TRENT’ANNI… E LI DIMOSTRO di Amabile Giusti

La ragazza ha un culo che assomiglia a un mandolino di teak, e indossa uni spaghetto di seta maculata che spaccia per mutanda.
Sta rovistando nel frigo, tra un pezzo di formaggio non proprio fresco e un grappolo di pomodori, a caccia di una lattina di birra incollata alla parete rivestita di brina.
La fisso, e mi trema una palpebra per la rabbia.

IL BACIO DEL PANE di Carmine Abate

Il mare che si allontana, scintillante nella calura. La fiumara da risalire, gonfia di pietre luminose, i ruderi dei mulini, il bosco di lecci chiazzato del giallo delle ginestre e infine lo scroscio sempre più intenso: è così che Francesco e i suoi amici scoprono un’oasi di pace presso la cascata refrigerante del Giglietto, sopra il paese di Spillace, in Calabria. Il luglio è afoso, e i bagni nel laghetto, seguiti dai saporitissimi pranzi, sono il diversivo ideale per la piccola comitiva di ragazzi e ragazze nemmeno diciottenni, affamati di vita e di emozioni…

LE PIU’ PICCOLE DEL ’68 di Elena Costa

Si era fatta notte in un lampo.
Le voci scomposte d’ansia e paura si erano affievolite. Rimanevano solo i sussurri.
Vinte dalla stanchezza, le ragazze più piccole dormivano.
Dormivano sedute ai tavoli con il capo appoggiato alle braccia incrociate, accanto alle macchine spente che emettevano ancora calore. Dormivano sdraiate per terra sulle lise coperte militari sottratte da casa. Dormivano appoggiate al muro senza intonaco, per trovare una minima frescura.
Le più grandi – se grandi potevano essere chiamate ragazze di sedici, diciotto, al massimo vent’anni – non riuscivano a smettere di parlare, resistendo al sonno.
Erano le operaie anziane, che in fabbrica, anzi in qel garage trasformato in fabbrica, ci venivano fin dal primo giorno, dall’apertura del 1963, quando il signor Pagano aveva deciso di portare il progresso in paese.
Erano state da poco bambine e ora dividevano la responsabilità di una azione grande e spaventosa.

IL PAESE DELLE MAREE di Amitav Ghosh

Kanai la notò nel momento stesso in cui mise piede sulla banchina affollata. Non si lasciò ingannare né dai capelli neri cortissimi, né dall’abbigliamento da ragazzo, calzoni di cotone sformati e maglietta bianca di qualche taglia in più. Zigzagando con sicurezza fra i venditori di cibarie e di tè che smerciavano la loro mercanzia lungo il binario, non perse d’occhio quella figura esile e aggraziata. Il viso lungo e sottile, la delicatezza dei lineamenti contrastavano con la severità del taglio dei capelli. Niente bindi sulla fronte, niente bracciali e braccialetti, ma al lobo dell’orecchio una piccola borchia d’argento luccicava sulla pelle scura e scurita dal sole.

IO STO CON MARTA! di Giorgio Ponte

Gentile Editore, mi chiamo Marta Barbieri, ho ventinove anni e sono di Palermo. Avete mai riflettuto su quante sciocchezze si scrivono in un curriculum? Di tutto, pur di fare colpo. Io lo so, perché ne ho mandati un’infinità. Ed è proprio a causa di uno di questi se sono finita a più di mille chilometri da casa mia. Se però dovessi presentarmi in modo sincero, puntando sulle reali caratteristiche che mi contraddistinguono, credo che scriverei così: “Mi chiamo Marta Barbieri, ho ventinove anni, sono siciliana, e possiedo un talento naturale per incasinarmi la vita”. E non il solito “sono dinamica, flessibile ed energica”, che poi, a forza di scrivere ste cretinate, non sai più se stai parlando di te o di una lampadina.
Quindi proseguirei con: “Sono disperata, sarò la vostra schiava, assumetemi o mi ammazzo”.
Ecco cosa si dovrebbe scrivere.
Pura verità.
Tanto, questo, loro lo sanno già.

LA FABBRICA DEL PANICO di Stefano Valenti

La quinta elementare non è uno strumento adeguato per comprendere il mondo, soprattutto a diciannove anni, quando il mondo si presenta in forma di fabbrica.
L’angoscia che ha contraddistinto la vita di mio padre e l’ha condizionata, senza incontrare ostacoli sulla sua vita, né parole, né occasioni per essere contenuta, è traboccata, ha allagato la sua anima, si è radicata nella sua mente, ha distrutto il suo corpo. Era n’angoscia incontenibile, che gonfiava il petto, avanzando spavalda a gambe divaricate.
La fabbrica è una condanna senza reato. Esiste un prima e un poi per chi è condannato alla fabbrica, un prima della fabbrica e un poi nella fabbrica. E da quel poi, una vita normale diventa una vita invivibile.

IL FIUME DELL’OPPIO di Ghosh Amitav

Il sacrario di Deeti era nascosto in una roccia, nel punto in cui la costa occidentale e quella meridionale dell’isola collidevano formando la cupola battuta dal vento del Morne Brabant. Era un’anomali geologica – una grotta che il vento e l’acqua avevano scavato all’interno di uno sperone roccioso – e non ce n’era un’altra uguale nel monte. Più tardi Deeti avrebbe ribadito che non era stato il caso bensì il destino a condurla lì, perché l’esistenza di una simile cavità era inimmaginabile finché non ci si entrava.

CUORE PRIMITIVO di Andrea De Carlo

Adesso che Craig Nolan ci ripensa nel gennaio del 2015, seduto alla scrivania nel suo studio in Little St Mary’s Lane a Cambridge, con Jumping at Shadows di Peter Green a basso volume sullo stereo e la pioggia che cade fuori dalle finestre nel pomeriggio già quasi buio, il ricordo del suo primo arrivo a Canciale insieme a Mara è bagnato in una luce retrospettiva che lo fa oscillare continuamente tra nostalgia, perplessità e irritazione. C’è sempre la stessa domanda in attesa di risposta: quanto era inevitabile quello che è successo?

CON LA LUCE DEL SOLE NEGLI OCCHI di Giovanni Giacometti Ceroni

“Dai fisicità alle emozioni, in modo da poterle manipolare. Gli esseri umani, soprattutto maschi, sono più a loro agio con ciò che possono manipolare. Associa le emozioni ad oggetti comuni. Agire sull’oggetto equivale ad agire sulle emozioni.”
E’ un concetto che Hal trova interessante, anche se non ricorda precisamente dove lo ha letto o da chi lo ha sentito. Forse in un trattato di psicologia. O è stato il suo istruttore di yoga di qualche anno prima a dirlo? Oppure, più semplicemente, era la frase del giorno scritta sul retro della scatola dei cereali.
Non importa. Ciò che importa è che Hal lo ha trovato l’oggetto con cui dare fisicità alle sue emozioni: il cubo di Rubik.

MORTE DI UN UOMO FELICE di Giorgio Fontana

Dunque volevano vendetta. Colnaghi annuì un paio di volte fra sé, come a raccogliere idee che non aveva o che ancora erano troppo confuse: poi appoggi le mani sul tavolo e guard di nuovo il ragazzino che aveva parlato.
Nell’aula messa a disposizione dalla scuola materna del quartiere c’era silenzio: macchie di sudore sotto le ascelle, le pale del ventilatore che giravano piano. Tutti aspettavano una sua risposta, l’ennesima parola buona.
I parenti e gli amici della vittima erano una trentina. Vissani era stato un chirurgo, esponente in vista dell’ala più a destra della Democrazia cristiana milanese: cin- quantadue anni, biondo cenere, grassoccio. La fotografia deposta sotto la cattedra era circondata da mazzi di fiori.