Parafrasi canto 18 (XVIII) del Paradiso di Dante

Parafrasi del Canto XVIII del Paradiso – Lo spirito di Cacciaguida rivela a Dante che nel cielo di Marte, dove si trovano, ci sono anime di uomini molto famosi e invita il pellegrino a osservare i bracci della croce, dai quali scenderanno altri beati. Dante si accorge di essere salito al cielo successivo, quello di Giove dove gli spiriti sfavillanti d’amore tracciano alcune lettere dell’alfabeto.

Leggi il testo del canto 18 (XVIII) del Paradiso di Dante


Cacciaguida, specchio beato in cui si riflette Dio,
era già completamente assorto nel suo intimo pensiero , ed io nel mio
alleviando con dolci pensieri ciò che mi era stato predetto di amaro;

e Beatrice, che mi conduceva verso Dio
disse: “Cambia pensiero: pensa che io sono
vicino a Dio, colui che libera da ogni torto”.

Io mi rivolsi alle parole affettuose
di Beatrice, mio conforto; e quanta carità io vidi allora
nei suoi occhi santi, qui non posso descriverlo;

non solo perché non ho fiducia nelle mie parole,
ma anche per la mia memoria che non può raggiungere
un punto così alto, se Dio non la guida.

Solamente questo posso dire di ciò che provai in quel momento,
che, guardandola, il mio animo
fu libero da ogni altro desiderio,

finché la luce divina, che direttamente
illuminava Beatrice, riflettendosi dai suoi occhi
ai miei, mi appagava di sé.

Abbagliandomi con la luce che derivava dal suo sorriso,
lei mi disse “Girati e ascolta;
perché il Paradiso non è solo nei miei occhi”.

Come qui sulla Terra talvolta si palesa il sentimento
nell’aspetto esteriore della persona, se è così forte,
da attrarre a sé tutte le facoltà dell’anima,

così nello splendore di quell’anima beata,
verso cui io mi girai, riconobbi il desiderio
in lui di parlare ancora un po con me.

Egli iniziò a parlare: “in questo quinto cielo
dell’albero che prende vita (non dalle radici ma) dalla cima
e dà frutta sempre e non perde mai le foglie,

ci sono le anime beate che, sulla Terra, prima
che salissero al cielo, ebbero una tale fama
che ogni musa ne sarebbe promotrice.

Perciò guarda verso i bracci della croce:
quello che io chiamerò, si muoverà come
un fulmine che attraversa la nuvola da cui è stato generato”.

Non appena egli pronunciò il nome di Giosuè,
io vidi lungo la croce muoversi una luce;
né capii quale delle due cose (la parola o il movimento della luce) avvenne per prima.

E al pronunciare il nome del maggiore dei (fratelli) Maccabei,
vidi muoversi un altra luce girando su se stessa,
e la gioia era come una frusta che percuote la trottola per farla girare più veloce.

Successo così per Carlo Magno e per Orlando:
il mio sguardo attento seguì le due luci,
come l’occhio del falconiere segue il volo del falco.

Guglielmo, Renoardo il duca Goffredo di Buglione
attrassero il mio sguardo lungo quella croce,
e con loro Roberto Guiscardo.

Poi essendosi mossa e mischiata tra le altre luci,
quell’anima che mi aveva parlato prima mi mostrò
quale fosse, tra gli altri cantori del cielo il suo posto.

Io mi girai alla mia destra
per sapere da Beatrice ciò che io dovessi fare,
o dalle sue parole o da un suo gesto.

e vidi i suoi occhi tanto limpidi,
tanto gioiosi, che il suo aspetto superava in bellezza
qualunque altro solitamente avesse e l’ultimo che avevo visto.

e come l’uomo di giorno in giorno,
per sentirsi più virtuoso operando bene,
si accorge che la sua virtù s’accresce,

così capii che l’arco del mio girare
insieme col cielo si era ampliato
vedendo io accrescersi il miracoloso splendore di Beatrice.

E come cambia in poco tempo
il colore della pelle di una donna
quando sul suo volto cessi il senso di vergogna,

così avvenne nei miei occhi quando mi girai,
a causa del candore di Giove nel sesto cielo
che dentro di sé mi aveva appena accolto

in quel gioioso pianeta (di Giove) io vidi
la lucentezza delle anime che si trovavano lì
disegnare davanti ai miei occhi il nostro alfabeto.

e come uccelli che si alzano da un fiume,
quasi rallegrandosi della loro bevuta,
formano nel cielo schiere di diverse forme,

così le anime sante avvolte dalle loro luci
volando qua e là cantavano, si ordinavano,
formando le figure delle lettere D, I, L.

dapprima si muovevano, cantando, a ritmo;
poi avendo creato la figura di una delle lettere,
si fermavano un pò tacendo.

Oh divina Musa che rendi gloriosi
e immortali le grandi menti,
ed essi con il tuo aiuto fanno lo stesso con città e regni,

illuminami con la tua luce così che io rappresenti
le figure di quelle anime come le ho nella mente:
appaia la tua potenza in questi versi brevi!

Dunque apparvero trentacinque
vocali e consonanti, e io le annotai
nell’ordine in cui mi apparvero.

“AMATE LA GIUSTIZIA” furono il primo verbo
e nome scritti in tutto il cielo;
“VOI CHE GIUDICATE IL MONDO” gli ultimi vocaboli.

Poi rimasero disposte a formare
la M del quinto vocabolo; cosicché Giove
sembrava decorato d’oro e d’argento.

E vidi altre anime luminose scendere
sulla sommità della M, e lì fermarsi
cantando inni a Dio che verso di sé le muove.

Come muovendo ardenti tizzoni
sorgono innumerevoli scintille,
davanti a cui gli stolti sono soliti farsi gli auguri;

sembravano alzarsi da lì più di mille luci
e levarsi alcune tanto altre poco
così come il sole che le accende diede a loro in sorte;

e fissatasi ognuno nel suo posto
vidi che quelle anime fiammeggianti
rappresentare la testa e il collo di un’aquila

Dio che lassù crea quelle forme, non ha maestri;
ma è egli stesso un maestro, e da lui deriva
quella virtù che dà vita agli uomini nelle loro dimore terrene.

Le altre anime beate che prima
sembravano contente di formare la M,
con un piccolo movimento completarono la figura.

O Giove, quali e quante luci beate
mi resero evidente che la giustizia umana
derivi dall’influsso del cielo che di te si adorna!

Perciò io prego Dio da cui si origina
il tuo moto e la tua virtù affinché si giri
verso dove esce il fumo che oscura il tuo raggio;

Cosìcché si adiri un’altra volta ancora
per il tempio costruito su sacrifici e martiri
sia trasformato il luogo di compravendita.

O corte del cielo che io contemplo,
prega per tutti coloro che sono sulla terra
disorientati dal cattivo esempio dei pontefici!

Già era abituale fare guerra con le spade;
ma ora si fa togliendo qui e lì tra i fedeli
il pane che il Santo Padre a nessuno nega.

Ma tu (Giovanni XXII) che scrivi (scomuniche) solo per poi annullarle,
pensa che Pietro e Paolo che morirono
per la chiesa che tu devasti, sono ancora vivi.

Puoi tu ben dire: “Il mio desiderio è rivolto solo
a colui che volle vivere da eremita (Giovanni Battista),
e che fu fatto martire morendo decapitato,

che neppure conosco quel pescatore di Pietro né Paolo”.

 < Parafrasi Canto 17Parafrasi Canto 19 >