scrittura moderna (in volgare),
renderanno ancora prezioso l’inchiostro usato per scriverle.”

“O fratello”, mi disse allora mio padre, “costui che ti indico
con il dito”, e mi additò uno spirito davanti a lui,
“è stato in vita il miglior autore del parlare moderno.

Nelle poesie d’amore e nei romanzi in prosa superò tutti gli altri
scrittori; e lascia pure parlare quegli ignoranti che credono
che quello che viene dal Limosino, Giraut de Bornelh, sia superiore a lui.

Si fidano più delle voci sul suo conto, della sua fama, che della verità,
e si fanno così una opinione su di lui prima ancora di aver valutato
i suoi meriti ed essersi basati sul proprio giudizio personale.

Molti in passato tennero lo stesso atteggiamento verso Guittone,
attribuendogli il primato nella sua arte solo per sentito dire,
finché la verità ha avuto infine la meglio, grazie alle opere di più artisti.

Ora, se tu puoi godere del così grande privilegio
di avere la possibilità di accedere al monastero,
il Paradiso, del quale è abate Cristo,

fammi il piacere di recitare di fronte a lui un Padre nostro per me,
per quel tanto di cui abbiamo bisogno noi anime di questo mondo,
il Purgatorio, dove il peccare non è più qualcosa che ci riguarda.”

Subito dopo, forse per lasciare il posto ad un’altra anima
che aveva vicino, scomparve improvvisamente nelle fiamme, allo stesso modo
in cui un pesce scompare nell’acqua quando scende verso il fondo.

Io mi avvicinai un poco a quello spirito che prima mi era stato indicato,
e dissi lui che il mio desiderio di conoscerlo
preparava già una buona accoglienza al suo nome.

Lui cominciò a parlare senza esitazione:
“Tanto mi fa piacere la vostra cortese domanda,
che non posso ora e nemmeno voglio nascondere la mia identità a voi.

Io, che piango e vado cantando, sono Arnaut;
ricordo con tristezza la mia passata follia,
e vedo anche felice la gioia che spero ottenere, davanti a me.

Ora vi prego, in nome di quel valore
che vi guida fino alla cima della scalinata,
ricordatevi a tempo debito del mio dolore!”

Dette queste parole si nascose nuovamente nel fuoco purificatore.

 < Parafrasi Canto 25Parafrasi Canto 27 >