Parafrasi canto 40 (XL) del poema Orlando Furioso

Parafrasi del Canto 40 (XL) del poema Orlando Furioso – Nello scontro contro Dudone, la flotta di Agramante ha la peggio ed il re è costretto a scappare insieme a re Sobrino. I due raggiungono Lipari, dove incontrano re Gradasso, ed insieme decidono di sfidare Orlando ed altri due paladini per decidere le sorti della guerra. Nel frattempo i cristiani guidati da Orlando ed Astolfo espugnano e saccheggiano Biserta. Ricevuta la sfida, Orlando decide che a combattere con lui saranno Brandimarte ed Oliviero.

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1
Sarebbe cosa lunga se le diverse vicende
di quel conflitto navale volessi raccontare;
e raccontarlo proprio a voi mi sembrerebbe quasi inutile,
Cardinale Ippolito, generoso discendente del mai sconfitto Ercole,
inutile come, come si dice, portare dei vasi a Samo,
civette ad Atene e coccodrilli in Egitto;
perché ciò di cui vi parlo per sentito dire, voi, Signore,
l’avete visto direttamente e l’avete fatto vedere ad altri.

2
Ebbe un lungo spettacolo il vostro fedele
popolo la notte ed il giorno che stette, come fosse a teatro,
ad osservare le vele nemiche, le navi veneziane
strette tra il fuoco e le armi.
Che grida e che lamenti si possano ascoltare,
che mare tinto di sangue umano si possa vedere,
in quanti diversi modi si possa morire in una simile battaglia
voi l’avete visto, e lo avete anche mostrato a molti.

3
Non lo vidi invece io, perché sei giorni prima,
cambiando ogni giorno cavallo, ero corso
con molta fretta ai piedi santi del massimo pastore,
il papa Giulio II, a chiedere aiuto contro i veneziani:
ma non ci fu poi bisogno né di uomini né di cavalli;
perché intanto al Leone di San Marco sia l’unghia che il dente
furono da voi rotti, tanto che pericoloso
non è più stato dal quel giorno fino ad oggi.

4
Ma Alfonso Trotti, che invece si trovò coinvolto nella battaglia,
Annibale, Pier Moro, Afranio e Alberto,
i tre Ariosti, Ludovico da Bagno e Francesco Zerbinato
me ne raccontarono tanto che io ne fui perfettamente informato:
me lo chiarirono poi del tutto le insegne catturate ai veneziani,
che vidi offerte ed esposte in gran numero nel duomo di Ferrara,
ed anche le quindici grozze navi che presso queste nostre rive
vidi stare prigioniere insieme a mille altre barche.

5
Chi vide quegli incendi e quei naufragi,
le tante e diverse uccisioni,
che, per vendicare gli incendi ai nostri palazzi,
furono fatte fin che non fu presa l’ultima imbarcazione;
potrà anche vedere con l’immaginazione le morti e le pene
sofferte dal povero popolo d’Africa nel bel mezzo del mare,
delle acque salate, insieme al re Agramante,
la notte buia in cui Dudone portò il suo assalto.

6
Era di notte, e non si vedeva nessuna luce,
quando ebbe inizio il duro combattimento:
ma dopo che lo zolfo, la pece ed il combustibile sparso
in grande quantità, accesero con le fiamme le prore e le sponde
delle navi, e l’avida fiamma iniziò ad ardere ed a consumare
quelle navi e galee male difese;
si poteva vedere tutt’intorno tanto chiaramente,
che la notte sembrava essere stata trasformata in giorno.

7
Perciò Agramante, che a causa dell’oscurità
non aveva stimato essere tanto numeroso il nemico, e non credeva
neanche di dover sostenere un attacco tanto duro,
che, resistendo all’inizio, alla fine non potesse essere represso;
dopo che gli incendi rimossero le tenebre,
e vide quello che prima non credeva possibile,
ciò che le navi nemiche erano due volte tante le sue,
cambiò decisamente il suo pensiero.

8
Scende con pochi altri su una barca leggera nella quale
c’è il cavallo Brigliadoro ed altri oggetti che gli sono cari.
Passa in silenzio tra nave e nave,
fintanto che non si trova in un mare più sicuro
lontano dai suoi, che Dudone preme ed incalza,
e li riduce in condizioni dure e difficili.
Il fuoco li brucia, il mare li ingoia, le armi li uccidono:
colui che ne è la ragione se ne scappa via.

9
Fugge Agramante, e porta via con sé re Sobrino,
con il quale si lamenta per non avergli creduto,
quando previde il futuro con occhio indovino,
e gli annunciò tutto quel male che ora gli sta capitando.
Ma torniamo a raccontare del paladino Orlando,
che, prima che Biserta possa ricevere un altro aiuto,
consiglia ad Astolfo di raderla al suolo,
così che non possa più muovere guerra alla Francia.

10
E così venne pubblicamente ordinato che l’esercito
sia, di lì a tre giorni, pronto in assetto da guerra.
Astolfo aveva trattenuto molte navi per tale scopo,
Dudone non le aveva infatti avute tutte;
delle quali navi diede il comando a Sansonetto, un guerriero
tanto valoroso sia per mare che sull’asciutto, sulla terra:
e costui si pose, gettate le ancore,
rivolto verso Biserta e distante un miglio dal suo porto.

11
Come veri cristiani, Astolfo ed Orlando,
che non vanno incontro a nessun rischio senza l’aiuto di Dio,
ordinano pubblicamente a tutto l’esercito
che siano fatte preghiere e sia rispettato il digiuno;
e che ognuno si faccia trovare il terzo giorno, quando
verrò dato il segnale, tutto pronto
per espugnare Biserta, che hanno destinato,
una volta sconfitta, al fuoco ed al saccheggio.

12
E così, dopo che l’astinenza e le preghiere
furono celebrate con devozione a Dio,
parenti, amici ed altri conoscenti
cominciarono ad unirsi a banchetto tra di loro.
Dato ristoro ai corpi sfiniti e vuoti (di cibo),
si abbracciarono e piansero insieme,
usando gli uni con gli altri i modi e le parole
che si è soliti usare alla partenza dei propri cari.

13
Dentro alla città di Biserta, i sacerdoti
pregando insieme al popolo addolorato,
si battono il petto e con pianti a dirotto
chiamano Maometto, che però non ascolta.
Quante veglie, quante offerte, quanti
doni vengon promessi privatamente!
quanti tempi pubblici, statue, altari,
ad eterna memoria delle loro tristi vicende!

14
E dopo essere stato benedetto dal Gran Sacerdote,
il popolo pagano prese infine le armi, e tornò alla difesa delle mura.
Giaceva ancora nel letto insieme al suo Titone
la bella Aurora (no era ancora l’alba), ed il cielo era ancora scuro,
quando Astolfo da un lato, e Sansonetto
dall’altro, si misero nella posizione loro comandata:
e dopo aver udito il segnale che diede loro il conte Orlando,
assaltarono Biserta con grande irruenza.

15
Biserta era bagnata dal mare su due dei suoi lati,
e sorgeva quindi dalla costa asciutta dagli altri due lati.
Con una costruzione eccellente e particolare
il suo muro venne eretto in epoca passata.
Ha poco altro che la protegge e la ripara;
poiché dal giorno in cui re Branzardo si era ritirato
dentro alle mura della città, pochi mastri, pochi manovali, e poco
tempo riuscì ad avere per poter riparare il luogo.

16
Astolfo affida al Senapo l’incarico
di fare ai merletti tanto danno
con armi da tiro, fionde e con arceri,
da togliere a chiunque il coraggio di affacciarsi dalle mura;
così che i soldati a piedi ed i cavallieri possano passare
fino a sotto le mure senza subire danno alcuno,
soldati che giungono carichi chi di pietre e chi di travi,
chi di assi in legno e chi d’altro materiale.

17
Chi getta questa e chi altra cosa
all’interno del fossato, vengono avanti tutti uno dietro l’altro;
l’acqua del quale fossato era stata deviata il giorno prima,
così che il fango era quel giorno visibile in più parti.
Il fossato fu quindi riempito e colmato in fretta,
e creato un piano omogeneo fino al muro.
Astolfo, Orlando ed Oliviero provvedono
a fare salire i fanti sulle mura.

18
I Nubi, intolleranti del tardare,
spinti dalla speranza del guadagno,
non vedendo i pericoli sovrastanti,
coperti da testuggini, tettoie mobili, e da macchinari da guerra,
con gli arieti e tutti i loro altri strumenti
pensati per forare torri e rompere portoni,
si avvicinarono subito alla città;
ma non trovarono i saraceni impreparati:

19
i saraceni facendo cadere ferro, fuoco, merli e pesanti tegole
fitti come fosse una tempesta,
spaccavano, aprivano a forza, le tavole e le travi in legno
delle macchine da guerra costruite per arrecare danno a loro.
Nell’aria ancora scura e nello sfavorevole inizio di quell’assalto
penarono molto le teste battezzate dei cristiani;
ma dopo che il sole si levò, uscì fuori dalle ricche terre d’Oriente,
la Fortuna voltò definitivamente le spalle ai saraceni.

20
Orlando fece riprendere con maggiori sforzo l’assalto
da ogni parte, sia per mare che per terra.
Sansonetto, che stava con la sua flotta in alto mare,
entrò nel porto e si avvicinò quindi alla costa;
e con fionde e con archi dall’alto delle navi, ed anche con varie
macchine per lanciare proiettili, muoveva una feroce guerra;
e faceva allo stesso tempo preparare scialuppe e scale,
tutte le armi di difesa e di attacco a disposizione della nave.

21
Portavano avanti Oliviero, Orlando e Brandimarte, ed anche Astolfo,
colui che in precedenza aveva osato tanto per aria,
una dura e feroce battaglia dal alto della città
che lontano dal mare era più dentro alla costa.
Ognuno di loro avanzava con una parte
dell’esercito che si erano divisi tra loro quattro.
Chi presso le mura, chi alle porte d’ingresso, e chi in altro luogo,
tutti davano lampanti prove del loro valore.

22
Il valore di ciascuno di loro si può vedere meglio
così, che se fossero invece mischiati tra loro:
chi sia degno di un premio e chi di rimproveri,
appare chiaro davanti a mille occhi bene spalancati.
Torri di legno vengono portate avanti su ruote,
e gi elefanti, addestrati per questo scopo, ne portano altre
che sui loro dorsi svettano così in alto,
da lasciare molto sotto di loro i merli delle mura.

23
Brandimarte viene avanti e mette la scala contro le mure,
ci sale sopra ed incita gli altri a salire con lui:
lo seguono in molti, coraggiosi e sicuri;
perché chi lo ha come guida non può avere dubbi.
Non c’è nessuno che consideri, o abbia la cura di considerare,
se quella scala è in grado di sopportare quel grande peso.
Brandimarte presta attenzione solo ai nemici;
sale combattendo ed alla fine afferra un merlo delle mura.

24
E sia con la mano che con il piede si aggrappa a quello,
salta sui merli ed agita la spada tutt’intorno,
urta, rovescia e spacca e fora ed ammacca,
dà grandi prove del suo valore.
Ma tutto ad un tratto la scala cede,
perché il peso che deve sopportare è eccessivo:
e, ad eccezione di Brandimarte, cadono tutti giù nel fosso
a gambe all’aria, uno addosso all’altro.

25
Nonostante questo il cavaliere non perde il suo coraggio, e non pensa
minimamente di indietreggiare, di portare indietro il piede;
sebbene non vede nessuno dei suoi che lo segue,
benché capisce di essere un bersaglio per tutta la città.
Molti lo pregavano (ma lui non volle ascoltarli)
di tornare indietro; ma lui si lanciò invece dentro:
e dico che entrò giù nella città con un salto
dal muro, che era alto come trenta braccia.

26
Come se avesse trovato sotto di sé piume o paglia,
impattò sul duro terreno senza riportare nessun danno;
e quelli che ha intorno a sé fa a pezzi e trapassa e taglia,
così come si fa a pezzi, si fora e si taglia un pezzo di stoffa.
Si lancia ora contro alcuni ed ora contro altri;
e gli uni e gli altri si mettono in fuga.
Quelli di fuori, che l’hanno visto
saltare dentro, credono oramai che ogni aiuto sarà tardo.

27
Per tutto il campo di battaglia si spande un gran vociare
di bocca in bocca, a volte come mormorio altre come bisbiglio.
La Fama, che cambia spesso luogo, aumenta tutt’intorno e racconta
le gesta di Brandimarte ed esagera il pericolo in cui si trova.
Dove si trova Orlando (perché da più lati
veniva dato l’assalto), dove Astolfo, il figlio di Ottone,
dove Oliviero, la Fama andò volando,
senza fare posare mai le penne delle sue ali.

28
Questi guerrieri, ed Orlando più di tutti,
che amano Brandimarte e lo stimano,
capendo che se esitano troppo a lungo,
perderanno un compagnio di così grande valore,
prendono le scale, e salendoci sopra da una parte e dall’altra,
fanno a gara nel mostrare il loro animo nobile ed altezzoso,
con un atteggiamento tanto sprezzante e vigoroso,
che fanno tremare tutti i nemici con il loro sguardo.

29
Come nel mare agitato dalla tempesta,
le onde assalgono la barca che ha avuto il coraggio di salpare,
ed ora dalla prora, ed ora dai suoi lati
cercano con rabbia e con ira di entrare;
il timoniere, pallido per la paura, sospira e si lamenta, perché
deve trovare un rimedio ma non ha né il coraggio né le capacità;
e arriva infine una onda che sommerge il tutto,
e da dove è entrata lei alla fine entra anche ogni altra onda:

30
allo stesso modo, dopo che ebbero preso possesso delle mura,
quei primi tre cavallieri, il passaggio divenne tanto largo,
che tutti gli altri possono oramai seguirli in sicurezza,
avendo bloccato dal basso mille scale.
I duri arieti avevano intanto
rotto le mura in più luoghi, e con un grande danno,
così che si poteva ora da più parti
andare in soccorso al coraggioso Brandimarte.

31
Con lo stesso furore con cui il superbo Po, il re dei fiumi,
quando a volte rompe gli argini e le sponde,
e si apre il sentiero nei campi del mantovano,
ed i fecondi solchi nel terreno e le grasse biade,
ed il gregge intero insieme alle capanne,
ed i pastori insieme ai loro cani trascina nelle sue onde;
ed i pesci guizzano fino alla cima degli olmi,
là dove prima erano soliti volare invece gli uccelli:

32
con quello stesso furore l’aggressiva gente,
nei diversi punti in cui aveva aperto un passaggio nel muro,
entrò con le armi e con le fiaccole accese
per distruggere quel popolo ridotto a mal partito.
L’omicidio, la rapina e le mani violente spinte dal desiderio
del sangue e del guadagno, condussero all’improvviso
alla rovina quella ricca e gloriosa citta,
che fu la regina di tutta l’Africa.

33
Ovunque era pieno di cadaveri, di uomini morti;
e con il sangue delle innumerevoli ferite
si era formato uno stagno più scuro e più orribile
di quello che circonda la città di Dite nell’Inferno.
Un lungo incendio propagato di casa in casa
bruciava palazzi, portici e moschee.
Di pianti, d’urla e di petti percossi con pugni
risuonavano i tetti vuoti e sacheggiati della città.

34
Si potevano vedere i vincitori uscire dalle disgraziate
porte carichi di grandi bottini frutto delle loro rapine,
chi con bei vasi e chi con preziosi vestiti,
chi con l’argenteria rubata agli antichi dei:
chi si portava dietro i figli e chi le tristi madri:
vennero fatti stupri ed altre mille azioni ingiuste,
Orlando venne a conoscenza di molte di queste,
ma non le poté impedire, né lo poté il duca inglese Astolfo.

35
Bucifaro, il re di Algazera, venne ucciso
con un solo colpo ad opera del vigoroso Oliviero.
Perduta ogni speranza, perduta ogni consolazione,
Branzardo si uccise con le sue stesse mani.
Con tre ferite, che lo fecero morire in breve tempo,
Folvo fu sconfitto dal duca Astolfo.
Questi tre erano quelli che, nel momento di partire per la Francia,
Agramante aveva lasciato a guardia del suo stato.

36
Re Agramante, che nel frattempo aveva abbandonato
la sua flotta, ed era fuggito insieme a Sobrino,
pianse da lontano e sospirò a lungo per la sua Biserta
quando vide un grande fuoco ardere sulla costa dell’Africa.
Poi, dopo che fu più vicino ed ebbe notizia certa
di quella che era stata la sorte della sua terra:
decise di togliersi la vita, e lo avrebbe anche fatto;
ma re Sobrino lo trattenne dal compiere quel gesto.

37
Diceva Sobrino: “Quale più felice vittoria,
mio signore, potrebbe ottenere il tuo nemico,
che l’apprendere della tua morte, grazie alla quale può
sperare di godersi in tutta tranquillità l’Africa?
Il tuo vivere gli toglie questa contentezza:
dal fatto che vivi avrà sempre motivo di temere.
Sa bene che l’Africa non può essere sua troppo a lungo,
fintanto che tu non sei morto.

38
Tutti i tuoi sudditi, se tu muori, verrano privati
della speranza, l’unico bene che ancora gli resta.
Spero che tu li possa liberare, se sei vivo,
e togliere dalle pene e farli festeggiare nuovamente.
So invece che, se muori, saranno per sempre prigionieri,
l’Africa sarà sempre oppressa dai tributi e triste.
Quindi, se non vuoi che la tua vita sia utile a te,
rimani in vita, signore, almeno per non fare danno alla tua gente.

39
Dal sultano d’Egitto, tuo vicino,
puoi essere certo di poter ricevere soldi e persone:
malvolentieri potrà vedere Carlo Magno, figlio di Pipino,
tanto potente sul suolo africano.
Norandino, tuo parente, arriverà con ogni sforzo
per riuscire a farti ritornare nel tuo regno:
Armeni, Turchi, Persiani, Arabi ed africani
avrai tutti in tuo soccorso, se solo lo chiedi.”

40
Con tali frasi ed altre simili, l’astuto vecchio
cerca di fare rinascere nel suo signore la speranza
di poter riconquistare la sua Africa in breve tempo;
ma nel suo cuore ha paura forse del contrario, che perda la speranza:
sa bene in quale situazione pericolosa si trova,
e come spesso sorpira e si lamenta inutilmente
chiunque si è lasciato togliere il proprio regno,
ed è poi ricorso all’aiuto di stranieri per ottenere soccorso.

41
Annibale e Giugurta furono buoni testimoni
di questa triste realtà, ed altri ancora lo furono in epoche passate:
Ludovico il Moro lo è stata ai giorni nostri, consegnato
dai mercenari da lui assoltati a Luigi XII, un altro Ludovico.
Vostro fratello Alfonso da questi che ho nominato
ricevette un bell’esempio (lo dico a voi Ippolito, mio signore),
lui che sempre ha considerato una persona evidentemente pazza
chiunque si fidi più degli altri che di sé stesso.

42
Perciò durante la guerra che gli mosse contro
l’arrabbiato pontefice Giulio II a causa di un forte risentimento,
sebbene nelle sue deboli forze
non potesse fare un gran affidamento,
e sebbene coloro che lo difendeva, i francesi, fossero stati cacciati
dall’Italia, ed il loro regno fosse proprio nelle mani del suo nemico
Giulio; mai, né per minaccie e neanche per promesse,
arrivò alla decisione di lasciare in custodia il suo stato ad altri.

43
Il re Agramante avevo rivolto la prua della nave
verso l’Oriente, e si era anche spinto in alte mare,
quando, partendo da terra, una violenta tempesta
mosse contro il fianco della nave un impetuoso assalto.
Il timoniere che stava in quel momento al comando della nave:
“Vedo (disse alzando gli occhi al cielo)
arriva un tempesta tanto imponente,
che la nave non potrà essere in grado i contrastarla.

44
Se volete, signori, dare retta al mio consiglio,
qui alla nostra sinistra c’è vicina una isola, alla quale credo che dobbiamo afferrarci, per poterci salvare,
fintanto che non è passata la furia del mare.”
Re Agramante acconsentì; ed uscì dal pericolo
approdando su una spiaggia dell’isola alla loro sinistra,
che, per la salvezza dei marinai, si trova tra l’Africa
e la Sicilia, l’isola con l’Etna, la fornace di Vesuvio.

45
Sulla piccola isola non c’é nessuna abitazione,
ma è invece piena di bassi mirti e di ginepri,
felice e lontana solitudine
per i cervi, i daini, i caprioli e le lepri;
e non è molto conosciuta, ad eccezione dei pescatori,
che là spesso, sui rami di pruno puliti dalle spine,
appendono ad asciugare le loro reti bagnate:
mentre i pesci dormono tranquilli nel mare.

46
Presso quell’isola, Linosa, scoprirono che c’era anche un’altra nave,
spinta là dalla tempesta e già al riparo:
Gradasso, il valoroso guerriero che ha il suo regno in Sericana,
dopo aver salpato da Arles, era stato condotto là dalla sua nave.
Con modi riverenti e degni del loro titolo,
i tre re si abbracciarono l’un l’altro sulla riva dell’isola;
perché erano amici, e poco prima erano anche stati
compagni d’armi nei pressi del muro di Parigi.

47
Gradasso apprese con molta tristezza
le sfortunate vicende di re Agramante:
poi lo confortò, e, comportandosi da re generoso,
gli offrì l’aiuto della sua persona:
ma che Agramente avesse deciso di andare dal paese infedele,
l’Egitto, per chiedere aiuto, non lo tollerò.
“Che sia (disse) una azione pericolosa,
l’esempio di Pompeo dovrebbe avvertire chiunque cerchi rifugio in Egitto.

48
E perché mi hai detto che con l’aiuto
degli etiopi, sudditi del Senapo,
Astolfo è andato a toglierti il tuo regno africano,
ed ha dato alle fiamme la città che ne era capitale;
e mi hai detto anche che insieme a lui c’é Orlando, che
poco tempo fa aveva la testa completamente priva del senno,
mi sembra di aver trovato un ottimo rimedio
per riuscire a farti uscire da questa brutta situazione.

49
Per l’amore che provo per te, io mi farò carico
dell’impresa di sfidare a duello il conte Orlando.
Sono certo che contro di me non potrà avere nessuna difesa,
anche se fosse completamente fatto di ferro e di rame.
Morto lui, stimo poi la Chiesa cristiana essere una facile preda,
allo stesso modo in cui il lupo affamato stima gli agnelli.
Ho poi anche pensato (e sarà per me cosa facile)
di cacciare in poco tempo i Nubi dall’Africa.

50
Farò in modo che gli altri Nubi, che sono divisi da quelli
cristiani dal Nilo e da una diversa religione,
ed anche gli Arabi e gli Etiopi, i primi ricchi
d’oro e di gente, gli altri di cavalli,
i Persiano ed i Caldei (perché tutti questi popoli
e molti altri ancora sono governati dal mio scettro);
farò in modo che tutti in Numibia muovano contro di loro
una tale guerra che il nemico non
potrà più rimanere sulla tua terra, dovrà scappare dall’Africa.”

51
Re Agramante considerò molto buona, molto soddisfacente,
la seconda proposta fatta da re Gradasso;
e si dichiarò molto riconoscente nei confronti della Fortuna,
che l’aveva condotto su quell’isola deserta.
ma non vuole però accettare a nessuna condizione,
sebbene creda che gli possa fare riconquistare Biserta,
che Gradasso si prenda l’incarico della battaglia al suo posto;
perché gli sembra che questo possa troppo offendere il proprio onore.

52
“Se proprio si deve sfidare Orlando, sono io quello
(rispose) a cui il duello conviene più di tutti:
e sarò quindi pronto a sostenerlo; poi Dio faccia
di me quello che più gli pare, nel bene o nel male.”
“Facciamo (disse allora Gradasso) a modo mio,
nel nuovo modo che mi è appena venuto in mente:
prendiamoci entrambi in carico questa battaglia contro Orlando,
e chiediamo quindi che insieme a lui ci sia anche un altro.”

53
“Purché non debba rimanere fuori, non mi lamento
(disse Agramante), sia anche il primo o il secondo a combattere:
so bene che un compagno d’armi come te
non può essere trovato in nessuna parte del mondo.”
“E di me (disse Sobrino) mi siete dimenticati?
E se vi sembro vecchio, vi rispondo
che la mia età mi rende per forza più esperto; e nel pericolo
insieme alla forza è buona cosa avere anche un buon consiglio.”

54
Sobrino era un vecchio vigoroso e robusto,
e famoso per le prove date del suo valore;
e sostiene che in quanto a forza, l’età avanzata, la vecchiaia,
è pari a quella govane, alla giovinezza.
La sua richiesta venne considerata appropriata;
e senza esitare oltrem viene trovato un messaggero
da mandare sulla costa africata,
per sfidare il conte Orlando per conto loro;

55
gli si chiede che si faccia trovare con un eguale numero
di cavallieri armati sull’isola di Lampedusa.
Questa è una isola circondata dallo stesso mare
che circonda l’isola dove si trovano.
Il messaggero prosegue senza fermarsi il suo viaggio sia con
i remi che con la vela, come chi usa tutta la rapidità necessaria,
finché non raggiunse Biserta; trovò là Orlando,
che divideva con i suoi il bottino di guerra ed i prigionieri.

56
La sfida lanciata da Gradasso, da Agramante
e da Sobrino fu annunciata pubblicamente,
ed Orlando, il principe d’Anglante, la trovò tanto gradita
che fece rendere onore al messaggero con numerosi doni.
Dai suoi compagni aveva appreso poco prima,
che re Gradasso si era messo al fianco la sua spada
Durindana: perciò, per desiderio di
rinconquistarla, voleva andare in India,

57
ritenendo di non poter trovare Gradasso in nessun altro luogo,
dopo che aveva sentito che aveva lasciato la Francia.
Ora gli viene invece offerto un luogo più vicino, dove
spera che gli venga resituito quanto gli appartiene.
Anche il bel corno di Almonte (rubato da Brunello ed ora nelle mani di
Agramante) lo spinge ad accettare tanto volentieri la sfida,
e non da meno anche il cavallo Brigliadoro; sapendo che entrambi erano
nella mani di Agramante, figlio di Troiano.

58
Come compagni di battaglia sceglie
il fedele Brandimarte ed il suo cognato Oliviero.
Ha già avuto prova del valore sia dell’uno che dell’altro;
e sa anche di essere molto amato da entrambi.
Buoni destrieri, buone armature e buone maglie metalliche,
ed anche spade e lancie cerca da ogni parte
sia per sé che per i compagni: credo che già sappiate
che nessuno di loro era infatti più in possesso delle proprie armi.

59
Orlando (come vi ho detto più volte)
le sue le aveva sparse a terra in preda alla follia:
agli altri le aveva tolte invece Rodomonte,
ed ora sono rinchiuse nella torre presso la riva del fiume.
In tutta l’Africa non se ne possono trovare molte;
sia perché re Agramante aveva portato in Francia per fare guerra
tutte quelle ritenute buone,
sia perché in Africa ce ne sono già molto poche.

60
Tutte le armi vecchie e nuove, arruginite e lucide,
che possono essere trovate, vengono fatte raccogliere da Orlando;
e con i suoi compagni cammina intanto lungo la spiaggia
ragionando sul futuro combattimento.
Gli accadé allora che, uscito fuori dall’accampamento
per più di tre miglia ed alzando lo sguardo verso il mare,
vide una nave con le vele alzate avvicinarsi
alla costa africana senza nessuno che la comandi.

61
Senza timoniere e senza marinai,
ma solamente come il vento e la Fortuna la conducevano,
la nave avanzava con le sua vele alzate,
finché non si arenò sulla spiaggia.
Ma prima di continuare a raccontarvi di questa vicenda,
l’amore che nutro nei confronti di Ruggero mi riporta
alla sua storia, e vuole quindi che io vi racconti
di lui e del cavalliere di Chiaromonte, Rinaldo.