Riassunto canto 18 (XVIII) del poema Orlando Furioso

Riavuta la libertà e riprese le armi, acceso d’ira per il disonore subito, Grifone fa una strage di abitanti di Damasco.

Tornando a Parigi, re Carlo si lancia contro Rodomonte insieme al suo seguito di paladini e cavalieri. Incitato dal loro re, anche il popolo di Parigi si lancia contro il nemico saraceno che, in poco tempo, viene così completamente accerchiato e colpito da ogni parte.
La corazza del pagano, costruita con scaglie di drago, resiste a qualsiasi colpo e Rodomonte non subisce alcuna fatica. Accortosi però di avere ormai il fiatone e visto che, pur uccidendone a manciate, altri nuovi avversari continuano ad accalcarsi intorno a lui, Rodomonte decide infine di abbandonare l’impresa, si apre una via a colpi di spada tra la folla e lascia infine la città buttandosi nel fiume.

Uscito dal fiume, dispiaciuto per non aver distrutto e bruciato tutta la città, sta per tornare indietro quando incontra chi la sua ira è in grado di spegnere.

Ricevuto dall’arcangelo Michele il compito di fare litigare e combattere tra di loro i migliori cavalieri saraceni, Discordia lascia il monastero insieme a Superbia. Sul loro cammino incontrano Gelosia ed un messaggero incaricato da Doralice, poco prima di essere fatta prigioniera da Mandricardo, di informare il proprio padre dell’accaduto.
Approfittando dell’occasione, Discordia si avvia a Parigi ed incontra così Rodomonte nel momento in cui il cavaliere esce dal fiume.
Saputa la storia dal messaggero, il feroce saraceno decide subito di partire alla ricerca della donna amata. Essendo privo di cavallo decide però prima di impossessarsi di quello del primo cavaliere che incontra.
Discordia capisce subito che ha una nuova occasione per svolgere il proprio compito.

Allontanato Rodomonte dalla città e spento l’incendio di Parigi, Re Carlo esce dalle mura insieme alla sua schiere di soldati ed a tutto il popolo parigino armato.
Viene assalita la retroguardia dell’esercito saraceno, che si trova così tra due fuochi, essendo l’altro fronte battuto dal Lucarnio, Zerbino e soprattutto Rinaldo.
Inizia la ritirata delle schiere pagane. Tenta di opporsi Ferraù incitando i compagni alla battaglia e fa altrettanto Dardinello. Quest’ultimo uccide quindi Lucarnio e prima che il paladino Ariodante possa vendicare la morte del fratello, arriva sul posto Rinaldo al quale spetterà l’onore di uccidere il saraceno.

A Damasco re Norandino, vista la gente in fuga e sentito il frastuono provocato da Grifone, manda il proprio esercito alla porta della città. Grifone, uccisa ormai tutta la gente indifesa che gli stava intorno, fa ora una strage anche di soldati.
Norandino, visto il valore di quel cavaliere che su consiglio di Orrilige e Martano aveva esposto alla pubblica umiliazione, si accorge dell’errore commesso e chiede quindi scusa a Grifone e placa così l’ira del cristiano (sfinito dal combattimento ed anche ferito in più punti). Il cavaliere viene quindi accolto nel palazzo reale.

Astolfo e Aquilante, alla ricerca di Grifone, vengono infine anche loro a sapere che Orrilige, la donna da lui amata, ha abbandonato Constantinopoli, dove lui l’aveva lasciata, per seguire il suo nuovo amante Martano. Aquilante parte subito per l’Antiochia, quindi per Damasco e sulla sua via incontra infine Martano con le armi, l’armatura ed il cavallo dal fratello Grifone.
Aquilante temendo per la vita del fratello, minaccia i due di morte se non gli raccontano subito l’accaduto. Martano credendo di ridurre le proprie colpe, dice di essere il fratello della donna e di aver sottratto con l’astuzia armi, armatura e cavallo a Grifone solo con l’intenzione di salvarla da lui e dalla vita disonesta che stava conducendo.
Il cavaliere cristiano sa però che i due sono amanti e non fratelli, capisce che l’uomo mente, lega entrambi e li trascina quindi con sé fino a Damasco. Nella città tutti hanno saputo da Grifone il vero corso degli avvenimenti e subito riconoscono Martano e lo insultano.

I due malvagi vengono rinchiusi in prigione: a Martano viene assegnata come punizione la pubblica fustigazione, la punizione per Orrilige verrà invece decisa da Lucina al suo ritorno.
Re Norandino per ripagare ulteriormente Grifone del torto subito fa bandire un’altra giostra in suo onore, ed i preparativi sono tanto solenni che la notizia del torneo si sparge ovunque, fino in Palestina.

Sansonetto e Zerbino, saputo del torneo, partono a cavallo per raggiungere Damasco. Incontrano durante il viaggio Marfisa, una donna tanto valorosa in combattimento da aver fatto faticare gli stessi Orlando e Rinaldo.
Marfisa girava sempre armata alla ricerca di nuovi cavalieri con cui scontrarsi; visti Aquilante e Sansonetto, lancia quindi subito il proprio cavallo al galoppo contro di loro. Riconosciuto infine l’amico Astolfo e saputo da lui lo scopo del loro viaggio, si unisce a loro per mostrare il proprio valore partecipando alla giostra organizzata da re Norandino.

Il premio è costituito da un destriero e da altre armi (convinto della vittoria di Grifone, Norandino voleva donargli il completo da cavaliere) che vengono messe in bella mostra insieme all’armatura già vinta da Grifone. Marfisa riconosce nell’armatura esposta quella che aveva lasciato una volta sul bordo della strada per poter inseguire più facilmente Brunello, e che le era stata quindi rubata. La donna si impossessa subito di ciò che era stato suo ed inizia una feroce battaglia.
Marfisa si apre con la spada un via di fuga tra l’ira dei cittadini. Sansonetto e Astolfo corrono a combattere al suo fianco senza sapere perché. Aquilante e Grifone si lanciano nella mischia ma vengono disarcionati dal duca Astolfo.
Un volta che i cavalieri si sono riconsociuti, Marfisa spiega loro, e poi anche al re Norandino, la ragione del suo gesto.

Tornata quindi la pace e terminata la giostra (vinta da Sansonetto, gli altri quattro cavalieri non vi partecipano), tutti e cinque i cavalieri partono infine via mare per la Francia.
La loro nave verrà però sorpresa da una tempesta poco dopo aver lasciato l’isola di Cipro.

Rinaldo lancia il proprio cavallo Baiardo contro Dardinello, vedendo che aveva le stesse insegne di Orlando (che ne aveva ucciso il padre), vedendolo circondato da molti cristiani morti e ritenendolo quindi un valoroso cavaliere. Tutti i soldati saraceni rimangono impietriti dalla paura vedendo con quanta ferocia il paladino, la cui spada era molto temuta, si scagli contro Dardinello, che rimane uccise poco dopo.
Alla vista del saraceno morto, tutti i soldati pagani perdono il valore che la sua presenza ed i suoi incitamenti avevano infuso in loro; scappano terrorizzati in ogni direzione.

Quel giorno viene fatta strage dell’esercito saraceno e solo la ritirata lo salva dal suo completo annientamento.
Re Agramante ed altri capitani sono costretti ad andare a riprendere in ogni luogo i soldati in fuga che, terrorizzati, arrivano anche a buttarsi nella Senna per poi morire affogati. Alla fine si salverà, anche grazie all’arrivo della notte, solo un terzo di tutto l’esercito.

L’esercito cristiano, guidato da Re Carlo, si accampa all’esterno dell’insediamento avversario. Re Agramante organizza invece dall’interno le difese per poter sostenere il prossimo assedio.

Tra i molti arabi che piangono amici o parenti morti quel giorno, ci sono Cloridano e Medoro, senza pari per bellezza in tutto l’esercito pagano, che piangono la morte dell’amato Dardinello ed il fatto che il suo cadavere rimanga senza sepoltura.
Medoro decide infine di avventurarsi tra l’accampamento cristiano e di andare a seppellire il loro signore. Cloridano lo segue.

I due giungono nell’accampamento avversario quando ogni soldato è ormai addormentato, ubriaco dopo i festeggiamenti della sera prima, e ne uccidono più che possono.
Vanno poi sul campo di battaglia in cerca del corpo del loro signore, ma i cadaveri sono tantissimi e sarebbe stato impossibile trovare quello di Dardinello se non fosse venuta in loro aiuto la luce della luna. I due si caricano sulle spalle il peso per trasportarlo in un luogo dove poterlo seppellire.

Giunto ormai il mattino, Zerbino, che sta tornando in quel momento all’accampamento dopo aver dato per tutta la notte la caccia ai nemici, si accorge però della loro presenza e corre verso di loro con tutti i cavalieri al suo seguito.
Cloridano, pensando che Medoro faccia altrettanto, lascia il carico e corre a mettersi in salvo in un vicino bosco. L’amico non abbandona però il corpo di Dardinello.

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