Introduzione allo ZIBALDONE DI PENSIERI di Giacomo Leopardi

Il titolo e la struttura. Noto semplicemente come Zibaldone, reca il titolo che Giacomo Leopardi stesso gli aveva assegnato nel 1827, quando aveva redatto l’indice di questo poderoso manoscritto. Per zibaldone si intende un insieme disomogeneo di cose, senza ordine, per cui Leopardi avrà voluto sottolineare la non sistematicità dei pensieri che annotava quasi quotidianamente dal luglio del 1817 al dicembre del 1832. Lo scopo della sua composizione non era la pubblicazione, infatti per la prima edizione bisogna attendere il 1898, quando una commissione guidata da Giosue Carducci ne curò l’uscita.

I generi letterari. Nello Zibaldone si susseguono note, appunti, ricordi, divagazioni… che implicano una grande varietà letteraria: sulle sue pagine si passa senza mediazione dal saggio letterario alla dissertazione linguistica, dal trattato filosofico allo scritto autobiografico. Questo fa sì che il libro diventi, da un lato, una sorta di diario di bordo dal valore documentario che accompagna lo sviluppo del pensiero leopardiano, dall’altro un eccezionale pastiche letterario in cui si incontrano vari generi e stili. Poiché si tratta di un’opera non destinata alla stampa Leopardi adotta una lingua immediata che tuttavia conserva una naturale qualità: non mancano citazioni dotte, ma il tutto si tiene grazie a una lingua fresca e brillante.
Sul piano dei contenuti, il libro è per certi versi l’anello di congiunzione tra la poesia e il pensiero, la lirica e la filosofia: d’altronde nello Zibaldone sono annotati fondamentali appunti di poetica e analisi a posteriori di liriche che rendono inevitabile il dialogo tra i due assi portanti dell’opera leopardiana. È ancor più interessante notare la forte intertestualità che corre tra lo Zibaldone e le liriche: alcuni passi e immagini del primo sono infatti ripresi in forma poetica talvolta quasi alla lettera, a testimonianza dello stretto rapporto che si instaura in Leopardi tra il pensiero razionale e l’urgenza lirica.

Un percorso filosofico. Di solito lo Zibaldone viene letto come un percorso filosofico, all’interno del quale si distinguono le varie fasi del pensiero leopardiano e, di conseguenza, gli atteggiamenti dell’autore dinanzi alla poesia. È sulle pagine dello Zibaldone che Leopardi espone le proprie teorie del piacere, sulla visione, del vago e indefinito, della rimembranza… Sempre all’interno dello Zibaldone si possono cogliere le varie “svolte” del pensiero leopardiano, in merito al rapporto dell’uomo con la natura (da “benigna” e protettiva a “matrigna”), all’infelicità (che viene vista prima come conseguenza di un certo periodo storico-sociale e in seguito come connaturata all’uomo). Al contempo si seguono i passi mossi da Leopardi in direzione del meccanicismo, sulla base del pensiero sensista che permeava già le riflessioni del poeta recanatese: l’idea di una natura senza scopo e l’attestazione di ateismo implicano il rifiuto di ogni consolazione religiosa e l’impossibilità di conseguire la felicità.