DOPO IL TEATRO di Carlo Collodi

Alfredo, Gino e Ida entrano tutti e tre insieme nella stanza preceduti da Bettina, che va a posare il lume sulla tavola.
ALFREDO (levandosi il cappello e il paletò): Com’hanno recitato bene! ma proprio bene!…
IDA: Quanto ci siamo divertiti, Bettina mia!… Che bella commedia!…
GINO: E la farsa dove la lasci? Se tu avessi visto, Bettina, il brillante della farsa! Chi sa quanto tu avresti riso! Figurati! gli è venuto fuori in maniche di camicia, e ha detto che dal freddo tremava tutto come un pezzo di gelatina. Te lo immagini un brillante di gelatina! (Ridendo di genio.)…

ANCORA MAGIE di Grazia Deledda

Zio Salvatore, il nostro vecchio fattore, cominciò:
– Figlioli miei, io non sono stato sempre agricoltore: ero nato per diventare qualcosa di grande, prete almeno, ma i casi e l’estrema povertà della mia buona mamma, non lo permisero. Tuttavia durante la mia fanciullezza feci il sagrestano nella nostra chiesetta di San Giuliano, e solo allorché, smessa ogni vocazione religiosa, pensai di ammogliarmi, mi scossi via il profumo d’incenso e di cera che esalava dalle mie vesti, e, vestitemi le ghette mi posi a lavorare la terra. Sentite dunque: era l’ultimo anno della mia… segrestania e ne contavo già ventidue…

DAGLI APPENNINI ALLE ANDE di Edmondo De Amicis

Molti anni fa un ragazzo genovese di tredici anni, figliuolo d’un operaio, andò da Genova in America, da solo, per cercare sua madre.
Sua madre era andata due anni prima a Buenos Aires, città capitale della Repubblica Argentina, per mettersi al servizio di qualche casa ricca, e guadagnar così in poco tempo tanto da rialzare la famiglia, la quale, per effetto di varie disgrazie, era caduta nella povertà e nei debiti. Non sono poche le donne coraggiose che fanno un così lungo viaggio per quello scopo, e che grazie alle grandi paghe che trova laggiù la gente di servizio, ritornano in patria a capo di pochi anni con qualche migliaio di lire…

IL MAGO di Grazia Deledda

Vivevano in fondo al villaggio, uno dei più forti e pittoreschi villaggi delle montagne del Logudoro, anzi la loro casetta nera e piccina era proprio l’ultima, e guardava giù per le chine, coperte di ginestre e di lentischi a grandi macchie.
Filando ritta sulla porta, Saveria vedeva il mare in lontananza, nell’estremo orizzonte, confuso col cielo di platino in estate, nebbioso in inverno: cucendo presso la finestra scorgeva una immensità di vallate stendentisi ai piedi delle sue montagne, e sentiva il caldo profumo delle messi d’oro ondeggianti al sole, e il sussulto del torrente che scorreva fra le roccie e i roveti montani…

IL MISTERO di Giovanni Verga

Questa, ogni volta che tornava a contarla, gli venivano i lucciconi allo zio Giovanni, che non pareva vero, su quella faccia di sbirro.
Il teatro l’avevano piantato nella piazzetta della chiesa: mortella, quercioli, ed anche rami interi d’ulivo, colla fronda, tal quale, ché nessuno si era rifiutato a lasciar pigliare la sua roba pel Sacro Mistero.
Lo zio Memmu, al vedere nella sua chiusa il sagrestano a stroncare e scavezzare rami interi, si sentiva quei colpi di scure nello stomaco, e gli gridava da lontano…