Trama del romanzo I Promessi Sposi

La vicenda narrata da Alessandro Manzoni è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola. I protagonisti sono Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani che vivono in un paesino non identificato nei pressi del lago di Como, in particolare nel territorio di Lecco, nel punto in cui il fiume Adda riprende il suo corso.

Tutto è ormai pronto per il matrimonio tra Renzo e Lucia, deve essere solo fissata l’ora in cui svolgere la funzione religiosa. Don Abbondio, il curato del paese incaricato di celebrare il matrimonio, durante la sua solita passeggiata serale viene però minacciato da due bravi di don Rodrigo affinché non sposi i due giovani. Il prepotente signorotto aveva infatti in precedenza scommesso con il cugino Attilio di riuscire ad impossessarsi di Lucia entro il giorno di San Martino. Spaventatissimo, il religioso cede subito alle minaccie ed il giorno dopo imbastisce delle scuse, approfittando dell’ignoranza di Renzo, per prendere tempo e rinviare il matrimonio. Il giovane però capisce che c’è qualcosa di misterioso nelle scuse del curato e lo costringe a rivelare la verità.

Renzo, saputo dell’interferenza di Don Rodrigo, si consulta con Lucia e con la madre di lei, Agnese. La donna lo convince ad andare a Lecco a chiedere consiglio ad un avvocato noto per essere al servizio dei più deboli, detto Azzecca-garbugli, che però fraintende il giovane, si dice disposto ad aiutarlo fintanto che lo crede un bravo ma poi, saputa la verità e sentito il nome di Don Rodrigo, non esita a cacciarlo in malo modo.
I tre personaggi si rivolgono successivamente a padre Cristoforo, loro “padre spirituale”, un frate cappuccino del convento di Pescarenico. Fra Cristoforo decide di affrontare don Rodrigo e si reca quindi al suo palazzotto. Il signorotto accoglie con malumore il frate, tra i due inizia una violenta contesa verbale ed il religioso viene infine cacciato via, senza essere quindi riuscito a far desistere il tiranno dal suo crudelle intento. Padre Cristoforo ottiene comunque un successo nel palazzo di Don Rodrigo: un anziano servitore del tiranno si dice disposto ad informarlo delle azioni del padrone e dei suoi bravi.

Nel frattempo Agnese propone ai due promessi sposi di tentare la strada del matrimonio a sorpresa: pronunciare davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni, rende comunque valido il matrimonio anche se contro la volontà del religioso. Dopo che fra Cristoforo ha annunciato il fallimento della sua missione, l’opposizione di Lucia viene vinta e la ragazza accetta a malinquore di prendere parte all’inganno. Contemporaneamente don Rodrigo organizza il rapimento di Lucia con il Griso, il più fidato dei suoi bravi. L’anziano servitore del tiranno riesce ad informare padre Cristoforo del piano segreto del crudele padrone.
Entrambi gli inganni si risolvono in un insuccesso: Don Abbondio riesce a fuggire alla trappola organizzata da Renzo ed Agnese, i bravi comandati dal Griso irrompono nella casa delle due donne ma la trovano ovviamente disabitata. Renzo, Agnese e Lucia, mentre scappano dalla canonica, vengono informati delle azioni dei bravi e fuggono a Pescarenico per trovare rifugio nel convento di padre Cristoforo.

Padre Cristoforo ha già organizzato tutto per allontanare Renzo e Lucia dal territorio di Lecco, così da prendere tempo e cercare di rimettere in ordine la situazione. I due giovani fuggono insieme ad Agnese lungo il fiume Adda e poi per terra per raggiungere infine Monza.
Come da indicazioni del religioso, Renzo prosegue la sua fuga verso Milano con una lettera indirizzata al padre Bonaventura del convento dei cappuccini della città. Le due donne proseguono invece il loro viaggio verso il convento di Monza per chiedere aiuto al padre guardiano. Il religioso decide di affidare la loro protezione a Gertrude, la monaca di Monza, una potente religiosa costretta dalla famiglia a prendere l’abito ma che non aveva mai accettato il rigore del convento ed anzi aveva avuto una relazione segreta con un signorotto senza scrupoli, Egidio, ed era stata anche coinvolta in un omicidio.

Renzo giunge a Milano nel giorno di San Martino e trova la città agitata da tumulti. Non potendo ricoverarsi nel convento indicatogli da padre Cristoforo, dato che padre Bonaventura è in quel momento assente, il giovane rimane coinvolto nei disordini scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane. Renzo si fa trascinare dalla folla ma non agisce mai direttamente ed anzi si mostra chiaramente contrario ad ogni forma di violenza. Al termine della giornata il ragazzo si sfoga però criticando pubblicamente la giustizia, che sta sempre dalla parte dei potenti. Tra i suoi ascoltatori c’è anche un birro in borghese, il fantomatico spadaio Ambrogio Fusella, incaricato di ricercare personaggi da accusare e punire pubblicamente per la recente rivolta, così da togliere ogni entusiasmo agli altri rivoltosi. L’uomo cerca prima di condurre Renzo direttamente in carcere, poi si accontenta di accompagnarlo in una osteria e di fargli dichiarare con l’inganno la sua identità. Andato via il birro, Renzo si ubriaca, tiene un nuovo comizio sulla corruzione della giustizia e deve essere infine accompagnato a letto dall’oste, che corre subito dopo a denunciarlo a sua volta al palazzo di giustizia. Il mattino dopo il ragazzo viene arrestato ma una volta in strada, grazie all’aiuto di un gruppo di facinorosi, riesce a fuggire da Milano con l’intenzione di trovare rifugio a Bergamo, nella repubblica di Venezia.
Durante il suo angoscioso viaggio, Renzo viene a sapere di essere stato condannato a morte come uno dei capi della rivolta. Oltrepassato finalmente l’Adda ed arrivato quindi nel territorio bergamasco, il promesso sposo trova rifugio presso il cugino Bortolo che lo ospita e gli procura un lavoro. Intanto a Lecco giunge un mandato di cattura a suo nome e la sua casa viene perquisita. La notizia arriva fino a Monza, sconvolgendo Lucia ed Agnese. La donna decide così di lasciare la figlia sola nel convento, confidando nella protezione di Gertrude, e fa ritorno in paese per ottenere maggiori informazioni.

Nel frattempo il conte Attilio, cugino di don Rodrigo, chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra Cristoforo. Il potente politico gira la richiesta al padre provinciale dei cappuccini e pochi giorni dopo al frate viene comandato di lasciare Pescarenico per raggiungere Rimini.

Don Rodrigo non fa fatica a venire a conoscenza del tentativo di matrimonio a sorpresa finito male e del fatto che Lucia ed Agnese abbiano trovato rifugio nel convento di Monza. Aggiungendo a tali notizie la condanna pendente su Renzo e la fuga del giovane nel territorio bergamasco, il ritorno in paese di Agnese e l’allontanamento di padre Cristoforo, il prepotente signorotto ha ora la strada spianata per riuscire ad attuare il suo piano. Il convento e la potente monaca rappresentano però per lui un ostacolo quasi impossibile da superare e l’uomo decide così di chiedere l’intervento dell’Innominato (Francesco Bernardino Visconti), un potentissimo e sanguinario signore che ha dedicato la sua vita alla tirannia ma che da qualche tempo sta maturando una profonda crisi interiore. Costui fa rapire Lucia da Egidio con la complicità di Gertrude (la monaca di Monza). La ragazza viene così portata al castello dell’Innominato e, terrorizzata, prega e supplica il potente signore di lasciarla andare via e lo esorta anche a redimersi dicendo che “Dio perdona molte cose per un atto di misericordia”. La notte che segue è per Lucia e per l’Innominato molto intensa. La prima fa un voto di castità alla Madonna perché la salvi e le faccia incontrare nuovamente la madre Agnese, rinunciando così di fatto a Renzo. Il secondo, sconvolto dalla vista e dalle parole della ragazza, trascorre una notte insonne orribile, piena di rimorsi, ed arriva quasi al suicidio.
Il giorno dopo l’uomo viene a sapere che il cardinale Federigo Borromeo è in paese e si presenta nella casa del curato per chiedere di parlargli. Federigo Borromeo accetta la richiesta di soccorso ed il suo successivo colloquio con l’Innominato sconvolge il potente tiranno, che si pente delle proprie azioni, si converte e si impegna a cambiare vita, ponendo rimedio ai suoi errori a partire dal caso della povera Lucia. La ragazza viene così liberata e conodotta a Milano per stare sotto la protezione di donna Prassede e Don Ferrante.

Federigo Borromeo viene a sapere da Agnese che le disavventure di Lucia sono inziate con il rifiuto di don Abbondio a celebrato il matrimonio. Il cardinale rimprovera pertanto duramente il curato che finalmente si accorge dell’importanza del dolore altrui.

In Lombardia la carestia si sta avviando finalmente al termine quando si presenta un nuovo flagello: la guerra. L’esercito francese interviene nella contesa per la successione al ducato di Mantova e del Monferrato, e richiama così anche quello imperiale, costituito dai Lanzichenecchi. La loro discesa lungo l’Adda genera ovunque terrore e distruzione. Molti, tra cui don Abbondio, Perpetua e Agnese, trovano rifugio nel castello dell’Innominato, che è oramai divenuto un punto di riferimento per gli oppressi.

Anche il terrore della guerra non è ancora passato che subito se ne presenta uno nuovo ben peggiore: la peste, portata in Italia dagli stessi lanzichenecchi. Don Rodrigo prende la malattia, vorrebbe tenerla nascosta per non essere portato al Lazzaretto ma viene tradito e derubato dal Griso (lo stesso bravo contrae poco dopo la peste e muore). Il signorotto viene quindi portato dai monatti al lazzaretto dove sono stati raccolti tutti gli altri appestati.

Renzo si ammala di peste ma ne guarisce ed approfitta della situazione generale (tra tanti tormenti la giustizia ha altro a cui pensare che il mandato di cattura pendente su di lui) per tornare al paese, cercare la sua Lucia e convincerla a mantenere la promessa di matrimonio. Il ragazzo aveva infatti avviato una fitta corrispondenza con Agnese ed era venuto così a sapere del voto di castità fatto dalla ragazza. Non trovando l’amata nel paesello ed avendo saputo della protezione offerta da donna Prassede e Don Ferrante, Renzo si reca a Milano e scopre infine che anche la giovane ha contratto la malattia ed è stata condotta al Lazzaretto. Il ragazzo proseguire le sue ricerche e si reca quindi anche all’ospedale degli appestati, dove incontra padre Cristoforo, oramai ammalato, intento a prestare le cure agli ammalati ed in particolare a Don Rodrigo. Il religioso porta il ragazzo al cospetto del tiranno ammalato e Renzo non esita a perdonarlo ed a pregare per lui.
Il promesso sposo si incammina infine nell’area del Lazzaretto dedicata alle donne ed incontra finalmente Lucia. La ragazza è oramai guarita dalla peste. Tra i due giovani inizia una contesa verbale con oggetto il voto di castità fatto alla Madonna. Interviene infine padre Cristoforo e scioglie il voto fatto dalla ragazza. Renzo e Lucia sono nuovamente promessi sposi.
La ragazza rimane a Milano per terminare il periodo di quarantena, Renzo parte subito per fare ritorno al paesello senza curarsi della forte pioggia: la forte pioggià che laverà via la peste.

Renzo ritorna al paesello e vi conduce anche Agnese, che per evitare di essere contagiata dalla peste si era rifugiata a Pasturo.
Finisce il periodo di quarantena di Lucia ed anche la ragazza fa ritorno a casa. La morte di Don Rodrigo è ormai certa (il suo palazzo è stato occupato da un generoso parente), don Abbondio non deve più temere per la propria vita e unisce finalmente in matrimonio i promessi sposi.
Renzo, Lucia ed Agnese si trasferiscono nel territorio di Bergamo ed i due giovani danno alla luce molti bambini, la prima dei quali viene chiamata Maria, come segno di gratitudine verso la Madonna.

Nell’ultimo capitolo del suo romanzo, Alessandro Manzoni presenta direttamente la morale dell’opera: la fede in Dio può fare superare tutti i problemi e le disgrazie.
Lo scrittore, traslando le problematiche del suo tempo in questo contesto romanzesco, lascia intendere indirettamante anche un’altra morale di grande importanza: è il popolo, nella sua condizione povera e umile, il vero protagonista della storia. Dio istituisce secondo Manzoni una Provvidenza che non decide al posto dell’uomo ma determina un perpetuo equilibrio, pertanto il popolo deve giustamente cercare di riscattarsi e reclamare il proprio diritto di vivere, lasciando un proprio segno nella storia.

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