Introduzione a OSSI DI SEPPIA di Eugenio Montale

Le edizioni e la struttura dell’opera. Quando gli Ossi di seppia furono pubblicati per la prima volta nel 1925 per “Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti, il libro fu per lo più ignorato. Solo in seguito, con la seconda edizione ampliata e la terza e la quarta (rispettivamente nel 1931 e 1948, quest’ultima per le edizioni Mondadori), la critica in un coro pressoché unanime si accorse della straordinaria originalità della prima raccolta montaliana. Le quattro sezioni di cui si compone il libro, opera di Eugenio Montale, sono precedute da un testo in funzione di introduzione (In limine), che anticipa i temi principali della raccolta, e da uno conclusivo (Riviere).

La negatività dell’esistenza. Per l’atteggiamento speculativo e i temi che contraddistinguono il libro, Ossi di seppia rivelò Montale come poeta “metafisico” e “filosofico”:  infatti sullo sfondo dell’aspro paesaggio ligure, che diventa a sua volta metafora della sofferenza del vivere (esemplare in tal senso Meriggiare pallido e assorto), Montale affronta le problematiche dell’esistenza, l’avverso destino dell’uomo e si pone ostinatamente alla ricerca di un senso nelle vicende umane. Nei confronti dell’angoscia del vivere, che è il nucleo tematico della raccolta, l’atteggiamento del poeta è sempre in bilico tra la disperazione e la speranza di un “miracolo” che possa squarciare il velo delle apparenze (tema principale di Forse un mattino andando in un’aria di vetro, dove il poeta mostra come dietro il velo di apparenze si riveli in realtà un ulteriore scacco, l’«inganno consueto») e riscattare il disagio e la condizione negativa dell’esistenza. In ragione di questa scelta tematica, sul piano etico la posizione del poeta ligure è diametralmente opposta a quella di D’Annunzio e della sua poesia retorica e magniloquente. Montale si ispira piuttosto ad altri poeti liguri, Boine e Sbarbaro, i cui titoli più famosi, Frantumi e Trucioli, sono molto prossimi per intenzioni e ambito semantico a Ossi di seppia. Fin dal titolo il poeta espone infatti la propria poetica: l’osso di seppia è la vita ridotta all’essenziale, consumata dal tempo e privata del superfluo. In tal senso il titolo manifesta la volontà del poeta di aderire alla realtà senza orpelli con tutto il suo carico di sofferenza e amarezza, puntando dritto alla verità che si cela dietro le cose. Montale si confronta con la negatività dell’esistenza, il “male di vivere”, che viene esplicitamente citato in una lirica-chiave della raccolta, Spesso il male di vivere ho incontrato. Alla negatività dell’esistenza si oppone come già detto l’attesa del miracolo, che esprime il tentativo di riscatto e la speranza di salvezza. Quest’attesa salvifica è affidata a un “tu”, una vaga identità femminile con la quale il poeta prova a stabilire un contatto (si veda a tal proposito Casa sul mare): il poeta la esorta a liberarsi dalla rete che imprigiona l’esistenza, affidando a lei le sue residue speranze. Il “tu” è una figura alternativa all’io lirico e incarna la volontà e la tenacia di cui il poeta difetta: solo attraverso essa si può indovinare il varco, lo spiraglio che ci libera dalle angosce dell’esistenza.

Una poesia antiretorica. Risultano altrettanto fondamentali per gli intenti tematici e di poetica le liriche I limoni, titolo d’apertura della sezione Movimenti, e Non chiederci la parola, titolo d’apertura della sezione Ossi di seppia. I limoni esplicitano, sul piano stilistico, l’adesione a una realtà quotidiana, la celebrazione di oggetti comuni e il rifiuto del preziosismo dannunziano. Su un piano etico, Non chiederci la parola esplicita il rifiuto di ogni certezza e ideologia e istituisce il  dubbio come fondamento dell’esistenza e strumento critico per rivelarne le contraddizioni. Entrambe le liriche chiariscono l’indirizzo antiretorico della raccolta.

L’”espressionismo fonico”. A dispetto delle soluzioni metriche adottate dai poeti italiani coevi, che intendevano frantumare il verso e ribadire la centralità della parola, Montale riprende la costruzione metrica e adotta un tono ragionativo e argomentativo, basato su una sintassi complessa, ricca di subordinate. È evidente il rapporto che il poeta ligure instaura con i classici, baluardi della tradizione intesa in chiave etica prima ancora che retorica. Tuttavia la novità stilistica è la corrosione dall’interno del sistema metrico tradizionale: Montale riprende schemi metrici della tradizione, ma li adatta alle sue esigenze, non disdegnando il verso libero, che ricorre frequentemente nel libro. La frizione tra vari registri, a volte elegante, a volte dimesso, l’accostamento del prosaico al lirico trasferiscono sul piano stilistico la disarmonia che il poeta avverte nel mondo. Allo stesso modo, Montale insegue suggestioni foniche insolite, tendenti alla dissonanza e a una musicalità aspra, evidente soprattutto nelle scelte lessicali, con l’impiego di parole che “suonano” in modo disarmonico: i critici hanno definito “espressionismo fonico” la propensione montaliana all’asprezza musicale. La predilezione per la dissonanza è accompagnata dalla ricerca instancabile di soluzioni ritmiche e metriche insolite, che contribuiscono alla resa di una trama musicale complessa.

Testo, parafrasi e commento delle più importanti poesie:
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