Parafrasi canto 12 (XII) del Purgatorio di Dante

Parafrasi del Canto XII del Purgatorio – Dante e Virgilio oltrepassano la folla dei superbi e Dante, procedendo a testa bassa, osserva le incisioni nel marmo raffiguranti esempi di superbia punita. I due raggiungono infine il passaggio alla seconda cornice ed un Angelo cancella la prima delle sette P incise sul volto del poeta.

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Accoppiati a due a due, come lo sono i buoi che si muovono sotto lo stesso giogo
procedevo io lungo il cerchio insieme a quell’anima oppressa dal gran masso
(Oderisi), finché me lo permise il mio maestro Virgilio.

Ma quando infine disse: “Lascialo e superalo;
perché qui dove ci troviamo è giusto che, con le proprie ali o i propri remi,
ognuno, secondo le proprie possibilità, spinga da solo la sua barca”;

in posizione eretta, come è naturale che si cammini, rimisi la
mia persona, sebbene i miei pensieri
rimasero lo stesso chini, umili e privi di ogni superbia.

Io mi ero rimesso in moto e seguivo con gioia
i passi del mio maestro, ed entrambi
mostravamo già nel camminare quanto fossimo leggeri (rispetto ai superbi);

quando Virgilio mi disse: “Rivolgi il tuo sguardo verso il basso:
sarà per te un bene, per rendere più sicuro questo cammino,
guardare attentamente a dove metti i tuoi piedi.”

Come, perché possa essere mantenuta viva la memoria del defunto,
sopra i corpi sepolti, le lapidi delle tombe sotterrate riportano
incise indicazioni su chi loro erano in vita,

cosìcche presso le stesse lapidi molte volte si torna a piangere
per il colpo emotivo inferto dal ricordo del defunto,
ricordo che colpisce solo gli spiriti sensibili;

allo stesso modo, ma con un risultato estetico migliore
grazie all’arte di chi li aveva realizzati, io vidi lì inciso con immagini
tutto il ripiano della cornice che sporge dal monte lungo il sentiero.

Da un lato potevo vedere scolpito Lucifero, colui che fu creato
come il più nobile degli Angeli del Paradiso, giù da cielo
cadere in terra come un fulmine.

Vedevo invece da un’altra parte il gigante Briareo giacere,
dopo essere stato colpito da un saetta divina (lanciata da Giove),
a terra con il suo pesante corpo vinto dal gelo della morte.

Vedevo inoltre Apollo (Timbreo), Minerva (Pallade) e Marte,
con ancora indosso le armi, stare intorno al loro padre Giove
osservando i copri sparpagliati sul terreno dei Giganti uccisi.

Vedevo il gigante Nembrot ai piedi della Torre di Babele, il gran lavoro
da lui voluto, quasi totalmente sconvolto mentre riguardava i popoli
che nella valle di Sennaàr condivisero la sua superbia.

O Niobe, con che sguardo addolorato
potevo vederti lì raffigurata, su quel sentiero,
in mezzo alle tue sette figlie ed ai sette toui figli rimasti uccisi!

O Saul, come per la tua stessa spada, suicida,
mi comparivi lì raffigurato morto sul monte Gilboa,
che poi, dopo la tua morte, non vide più né la pioggia né la rugiada.

O Aracne, resa folle dalla superbia, allo stesso modo vidi te,
già per metà trasformata in ragno, stare con espressione triste su quel ricamo
stracciato che per tua disgrazia avevi fatto.

O Roboam, non sembra oramai più minacciosa la tua immagine
come è incisa qui; ma appari pieno di spavento, terrorizzato,
mentre scappi su di un carro, senza che nessuno ti insegua.

La dura pavimentazione in marmo mostrava anche
come Alcmeone fece apparire a sua madre troppo caro il prezzo
della sua sfortunata collana, portatrice di disgrazia.

Mostrava anche come i suoi stessi figli si lanciarono
contro al re assiro Sennacherib, uccidendolo dentro al tempio,
e come, una volta morto, abbandonarono lì il suo cadavere.

Mostrava la distruzione e la crudele strage di persone
compiuta dalla regina Tamiri, quando disse al re Ciro:
“Avevi sete di sangue, ed io adesso ti sazio di sangue”.

Mostrava come, sconfitti dagli Ebrei, furono messi in fuga
gli Assiri, dopo che fu ucciso Oleferne, il capo del loro esercito,
e mostrava anche il suo corpo morto dopo l’uccisione.

Vedevo la città di Troia ridotta a cenere e macerie;
o Troia, come ti mostrava umile e vile
il segno divino che poteva essere ammirato lì!

Quale maestro di pittura o di incisione
riuscì mai a ritrarre le figure ed i lineamenti lì scolpiti,
capaci di sucitare stupore anche nelle persone di straordinaria intelligenza?

I morti sembravano realmente morti, i vivi realmente vivi:
non vide meglio di me chi vide dal vivo quelle scene
che calpestai, fintanto che camminati chinando la testa in basso.

Sentitevi ora superbi e camminate con aria altezzosa,
uomini e donne figli di Eva, e non abbassate assolutamente lo sguardo a terra
per guardare il cattivo sentiero che state percorrendo!

Avevamo oramai girato attorno del monte per la maggior parte della sua
circonferenza e speso anche più tempo, più parte della giornata
di quanto non potesse stimare il nostro animo assorto, non libero dai pensieri,

quando Virgilio, colui che camminava davanti a me prestando sempre grande
attenzione, cominciò a dire: “Alza la testa;
non è più il momento di camminare in modo tanto pensieroso.

Riesci a vedere là un Angelo che si prepara per venirci incontro;
riesci anche a vedere come è oramai mezzogiorno, come la sesta serva del sole
(la sesta ora dopo il sorgere del sole) ha ormai prestato il suo servizio.

Assumuni una espressione ed un atteggiamente di riverenza,
così che gli piaccia, voglia invitarci a salire alla prossima cornice;
pensa che questo giorno non si ripeterà mai più!”

Io ero oramai ben abituato alle sue continue esortazioni
volte a non perdere tempo, così che compresi
subito e bene il senso della sua ultima richiesta.

La bella creatura divina avanzava verso di noi,
vestita di bianco e tanto splendente in viso quanto
ci apparire alla vista la stella del mattino.

L’Angelo aprì le sue braccia e spalancò poi anche le sue ali;
disse: “Venite; qui vicino ci sono i gradini,
e la salita al monte diviene quindi più agevole.

Molte poche sono le persone che riescono a rispondere a questo mio invito:
o genere umano, nato per volare in cielo,
perché basta così poco vento per farti cadere?”

Ci condusse quindi dove i gradini erano intagliati nella roccia;
giunti là mi batté la fronte con le sue ali;
infine mi assicurò che la salita sarebbe stata sicura, senza ostacoli.

Come verso destra, per salire in cima al monte (Monte alle Croci)
dove sorge la chiesa (di San Miniato) che domina (Firenze)
la città ben governata che si trova sopra il fiume Rubaconte,

il coraggioso slancio che si deve avere nel salire viene interrotto
grazie alle scale che furono scavate nella roccia al tempo in cui
erano sicuri sia il registro del comune che la misura per la vendita del sale;

allo stesso modo diviene meno ripida la parete del monte del Purgatorio che,
in quel punto, cade a strapiompo dalla cornice superiore;
ma le rocce rasentano dall’una e dall’altra parte tanto la scala è stretta.

Mentre noi ci dirigevamo verso la scalinata per salire,
udimmo delle voci cantare “Beati i poveri di spirito”
con tanta dolcezza che non si sarebbe detto che si trattava di una predica.

Ahi quanto sono diversi i passaggi del Purgatorio rispetto a quelli
che abbiamo attraversato nell’Inferno! Perché nei primi si entra accompagnati
da canti celestiali, laggiù nell’Inferno da lamenti disumani.

Stavamo già salendo su per quei gradini santi,
e farlo, salire, mi sembrava di gran lunga meno pesante
di quanto fosse prima il camminare su un terreno piano.

Perciò chiesi: “Maestro, dimmi, quale peso
mi sono levato da dosso, visto che quasi nessuna
fatica sento adesso, seppure stia salendo?”

Mi rispose Virgilio: “Quando le lettere P che sono ancora
presenti sul tuo viso, seppure oramai quasi stinte,
saranno completamente cancellate, come lo è la prima delle P,

i tuoi piedi saranno talmente guidati dalla volontà di fare del bene,
che non solo non sentiranno più alcuna fatica,
ma troveranno anche piacere nell’essere spinti a salire.”

Allora io mi comportati come chi va in giro
portando una cosa sulla testa senza però saperlo,
fino a quando i cenni delle altre persone lo spingono a specchiarsi;

così che si aiuta con la mano per verificare di cosa si tratta,
cerca ed infine trova e riesce quindi in quell’intento
che non avrebbe potuto raggiungere con la vista (no avendo uno specchio).

allo stesso modo io con le dita aperte della mano destra
trovai solo sei delle sette lettere che mi aveva inciso
sopra le mie tempie l’Angelo portiere del Purgatorio:

vedendo il mio gesto, la mia guida Virgilio sorrise.

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