Riassunto canto 17 (XVII) del poema Orlando Furioso

Re Carlo va alla ricerca del saraceno che ha provocato tanta distruzione e seminato così tanti cadaveri nella città di Parigi. Si vergogna per il comportamento tenuto dai parigini e li rimprovera quindi per non aver fatto nulla a difesa della città.
La maggior parte del popolo si è barricata nel palazzo reale e dalle sue mura esterne butta pezzi di tetto, di colonne.. su Rodomonte, che a colpi di spada, preso possesso della piazza antistante, sta per aprirsi un passaggio nel portone principale.
Re carlo, insieme ai paladini ed ai cavalieri al suo seguito, tra i quali re Ottone, si lancia contro il saraceno.

Tornando a parlare di Grifone, il cavaliere entra nella bellissima e ricchissima città di Damasco in compagnia della donna e del nuovo amante di lei.
Un cavaliere li ferma lungo la via e li accoglie nel proprio palazzo. Racconta loro l’origine della giostra organizzata da re Norandino ed invita entrambi i cavalieri a parteciparvi.

Norandino era stato per lungo tempo innamorato di Lucina, figlia del re di Cipro. Dopo averla finalmente sposata, al ritorno in patria la loro nave era stata colta da una tempesta, e dopo tre giorni in mare erano infine giunti su una spiaggia. Mentre il re è intento nella caccia per procurare del cibo, il resto dell’equipaggio viene assalito da un orco. Il mostro è cieco (ha due protuberanze d’osso al posto degli occhi) ma compensa la mancanza con un infallibile fiuto.
Si mettono tutti a scappare ma l’orco è talmente veloce che solo pochi riescono a salvarsi raggiungendo a nuoto l’imbarcazione. Il mostro cattura gli altri, ne mangia vivi due, porta i rimanenti nella propria tana e li rinchiude in una caverna, dove prima si trovava il suo gregge. L’orco va quindi a fare pascolare gli animali.

Tornato dalla caccia, il re si accorge di quanto successo. Quelli che si sono salvati sulla nave gli raccontano l’accaduto e lui decide subito di andare a caccia dell’orco per riprendersi l’amata Lucina.
Raggiunta la tana del mostro, la moglie dell’orco gli dice che non deve temere per la vita di Lucina. Il mostro è solito mangiare solo uomini, le donne vengono invece rinchiuse in quella grotta in cui si trova lei stessa insieme a tante altre. Solo se abbandonerà la grotta Lucina potrà avere a rischio la propria vita.
Consiglia a Norandino di andarsene (la sua presenza non potrà scappare all’infallibile fiuto del mostro), ma visto che il suo desiderio di ritrovare l’amata è tanto grande da non farlo muovere da lì, alla fine la donna decide di aiutarlo.
Unge tutto il corpo del re con del grasso animale, in modo da coprire completamente il suo odore naturale e farlo quindi puzzare come un caprone, e gli mette addosso una delle pelli che teneva nella caverna. Così travestito, Norandino si mischia al gregge riportato alla tana dal mostro e riesce quindi a rivedere Lucina.

Norandino spiega agli altri come poter scappare: vengono uccisi alcuni caproni, tutti si ungono quindi il corpo con il grasso animale ricavato dai cadaveri e si mettono addosso le pellicce (così che se il mostro li tocca per accertarsi della loro natura, sente il pelo dell’animale).
Il mattino dopo l’orco apre la grotta ed insieme al gregge escono anche Norandino e tutti gli altri.
Solo Lucina non riesce a passare, il mostro riconosce infatti che non si tratta di un vero caprone e la ricaccia nella grotta. Tutti gli altri seguono l’orco nel suo cammino e, approfittando del suo momento di sonno, riescono poi a scappare.
Norandino è però ancora intenzionato a liberare la sua amata e rimane quindi nel gregge.

La sera l’orco, ritornato alla grotta, si accorge della fuga di tutti i sui prigionieri e punisce Lucina incatenandola nuda sulla cima dello scoglio. Il re non può fare altro che vederla soffrire, giorno dopo giorno.

Giungono infine per caso a quello scoglio Mandricardo e re Gradasso, liberano la donna e la consegnano al padre di lei.
Saputo della liberazione della donna, Norandino scappa, torna in patria e ritrova quindi Lucina.

La festa, allestita una volta ogni quattro mesi, è quindi in memoria della salvezza ottenuta dopo quattro mesi passati nella grotta dell’orco.

Il giorno dopo Grifone, Orrilige e Martano, nuovo amante di lei, si recano al torneo.
Sarà vincitore chi riuscirà a sconfiggere tutti e otto i cavalieri scelti dal Norandino tra i più valorosi e più fedeli suoi servitori. Il premio per il vincitore è un’armatura (appartenenti a Marfisa, ma Norandino non lo sa) che il re ha ricevuto il giorno prima in dono da un mercante.
Martano entra nell’arena per sfidare gli otto cavalieri, ma, visto morire accidentalmente il cavaliere che lo precede, alla fine fugge deriso da tutti gli spettatori. Grifone è acceso di vergogna e d’ira per il comportamento del compagno, sa che il popolo si aspetta da lui lo stesso atteggiamento codardo e sa che ogni suo minimo errore verrà deriso.
Grifone si lancia al combattimento è sconfigge subito, uno dopo l’altro, i primi sette cavalieri. Con l’ultimo, il più forte, il combattimento dura poco di più. Grifone è decisamente superiore, la sua armatura incantata non viene neanche graffiata dai colpi dell’altro, la cui armatura è invece ormai a pezzi.
Norandino fa separare i contendenti e pone termine al torneo; è Grifone il vincitore.

Più arrabbiato per il comportamento del compagno che felice per la propria vittoria, Grifone torna irato da Martano e Orrilige. Lei però lo convince a scusare il vile cavaliere ed a partire con loro silenziosamente e segretamente per consentire a Martano un viaggio sicuro, fuori dalla vista degli abitanti di Damasco.
Grifone cade però in un profondo sonno. Martano ruba cavallo, armi ed armatura al cavaliere per travestirsi da lui e ricevere premio ed onori dal re (il re non aveva ancora saputo il nome né visto il volto del vincitore).
Orrilige e Martano vengono così condotti nel palazzo reale.

Grifone si risveglia la sera e si accorge dell’inganno subito. Si rende quindi finalmente conto che Martano non è il fratello ma l’amante di Orrilige e decide di vendicarsi.
Prende le armi, l’armatura ed il cavallo lasciati dal vile cavaliere e si mette subito in viaggio per abbandonare la città.
Dall’alto di un castello il re riconosce però il cavaliere tanto deriso il giorno prima e confessa a Martano di lasciarlo andare libero da ogni punizione solo in quanto suo compagno. Il vile cavaliere risponde però di non conoscere chi esso sia, di essersi lui stesso trattenuto dal punirlo per rispetto nella giornata di festa, e che quindi il re farebbe a lui cosa più grata se decidesse di punirlo invece che lasciarlo andare libero.

Secondo gli ordini di Norandino, Grifone viene quindi fatto prigioniero ed esposto il giorno dopo alla pubblica umiliazione, su di un carro trainato da buoi che trascina le armi e l’armatura che aveva indosso.
Lasciato finalmente libero all’ingresso della città, Grifone però indossa subito l’armatura e riprende le armi di Martano, pronto a vendicarsi dell’umiliazione e combattere nuovamente per il proprio onore.

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