LA COMPAGNIA DELLA MORTE di Alfredo Colitto

Seduto su una poltrona con lo schienale rigido e il cuscino troppo imbottito, tra il letto e la finestra, Sebastiano Filieri ansimò come se fosse lui quello in fin di vita, e non sua cognata Maria. Le parole che lei aveva appena pronunciato, nel delirio della febbre che se la stava portando via, lo aveva colpito come pugni allo stomaco, riaprendo una ferita che per otto anni si era sforzato di considerare guarita.
Ma non era guarita affatto. In fondo lo aveva sempre saputo…

PESTE di Alfredo Colitto

Rannicchiata al buio in un’aiuola del patio, Cecilia di Nola restò paralizzata dal terrore, sentendo le voci dei due uomini a pochi passi.

Uno era coperto di seta dalla testa ai piedi: giacca a falde svasate di seta rosa con ricami d’oro, camicia e calze di seta bianchissima, brache di seta grigia al polpaccio, scarpe lucide dalle fi bbie d’argento. L’altro era un uomo sulla sessantina, con una massa di capelli bianchi che sembravano la criniera di un leone. La bassa statura e la pancia prominente sulle gambe magre contrastavano con l’aspetto fi ero del viso. Cecilia non ebbe bisogno che si voltasse verso le grandi lanterne appese ai lati dello scalone, per riconoscerlo. Era don Gustavo Guzmán, il conte, il padrone del palazzo e di tutti quei servi.
La sua paura aumentò…

L’ORDINE DEL CARDINALE di Gianni Baleani

È un giorno che disperavo di vedere. Il mio lavoro è finito è potrò gettare alle ortiche le fictioni di una vita a ogni apparenza honesta e finalmente dichiarare omne veritate: potrò trascurare la documentazione accumulata in tanti anni: le lettere, i preziosi manoscritti che ho rilegato per meglio serbarli, così pure i miei appunti stesi su fogli malandati. Li sigillerò in una cassa di rovere perché nulla sia negato a chi troverà le carte che dimostreranno veritiera ogni mia historia.
Presto qualcuno verrà. La voce della Vallicella non mente, e sono lieto d’aver posto termine al mio compito, assunto più di vent’anni fa, e tuttavia provo vergogna immensa per la gratitudine che dovrei a chi me lo comandò; troppo mi pesa averlo trascurato fino a oggi e non avergli dato compimento che dopo sì lungo tempo…

LE VITE DI MONSU’ DESIDERIO di Fausta Garavini

François de Nomé, a lungo confuso con Didier Barra sotto il nome di Monsù Desiderio, è un pittore di catastrofi, di architetture fantastiche squassate da silenziosi cataclismi: cupole sventrate, tronchi di colonne infrante, pinnacoli pericolanti, frontoni e fregi spezzati. Sui basamenti, sulle cuspidi, sulle architravi, nei vani fra le colonne superstiti, delle statue fluorescenti,atteggiate in varie posture, sembra che guardino e si muovano, come le figure viventi scolpite da Dedalo o forgiate da Vulcano. Non sono le vedute di rovine fatiscenti e vellutate dei fiamminghi che lavoravano a Roma nel Seicento, né i più tardi ruderi romantici guarniti di capelvenere sotto cieli crepuscolari,ma visioni di crolli, allucinazioni apocalittiche. Scenari da incubo, sogni pietrificati, il gran teatro della morte e della notte. Quale maledizione spreme quel pennello?