Parafrasi canto 43 (XLIII) del poema Orlando Furioso

Parafrasi del Canto 43 (XLIII) del poema Orlando Furioso – Saputo della morte di Brandimarte, Fiordiligi si dispera e desidera solo morire. I funerali solenni vengono svolti ad Agrigento e viene anche costruito un solenne mausoleo, nel quale la donna decide di passare il resto della sua vita. Orlando e Rinaldo portano a fare curare Oliviero dallo stesso eremita che ha battezzato Ruggiero. Sobrino, stupito per la miracolosa guarigione del cristiano, si converte. Durante i festeggiamenti Ruggiero viene riconosciuto ed accolto calorosamente.

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(Rinaldo) Cambia quindi imbarcazione, e verso
l’isoletta di Lampedusa si fa portare velocemente;
l’isola che fu scelta dai combattenti per la battaglia,
e dove si erano anche già scontrati.
Rinaldo sollecita e mette fretta ai marinai,
che con la vela ed i rami fanno tutto il possibile;
ma i venti avversi e per lui dannosamente impetuosi,
lo fecero infine, anche se di poco, arrivare tardi.

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Giunse nel momento in cui il principe d’Anglante
aveva oramai già compiuto la sua opera utile e gloriosa:
aveva ucciso Gradasso e Agramante,
ma al prezzo di una vittoria dolorosa e sanguinosa.
Era rimasto ucciso il figliolo di Monodante;
ed a causa di un duro e pericoloso colpo
Oliviero stava soffrendo steso sulla sabbia, a causa
del suo piede slogato che gli dava dolore e sofferenza.

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Il conte non riuscì a tenere asciutto il suo viso,
quando abbracciò Rinaldo e gli raccontò che gli
era stato ucciso il suo caro amico Brandimarte, che
tanta fedeltà e amore aveva mostrato nei suoi confronti.
E non di meno Rinaldo, quando vide così diviso
il capo dell’amico, bagnò i suoi occhi di lacrime:
poi da qui andò ad abbracciare
Oliviero che sedeva a terra con il piede rotto.

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Tutta la consolazione che seppe dare, tutta
la diede a loro, non potendo consolare sé stesso;
che si rendeva conto di essere giunto proprio alla fine,
alla frutta, anzi dopo anche che era stato sparecchiato.
I servitori andarono fino alla città distrutta,
e le ossa di Gradasso e di Agramante
seppellirono tra le rovine di Biserta,
e qui raccontarono a tutti gli ultimi avvenimenti.

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Della vittoria ottenuta da Orlando
furono molto felici Astolfo e Sansonetto;
non però tanto quanto sarebbe stato se
a Brandimarte non fosse stata tolta la vita.
Sentire che lui è morto fa diminuire la contentezza
tanto che non riescono proprio a mostrare serenità.
Chi sarà adesso tra loro a voler informare
Fiordiligi di una fatto di così grande dispiacere?

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La notte che aveva preceduto questo giorno,
Fiordiligi aveva sognato che quella veste
che, per mandare Brandimarte abbellito,
lei aveva trapuntato ed intessuto di pietre preziose,
la vedeva consparsa nel bel mezzo e in ogni parte
di gocce rosse, come fosse tempestata di rubini:
sembrava che a ricamarla così fosse stata
proprio lei, ma che poi se ne addolorasse.

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E sembrava dire: – Eppure il mio signore
mi ha dato il compito di farla tutta nera:
ed allora perché mai io l’ho ricamata
contro la sua volontà in un modo tanto strano? –
A questo sogno dette una interpretazione lugubre;
la notizia le giunse infine quella stessa sera:
Astolfo gliela tenne nascosta fino al momento
in cui non andò da lei insieme a Sansonetto.

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Non appena entrarono, vedendo il loro viso
privo totalmente della gioia per una simile vittoria;
senza bisogno di altra notizia o avviso, sa già
che il suo Brandimarte non è più vivo.
Questo fatto le lascia il cuore talmente vinto,
ed i suoi occhi provano una tale repulsione per la luce,
ed allo stesso modo ogni altro suo senso viene meno,
che infine, come fosse morta, si lascia cadere a terra.

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Ripresi i sensi, Fiordiligi si getta le mani
tra i capelli; e anche alle sue belle guance,
ripetendo invano il nome del suo caro Brandimarte,
facendo loro più danno che riesce:
si strappa i capelli e li sparge ovunque; e grida,
come può fare una donna posseduta dal demonio,
o come si sente raccontare che un tempo al suono
del corno le Baccanti correvano, e giravano intorno.

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Va pregando ora uno ed ora un altro, che le sia
portato un coltello, così che possa pugnalarsi il cuore:
ora vuole correre là dove, al porto, è giunta
la nave che porta il corpo dei due pagani defunti,
e vuole dell’uno e dell’altro cadavere fare
strazio per avere la sua aspra e violenta vendetta:
ora vuole attraversare il mare e fare di tutto
per riuscire a morire accanto al suo signore.

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– Ma perché, Brandimarte, ti ho lasciato andare
senza di me ad affrontare una simile impresa? (disse).
Vedendoti partire, non è mai accaduto prima
che la tua Fiordiligi non ti venisse dietro.
Ti avrei fatto del bene, se io fossi venuta,
tenendo sempre fissi su di te i miei occhi;
e tu se avessi avuto dietro Gradasso,
con un solo grido sarei riuscita a darti aiuto;

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ma forse sarei potuta essere anche tanto veloce
da riuscire, entrando in mezzo al campo, a farti evitare
il colpo: ti avrei fatto scudo con la mia testa;
che la mia morte non era certo un grosso danno.
Ad ogni modo, io morirò; ma questa dolorosa
morte non potrà dare oramai nessun beneficio; perché,
solo se io fossi morta nel tentativo di difenderti,
non avrei potuto di certo spendere meglio la mia vita.

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Se anche la mia volontà di aiutarti il destino spietato
ed anche tutto il cielo avesse avuto contro,
sarei riusci almeno a darti gli ultimi baci,
almeno sarei riuscita a bagnarti il viso con le lacrime;
e prima che tra gli angeli beati il tuo spirito
si potesse rivolgere verso Dio, il suo creatore,
ti avrei detto: Vai in pace, ed aspettami là;
perché ovunque tu sia, io ti seguirò in fretta.

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È questo, Brandimarte, è questo il regno
del cui scettro ti dovevi impossessare adesso?
Vengo ora così insieme a te a Dammogire?
così adesso mi ricevi nel tuo palazzo reale?
Ah fortuna crudele, quali grandi progetti
mi infrangi! quante speranze mi togli ora!
Beh, cosa aspetto io, dopo aver perduto questo
mio grande bene, a perdere anche tutto il resto? –

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Dicendo queste ed altre parole, in lei si riaccese
con tanta forza il furore ed anche la rabbia,
e tornò in fretta a strapparsi i suoi bei capelli,
come se i capelli potessero avere tutta la colpa.
Si percute le mani l’una con l’altra e le morde,
si caccia le unghie nel seno e nelle labbra.
Ma torno a raccontare di Orlando e dei suoi compagni
intanto che lei di dispera e si consuma nel pianto.

165
Orlando, con il cognato Oliviero che non poco
aveva bisogno di un medico e di medicazioni,
ed anche perché in un luogo degno del suo valore
potesse essere sepolto l’amico Brandimarte,
si muove verso l’Etna, il monte che con il fuoco
illumina la notte, e con il fumo oscura il giorno.
Il vento è a loro favorevole, ed alla destra
non è molto lontana da loro la costa.

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Spinti dal fresco vento che soffiava a loro favore,
sciolsero le funi verso sera, sul finire del giorno,
potendo mostrare loro la giusta via la luna,
la diva taciturna, con il suo corno luminoso;
ed approdarono quindi il giorno successivo sulla costa
che giace piacevolmente tutt’intorno ad Agrigento.
Qui Orlando ordinò che fosse pronto per la sera
successiva tutto quanto era necessario per il rito funebre.

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Dopo aver visto che il suo ordine era stato eseguito,
essendo oramai notte, spenta la luce del sole,
in mezzo a tutta la nobiltà che, ricevuto l’invito,
era accorsa dai terreni circostanti ad Agrigento,
con la costa che sembrava bruciare per le torce accese,
e con l’aria che risuonava di grida e di lamenti,
Orlando tornò dove aveva lasciato quel corpo
che con devozione aveva amato sia da vivo che da morto.

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Là Bardin, gravato dal peso dei suoi anni,
stava piangendo presso il feretro, anche se,
per il gran pianto che aveva fatto sulla nave, avrebbe
già dovuto avere gli occhi e le lacrime consumati.
Chiamando crudele il cielo, malvagie le stelle,
ruggiva come un leone preso dal delirio della febbre.
Le sue mani intanto era spietate e ribelli
contro i suoi capelli bianchi e la sua pelle rugosa.

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Si alzò, vedendo ritornare il paladino Orlando,
il suo grido di fece più forte e pianse ancora di più.
Orlando, avvicinandosi di più al corpo, rimase
a guardarlo per un lungo istante senza parlare,
pallido come sono alla sera il ligustro ed
flessuoso acanto colti alle prime ore del mattino;
e dopo un profondo sospiro, tenendo sempre fissi
gli occhi su di lui, gli disse così:

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– O forte, caro, mio fedele compagnio,
che sei morto qui in terra ma so che vivi in cielo,
e ti sei così guadagnato una nuova vita, quella eterna,
che non può più esserti tolta dalle malattie,
perdonami, se vedi bene che io sto piangendo; lo faccio
perchè mi addoloro per essere rimasto qui sulla terra,
per non essere con te a godermi un tale piacere;
non piango affatto perché tu non sei qui con me.

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Senza di te sono solo; nulla qui sulla terra
posso più avere che mi dia piacere, se non ci sei tu.
Se sono stato con te nella tempesta ed anche in guerra
perché non posso esserlo ora in pace e tranquillità?
Ben grandi devono essere i miei peccati, se mi
impediscono di togliermi da questo fango per seguire le
tue orme. Se nelle fatiche sono stato con te, perché
adesso non sono anche partecipe del guadagno ottenuto?

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Tu ne hai guadagnato, la perdita è tutta mia:
tu sei solo nel piacere, io non sono solo nel dolore.
Partecipa al mio dolore l’Italia
intera, il regno francese e quello germanico.
Oh quanto, quanto il mio signore e zio (Carlo Magno),
quanto anche tutti i paladini si devono dolere!
quanto tutto l’Impero e la chiesa Cristiana,
che hanno ora perso la loro migliore difesa!

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Oh quanto la tua morte farà diminuire
il terrore e lo spavento nei nostri nemici!
Oh quanto il mondo pagano sarà ora più forte!
quanto coraggio gli verrà, quanto sicurezza!
Oh come starà male la tua consorte!
Fin da qui la vedo piangere, e ne sento le grida.
So che mi accusa, e forse mi odia anche, perché
a causa mia ogni sua speranza in te è ora morta.

174
Ma, Fiordiligi, ci possa restare almeno un conforto
a noi che siamo ora privi di Brandimarte;
che devono invidiare lui che è morto con tanta gloria
tutti i guerrieri che sono invece ancora vivi.
I due Decio Mure e Marco Curzio, divorato dalla voragine
nel foro romano, quel Codro tanto acclamato dai Greci,
non con più vantaggio altrui e maggiore onore personale
si sacrificarono, di come ha fatto il tuo signore. –

175
Orlando pronunciava queste parole e anche altre.
Intanto i frati grigi, bianchi ed anche neri,
e tutti gli altri chierici, veniva in processione
formando una lunga doppia fila ,
pregando dio che avesse cura per l’anima
del defunto, perché lo accogliesse tra i suoi beati.
Le torce accese di fronte, nel mezzo e tutt’intorno
sembravano avere mutata la notte in giorno.

176
Sollevano la bara, ed a portarla furono
messi conti e cavalieri alternati tra loro.
Un velo di seta color porpora la copriva, abbellita
da forme circolari in oro e formate da grandi perle:
realizzati con un non meno bello e signorile lavoro
aveva gli splendidi guanciali, abbelliti da gemme;
giaceva all’interno il cavaliere con indosso una veste
dello stesso colore purpureo ed ornata con lo stesso motivo.

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Trecento degli altri presenti era già passati
davanti, scelti tra i più poveri della città,
tutti quanti vestiti allo stesso modo
con panni di colore nero lunghi fino a terra.
Cento paggi seguivano sopra ad altrettanti
grossi cavalli, tutti buoni per fare la guerra;
e cavalli e paggi avanzavano nella processione
radendo il suolo con il loro abito a lutto.

178
Davanti e dietro al corteo sfilavano
molte bandiere, con dipinte diverse insegne,
e spiegate al vento accompagnavano il feretro;
sottratte ai mille eserciti già sconfitti
e conquistate per l’imperatore e per il papa
mostravano il valore di Brandimarte oramai morto.
C’erano molti scudi, che dei valorosi guerrieri,
ai quali erano stati portati via, avevano le insegne.

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Procedevano così cento ed altre cento persone addetti
ai diversi compiti della cerimonia; e questi portavano,
come anche tutti gli altri, torce accese; ed erano
chiusi, più che vestiti, in vesti di colore nero.
Poi seguiva Orlando, che in ogni momento aveva
gli occhi bagnati di lacrime, arrossati e tristi;
non più lieto di lui arrivò poi anche Rinaldo:
Oliviero non partecipò trattenuto dal suo piede rotto.

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Sarebbe lungo se volessi raccontarvi in versi tutte
le cerimonie, dirvi di tutti i mantelli
scuri e neri che furono distribuiti,
le torce accese che furono consumate.
Diretti quindi verso la cattedrale, da qualunque
posto veniva, nessuno lasciò i suoi occhi asciutti:
così bello, buono, giovane, Brandimarte mosse
a pietà gente di ogni sesso, ordine sociale ed età.

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Fu infine deposto in chiesa: e dopo aver ricevuto
il pianto e le lacrime inutili delle donne presenti,
e ricevuto dai sacerdoti le preghiere per i defunti
e le altre formule sacre che si recitano sulla bara,
fu infine posto in una arca sorretta da due colonne:
Orlando volle che l’arca venisse coperta con
un prezioso drappo d’oro, fintanto che il corpo non
fosse stato deposto in un sepolcro di maggiore valore.

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Orlando non riparte dalla Sicilia prima
di aver dato ordine di trovare porfidi ed alabastri.
Fece fare il disegno, ingaggiando con una forte
ricompensa i migliori maestri nell’arte di costruire
sepolcri. Fiordiligi, quando arrivò in Sicilia, fece
poi tirare su le lastre ed anche i grandi pilastri;
sull’isola (essendo Orlando già partito)
si era fatta portare abbandonando la costa africana.

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E continuando a venirle incessanti le lacrime,
e continuando ostinati ad uscirle i sospiri,
per quanto faccia sempre fare messe e cerimonie,
ma non riuscendo comunque mai ad essere soddisfatta;
decise infine di non ripartire più, fino alla morte,
fintanto che la sua anima non avesse abbandonato
il corpo: fece pertanto costruire nel sepolcro una
cella, vi si chiuse dentro, e visse da allora in quella.

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Le manda messaggeri e lettere in quantità Orlando,
e ci va anche anche di persona per portarla via da lì.
Se accetta di andare con lui in Francia, con una ricca
pensione le propone di diventare dama di compagnia
di Galerana: qualora chiedesse invece di tornare dal
padre, si propone di accompagnarla fino a Laodicea:
le vuole anche costruire un monastero, se lei
decide di dedicare la vita al servizio di Dio.

185
Lei si ostinava a stare nel sepolcro; e lì, consumata
dalla sua penitenza, pregando giorno e notte,
non passò molto tempo prima di morire, prima che
la Parca tagliasse il filo della sua vita.
Già avevano invece abbandonato quell’isola,
dove i Ciclopi vivevano in antiche grotte,
i tre guerrieri di Francia, sconsolati e tristi
per il loro quarto compagno rimasto indietro, morto.

186
Non vollero partire senza avere con sé un medico
che si prendesse cura di Oliviero durante il viaggio;
la quale cura, non potendo essere stata presa subito dopo
l’infortunio, era diventata ora difficile e dolorosa:
e lo sentivano lamentarsi talmente tanto, che
iniziarono tutti ad avere paura delle sue condizioni.
Parlando tra di loro di questo, al capitano venne
una idea, e la disse; ed a tutti piacque.

187
Disse che poco lontano da dove si trovavano,
su un’isola sperduta, c’era un eremita,
a cui mai si era ricorso inutilmente,
fosse stato per un consiglio o per un aiuto;
ed era veramente capace di cose miracolose,
ridare la vista ai ciechi, far ritornare in vita
i morti, fermare il vento con il solo segno della
croce e calmare il mare queanto è più agitato:

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Non devono assolutamente dubitare, se vanno
a trovare quell’uomo tanto caro a Dio,
di riavere indietro sano il loro Oliviero, visto
che ha data prove ben più evidenti del suo valore.
Questo consiglio piacque talmente tanto ad Orlando,
che subito di dirigono verso quel luogo sacro;
senza mai smettere di puntate la prua nella direzione
presa, videro apparire l’isola all’inizio della mattina seguente.

189
Poiché a guidare la nave erano uomini esperti del mare,
riuscirono facilmente ad accostarsi a quello scoglio.
Lì, con l’aiuto di servitori e di marinai,
calarono il marchese Oliviero in un battello:
navigando attraverso le spumose onde arrivarono
infine al duro scoglio, e quindi alla dimora di quel
sant’uomo; alla dimora ed al sant’uomo stesso,
dalle cui mani Ruggiero aveva ricevuto il battesimo.

190
L’umile servo di Dio, Signore del paradiso,
accolse Orlando ed i suoi compagni,
e li benedì con una espressione serena,
chiedendo poi loro cosa li avesse spinti lì:
sebbene fosse stato comunque già prima informato
del loro arrivo dai santi in cielo.
Orlando gli rispose che erano venuti da lui
per cercare di aiutare il loro amico Oliviero;

191
che era stato, combattendo per la fede in Cristo,
ridotto in gravi condizioni di salute.
Il sant’uomo fece svanire ogni suo triste pensiero,
e gli promise di rimetterlo completamente in salute.
Non avendo a disposizione nessun unguento,
e non essendo fornito di nessuna altra medicina,
andò semplicemente in chiesa e pregò Dio il Salvatore;
e uscì poi fuori con una grande allegria:

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e nel nome delle tre eterne Persone,
il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, diede
ad Oliviero la sua benedizione.
Oh quali poteri dà Dio a chi gli crede!
Cacciò all’istante ogni sofferenza del cavaliere,
e gli fece anche tornare sano il piede, più
sicuro e più agile di come mai era stato prima:
e capitò che Sobrino assistesse a questo miracolo.

193
Essendo Sobrino giunto per le sue ferite in una
condizione tale da sentirsi sempre peggio ogni giorno,
subito dopo aver visto fare al santo monaco
un miracolo tanto immenso ed evitende, a cui credere,
decide di abbandonare la fede in Maometto,
e riconosce quindi la presenza e la potenza di Cristo:
e domanda con il cuore pentito per la fede avuta,
di essere iniziato alla nostra sacra religione.

194
Fu così che l’uomo misericordioso lo battezzò, ed
anche gli rese, pregando, tutte le sue forze.
Orlando e tutti gli altri cavalieri non furono
meno contenti di questa conversione,
di quanto lo furono nel vedere del tutto libero
da quel pericoloso male il loro Oliviero.
La gioia più grande l’ebbe Ruggiero;
e molto crebbe la sua fede e la sua devozione.

195
Ruggiero, dal primo giorno in cui giunse a nuoto
su quest’isoletta, ci era poi sempre stato.
Il vecchio religioso sta in mezzo a quei guerrieri
in modo molto mite, e li esorta e li prega
a impegnarsi, evitando il fango del peccato,
ad attraversare puri questa palude desolata
che ha il nome vita, e che tanto piace agli sciocchi;
ed a tenere sempre lo sguardo alla strada verso il cielo.

196
Orlando mandò un suo servitore alla nave, e fece
portare pane e buon vino, cacio e prosciutti;
ed all’eremita, che era adesso abituato a mangiare
solo frutta, e che il sapore di ogni altro cibo
aveva oramai dimenticato, fecero mangiare della carne,
e bere il vino, e fare quello che gli altri facevano.
Dopo essersi saziati con il cibo,
parlarono tra loro di molte cose.

197
E come accade spesso quando si parla,
che le frasi si chiariscono l’una con l’altra,
Ruggiero venne finalmente riconosciuto
da Rinaldo, da Oliviero ed anche da Orlando,
per l’essere quel Ruggiero tanto eccellente nell’uso
delle armi, da mettere tutti d’accordo nel lodarlo:
nemmeno Rinaldo l’aveva prima riconosciuto in colui
contro cui si era scontrato nella giostra.

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Re Sobrino l’aveva invece ben riconosciuto, non
appena lo aveva visto comparire insieme al vecchio:
ma decise di stare in silenzio e muto piuttosto
che correre il rischio di sbagliare.
Dopo che fu noto a tutti che quell’uomo
era Ruggiero, che per coraggio, per modi gentili
e per un valore tanto grande e profondo
era famoso in tutte le parti del mondo;

199
ed avendo anche saputo che era adesso cristiano,
tutti con volti felici e sereni
si avvicinano a lui: c’è chi gli tocca la mano,
chi lo bacia, e chi lo stringe e lo abbraccia.
Più di tutti gli altri, Rinaldo, signore di Montalbano,
fa di tutto per accarezzarlo e per rendergli onore.
Perché lui più degli altri, io lo lascio
per il prossimo canto, se lo vorrete ascoltare.