LA COSCIENZA DI ZENO di Italo Svevo | Riassunto, analisi e commento

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Trama:
Convinto dal Dottor S. che lo ha in cura, il protagonista del romanzo Zeno Cosini inizia a scrivere una autobiografia ripercorrendo con la memoria gli episodi più importanti della propria vita. Lo scopo del professore è quello di riuscire a conoscere più approfonditamente l’inconscio del suo paziente per arrivare a comprendere finalmente l’origine della sua malattia… ma sarebbe meglio dire della sua presunta malattia.
Dal Dottor S. si viene subito a sapere che la terapia è stata interrotta improvvisamente da Zeno ed è questo avvenimento che ha spinto il professore a pubblicare per vendetta lo scritto lasciatogli dal paziente.

Dopo un breve preambolo in cui il protagonista espone i fallimentari tentativi di rievocare i ricordi della propria infanzia (prima si addormenta, poi vede immagini bizzarre come quella di una locomotiva che sbuffando trascina innumerevoli vagoni ed infine vede realmente un bimbo in fasce ma si rendere subito conto che si tratta di suo nipote nato di recente), inizia la biografia vera e propria che parte dal primo grande capitolo della vita di Zeno Cosini: il fumo. Zeno ha da sempre avuto una dipendenza maniacale dalle sigarette che ha origine sin dalla sua tenere età. A questo vizio è da sempre seguita una altra vera e propria ossessione: la necessità di commemorare con una ultima sigaretta eventi, decisioni ma anche solo semplici date ritenute degne di tale onore. Il protagonista ipotizza, senza grande convinzione, che la sigaretta sia da sempre servita come scusa per la propria incapacità (evidenziata ad esempio dai suoi continui cambi di facoltà: da legge a chimica ed infine nuovamente a legge): chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? La malattia dell’ultima sigaretta viene invece ironicamente giustificata dal valore dell’atteggiamento forte e risoluto che l’ha sempre accompagnata e non è mai venuto meno: ma dove va l’atteggiamento se si tiene la promessa?

Il protagonista ricorda la prima volta che ha fumato, i piccoli furti compiuti ai danni del proprio padre prima dei soldi necessari a comprare le sigarette e poi di mozziconi di sigari, le gare con i propri amici a chi riusciva a fumarne di più nel minore tempo possibile, l’obbligo mai rispettato di evitare il fumo per guarire da un violento mal di gola, gli innumerevoli tentativi di smettere. Zeno Cosini ha infatti da sempre provato in ogni modo ad abbandonare il vizio del fumo. Il suo primo tentativo lo fa affidandosi ad uno specialista chiamato ironicamente Esculapio, come il dio della medicina nella mitologia greca, che si proponeva di guarire le malattie nervose con l’elettricità. Zeno va da lui per le sue difficoltà a digerire e dormire bene ma non riesce nemmeno a convincerlo che la causa di tutto era la nicotina. Si fa poi consigliare da un amico sovrappeso, impegnato in una cura dimagrante molto intensa, di provare a smettere evitando di dare troppa importanza al problema, di evitare di impegnarsi eccessivamente nel raggiungimento del suo obiettivo. Prova a vincerlo poi impegnandosi in una scommessa (chi riesce a stare senza fumare per più tempo) persa subito miseramente con l’amministratore del suo patrimonio, l’Olivi. Infine, su suggerimento della moglie Augusta, si fa anche rinchiudere in una casa di cura di Trieste gestita dal giovane Dottor Muli. Anche quest’ultimo tentativo risulta subito fallimentare: spinto da una crescente gelosia per la moglie (durante la sua prigionia è potenzialmente libera di incontrarsi con lo stesso Dottor Muli) e sentite le difficoltà economiche in cui si trova l’infermiera Giovanna che ha il compito di sorvegliarlo, il protagonista tenta subito di corrompere la donna; riesce con uno stratagemma a farla ubriacare facendo sempre leva sulle sue debolezze e su velate promesse di natura erotica, si fa dare delle sigarette e in ultimo anche scappa dalla clinica per fare ritorno a casa, accolto da una grande ilarità della moglie che già si aspettava questo ennesimo fallimento.

Zeno Cosini dedica il capitolo successivo della sua bigrafia alla tormentata relazione avuta con il proprio padre Silva. I due uomini avevano da sempre avuto problemi a relazionarsi a causa di una profonda differenza di carattere: Zeno era sempre alla ricerca di un proprio miglioramento e male sopportava l’inerzia del padre, perfettamente appagato dal proprio modo di essere; Silva, arricchitosi come commerciante, male sopportava invece la mancanza di praticità e l’incapacità del figlio di costruirsi un futuro; incapacità che aveva avuto la sua più chiara espressione nel ripetuto cambio di facoltà universitaria. Spinto da questo giudizio, il vecchio Cosini fa testamento e lascia tutti i suoi averi in gestione all’amministratore Olivi così da preservare il proprio patrimonio da ogni iniziativa del figlio (che può così permettersi di non lavorare).
La malattia del padre è l’occasione per fare riavvicinare Zeno a Silva, ma anche in questo caso il protagonista riesce a dare mostra di tutta la propria incapacità: quando il padre cerca conforto nella fede si mostra freddo, giudicandola un semplice fenomeno da sottoporre a critica; non comprende subito la gravità della malattia e non chiama quindi subito un medico; al primo attacco di paralisi del padre si lascia andare ad un pianto disperato, sopraffatto dal senso di colpa per non essere mai stato comprensivo nei confronti del genitore, ed è la donna di servizio Maria a dover gestire la situazione; al dottor Coprovich che prende in cura il padre (che respirava come il treno visto in sogno) fa intendere che vorrebbe lasciar morire l’uomo senza provare nessuna cura quando in realtà la sua volontà è quella di non far soffrire il genitore e vuole per questo evitare di farlo tornare lucido (non riuscirà mai a spiegare le proprie ragioni e agli occhi del medico rimarrà quindi sempre un figlio ingrato e crudele); viene infine preso a schiaffi dal padre sul punto di morte dopo un inutile tentativo di tenerlo bloccato con la forza a letto per cercare, su suggerimento dello stesso dottor Coprovich, di facilitare la respirazione dell’ammalato che continuava invece ad alzarsi e ad aggirarsi per la stanza. È quest’ultimo episodio in particolare a sconvolgere Zeno: assiste allo schiaffo l’infermiere Carlo che interpreta e racconta agli altri il gesto come un’ultima punizione del padre contro il figlio.
Se la morte della madre era stata superata abbastanza facilmente dal quindicenne Zeno grazie al supporto della fede e alla convinzione nell’immortalità dell’anima, la morte del padre rappresenta invece per il trentenne Zeno, privo ora del conforto della fede, una vera e propria catastrofe. Il protagonista ha perso il suo riferimento, la persona alla quale doveva mostrare un proprio miglioramento e che quindi dava un senso alla sua vita. Zeno Cosini si sente un uomo finito… è tempo che si trovi nuova compagnia: una moglie.

Zeno Cosini inizia il capitolo dedicato al suo matrimonio presentando Giovanni Malfenti, un abile commerciante conosciuto al palazzo della borsa (il Tergesteo) dove il protagonista era stato mandato dall’Olivi per fare esperienza pratica nel periodo della sua vita in cui, annoiato per la propria stessa inerzia, aveva voluto provare a seguire lui stesso la gestione del proprio patrimonio (esperienza che si concluse con un forte litigio tra i due uomini e l’allontanamento del protagonista). Nonostante Malfenti si sia anche preso una volta gioco di Zeno facendogli acquistare merce deprezzata, l’uomo è visto da Cosini come un secondo padre e tra i due si instaura un forte legame.
La presunta esistenza di amico comune permette a Zeno di essere invitato a casa Malfenti, dove fa la conoscenza della moglie di Giovanni e delle loro quattro figlie, famose per la loro particolare bellezze e per avere tutte un nome che inizia con lettera A: Alberta, ritenuta subito tutt’altro che bella dal protagonista; Anna, troppo piccola per diventare sua moglie; Alberta e Ada, decisamente in linea con le aspettative. Tutte le simpatie di Cosini vanno subito a quest’ultima e l’uomo inizia così a frequentare assiduamente la casa dell’amico intrattenendo ogni giorno le donne con nuovi racconti inverosimili, che puntano a provocare ilarità, e con improbabili esibizioni al violino.

Zeno si innamora perdutamente di Ada ma è invece più che chiaro che questa non ne vuole sapere di lui: inizia a non farsi più trovare quando lui è in visita. Improvvisamente, un giorno (proprio il 5 Maggio, anniversario della morte di Napoleone), dopo che in precedenza Zeno si è spinto fino a quasi baciare la mano dell’amata, il protagonista viene accolto dalla sola signora Malfenti che gli chiede di rimanere lontano dalla loro casa per cinque giorni per evitare di compromettere Augusta con tutti i suoi complimenti. Il messaggio è chiaro, la famiglia vuol che lui sposi quest’ultima, ma lui non riesce proprio a darsi pace e decide comunque di tornare alla carica con Ada. Si fa trovare per caso lungo la via percorsa solitamente dalle donne Malfenti di ritorno da messa e viene a scoprire che la sua amata sta frequentando un giovane di bellissimo aspetto e virtuoso del violino, Guido Speier. Il nuovo arrivato è anche un esperto di spiritismo e Zeno viene invitato quella sera stessa a partecipare ad una seduta. Succede di tutto: Zeno arriva che la seduta è già iniziata e nell’oscurità crede di sedersi di fianco ad Ada, le dichiara il suo amore ma scopre poi che si tratta di Augusta; inizia a muovere il tavolino facendo credere che Guido (facendolo sbiancare e rischiare di perdere i sensi) si sia messo in contatto con un suo parente che gli sta dando presagi negativi sull’attività commerciale che vuole iniziare; critica il modo in cui il giovane esegue un’opera di Bach che aveva invece commosso tutti i presenti; ma soprattutto dichiara il proprio amore ad Ada e la chiede in moglie, ricevuto il rifiuto gira la domanda ad Alberta e ricevuto un secondo rifiuto rigira la domanda ad Augusta che accetta. Zeno si è fidanzato ufficialmente. Il protagonista porta ancora i segni di quella sera: durante la cena, affranto da una caricatura realizzata da Guido che evidenzia la sua sbadataggine, Cosini è colto da un forte dolore all’anca di origine nervosa che non lo abbandonerà più.

La serata termina con una passeggiata serale di Zeno e Guido: quest’ultimo sente di potersi fidare e confida al nuovo amico di voler chiedere la mano di Ada (nonostante critichi poi di continuo tutto il genere femminile); il protagonista è invece quasi vinto dal desiderio di uccidere il compagno, spingendolo giù da un muretto dove si era sdraiato. È quella sera stessa che Cosini, comprate delle medicine per il dolore all’anca, inizia la sua dipendenza dai farmaci.
Dopo il fidanzamento tra Zeno e Augusta si ha anche quello tra Guido ed Ada e le due coppie iniziano così a frequentarsi quotidianamente, facendo crescere l’amicizia tra i due uomini.

Arriva il giorno del matrimonio. Il protagonista è sul punto di rinunciare ma viene a salvarlo Guido ed è il matrimonio stesso a togliere Cosini dalla situazione in cui si è cacciato: “una volta sposati non si discute più d’amore”. Non deve più temere di non amare Augusta.

Nel capitolo della biografia dedicata alle due donne della sua vita, la moglie e l’amante, Zeno inizia raccontando l’evoluzione del suo matrimonio. Se Augusta confessa di averlo amato prima ancora di averlo conosciuto, grazie ai racconti su di lui sentiti dal padre, il protagonista l’ha di fatto sposata solo per la paura di essere costretto ad abbandonare casa Malfenti, ma con il passare del tempo si rende conto che nasce in lui un amore profondo per la donna. Cosini ammira l’indistruttibile salute (non si ammala mai), praticità (non smetterà mai di riarredargli casa) e positività della donna e anche l’enorme affetto nei suoi confronti che gli garantisce gesti e parole consolatrici (povero Cosini) ad ogni necessità (anche per i tormenti del tradimento). La moglie è la cura alle sue paure (viene preso dal terrore di invecchiare e morire) ed insicurezze (teme che una volta morto la donna troverà subito un altro uomo più degno di lui). Anche l’eccessiva apprensione di Augusta è un bene per lui: se lui salta un pranzo per stare lontano da casa, lei lo salta a sua volta ed al suo ritorno si fa trovare bianca e smorta in viso. Il protagonista inizia a imporsi delle regole.

Zeno cova però in seno la sua irrequietezza. Quando una suo amico Enrico Copler (malato e destinato in breve alla morte e con il quale discute spesso delle differenze tra malattia immaginaria, la sua, e reale, dell’amico) lo coinvolge in una opera di carità verso la famiglia di una giovane e bella ragazza di nome Carla, promessa del canto, il protagonista coglie l’occasione per liberare la propria natura. Comincia a frequentare la casa della ragazza con la scusa di volerla supportare nello studio del canto, ma il suo è un desiderio tutto carnale. La morte dell’amico, unico tramite tra Carla e la famiglia Cosini, è il via libera per proseguire nei propri piani di farne la propria amante.

Zeno è inizialmente tormentato dal rapporto che sta costruendo con la ragazza, basato sulla menzogna: racconta a Carla di come è arrivato a sposare Augusta ma non le dice che ora in realtà la ama e in questo modo sente di fare un torto ad entrambe le donne. Con il passare del tempo vede invece la situazione come di aiuto al suo matrimonio: la mattina si sveglia e corre da Carla a sfogare la propria passione per poi scappare letteralmente a casa dall’amata moglie con il forte proponimento di lasciare la sua amante. Carla dal canto suo accetta di essere la sua amante perché vede il lui il suo salvatore e perché, credendo alla menzogna di Zeno, pensa di non fare nessun torto alla moglie.

La relazione con Carla prosegue ciclica tra incontri passionali e successive fughe fintanto che due avvenimenti apparentemente di poco conto non ne decretano la fine: il giorno in cui la ragazza riesce finalmente a convincere Zeno di fare due passi insieme all’aperto lui, affiancato da un amico, non esita a rinnegarla presentandola freddamente come una amica di sua moglie; volendo soddisfare il desiderio di Carla di vedere sua moglie, lui le fa incontrare Ada (per evitare colpi di testa della ragazza, sicuro che la donna non lo avrebbe nel caso mai detto a suo moglie, e anche per convincerla di quanto lui l’amava mostrandole quanto era bella la donna a cui rinunciava) che però si mostra triste e la ragazza si convince così che la donna sa tutto del tradimento.

Risentita e dispiaciuta dai due avvenimenti, Carla prende la decisione di non voler più partecipare al tradimento della moglie di Zeno e accetta la proposta di matrimonio di Vittorio Lali, il giovane e bel maestro di canto che lo stesso protagonista le aveva trovato. Cosini è sconvolto, non accetta di perdere la propria amante, sebbene avesse sempre avuto fissa l’idea di abbandonarla (rimangiandosi giorno dopo giorno la menzogna iniziale e facendo quindi capire alla ragazza quanto amava la moglie) e avesse avuto lui stesso pensato a spingerla tra le braccia dell’altro. Tutti i tentativi del protagonista di ricucire la relazione risultano però sempre maldestri e fallimentari ed è quindi infine inevitabile l’allontanamento di Zeno. L’uomo, spinto dal desiderio di un ultimo abbraccio (che gli viene rifiutato), paragonabile al desiderio suo solito di una ultima sigaretta, finisce per andare a letto con una prostituta. E’ una situazione però insostenibile e Cosini si propone di trovare al più presto una nuova amante, sebbene in cuore suo sappia che non esiste al mondo un’altra Carla.

Il penultimo capitolo della biografia è dedicata all’associazione commerciale avviata da Guido, ora marito di Ada, e alla quale partecipa anche Zeno. Guido invita il protagonista a partecipare senza nessun impegno: c’è una scrivania che lo aspetta tutte le volte che ne abbia voglia. Cosini accetta volentieri perché vede finalmente la sua occasione di crescere nel commercio (modestia a parte) insegnando all’amico tutto ciò che lui aveva appreso nei giorni in cui aveva provato ad affiancare gli Olivi padre e figlio nella gestione del proprio patrimonio: tanti a questo mondo apprendono soltanto ascoltando se stessi o almeno non apprendere ascoltando gli altri

Il giudizio di Zeno sulle capacità di Guido è davvero impietoso: a Guido si sarebbe adattata una parola che hanno i Greci: astuto imbecille. Veramente astuto, ma anche veramente scimunito. era pieno di accortezze che non servivano ad altro che ad ungere il piano inclinato sul quale scivolava sempre più giù ed anche una strana avarizia era il principale difetto di Guido che fuori degli affari era tanto generoso. Quando un affare si dimostrava buono, egli lo liquidava frettolosamente, avido d’incassare il piccolo utile che gliene derivava. quando invece si trovava involto in un affare sfavorevole, non si decideva mai ad uscirne pur di rimandare il momento in cui doveva toccare la propria tasca. Per questo io credo che sue perdite siene state sempre rilevanti e i suoi utili piccoli. Il marito di Ada si mostra infatti da subito un totale incapace, totalmente inadatto al commercio: si perde in mille valutazioni e ragionamenti su ogni occasione di guadagno e finisce sempre per lasciarsela scappare, quando l’affare è in negativo non interviene mai subito e finisce per perdere somme ingenti (è il caso dell’affare del solfato di rame: ne acquista una enorme quantità praticamente senza accorgersene e lascia andare il malaffare oltre ogni logica).

All’attività commerciale partecipano anche Luciano, un ragazzo assunto come galoppino che saprà poi diventare un commerciante di successo (unico del gruppo che sarà capace di combinare veri affari), e Carmen, una bellissima ragazza priva di ogni altra qualità che fa subito invaghire Guido.

Nel frattempo la salute di Ada inizia lentamente a peggiorare fino a che la donna non si ammala del morbo di Basedow, che la sfigura divorandone l’originaria bellezza. La causa prima del suo male è il continuo stato di apprensione in cui la tiene il marito: ai cattivi affari si aggiungono lunghe assenze per battute di caccia e pesca e la presenza fissa della bella Carmen che, anche se non verrà mai confessato, è per certo divenuta la sua amante. Ada inizia ad affidarsi a Zeno, chiede il suo supporto in tutte le attività di Guido ed è questo il momento di riscatto del protagonista: tutte le donne Malfenti lo guardano come al migliore uomo della famiglia (Giovanni è intanto morto).

Il risultato del primo anno di attività è disastroso: Guido è riuscito a perdere metà del capitale. Per coprire la perdita l’uomo simula un suicidio per riuscire a convincere Ada a partecipare economicamente. L’inganno riesce ma il secondo anno va ancora peggio perché Guido si fa prendere dal gioco in borsa e dopo un periodo iniziale favorevole va in negativo perdendo in poco tempo il doppio del proprio patrimonio.

Tutta la famiglia aveva sopportato ed anzi incalzato il nuovo vizio di Guido, guidata dall’esperienza di successo avuto da Giovanni in borsa. Zeno e la moglie Augusta sono gli unici a preoccuparsi per la situazione e sono anche gli unici a proporsi di aiutare l’uomo. Guido è addirittura costretto ad una nuova simulazione di suicidio per riuscire a convincere la moglie a dargli i suoi soldi, ma questa volta va davvero tutto storto: una serie di imprevisti (piove a dirotto, i dottori sono difficilmente rintracciabili..) e anche la poca convinzione di Ada stessa nella veridicità de gesto del marito, causano infine veramente la morte dell’uomo.
L’unico a prendere a cuore la sorte di Guido è Zeno: grazie all’aiuto di Nilini, un agente di borsa che aveva lavorato per il morto, mal sopportato da Zeno ma che invece dal suo canto considera il protagonista come un suo migliore amico, aiuta Cosini a recuperare tre quarti della perdita, a salvare quindi metà del capitale e ad evitare la liquidazione. Ma questa attività impegna Zeno così tanto che non fa nemmeno in tempo a partecipare al funerale dell’amico.

Nonostante il gesto che è stata la causa della sua assenza, il giudizio di Ada nei suoi confronti torna ad essere impietoso: l’assenza è l’ennesima conferma della gelosia di Zeno nei confronti di Guido, del fatto che nemmeno lui è mai stato capace di stargli vicino e di amarlo, del fatto che ha sempre agito contro il defunto spinto dal rancore (è Guido ad avere sposato la donna che lui amava tanto). Dopo un duro sfogo al quale Zeno non riesce a controbattere, Ada parte con i figli per l’Argentina dove l’attendono i suoceri ed esce così dalla vita di Zeno.

In coda alla biografia, nell’ultimo capito del romanzo, Zeno allega un diario con le sue ultime considerazioni. Spiega innanzitutto perché ha deciso di abbandonare la cura presso il dottor S. che la sua malattia l’ha anche identificata nel complesso di Edipo: avevo amata mia madre e avrei voluto ammazzare mio padre. Il protagonista è più che convinto che il professore si sia sbagliato e attribuisce questo a un grossolano errore di base: la diagnosi è fondata sulle sue confessione, ma queste sono state fatte in una lingua che Zeno non padroneggia, l’italiano, e quindi adattate al meglio ad uno scarso vocabolario: come raccontiamo con predilezione tutte le cose per le quali abbiamo pronta la frase e come evitiamo quelle che ci obbligherebbero di ricorrere al vocabolario. Le sue confessioni non possono che essere falsate.
Le immagini della sua infanzia rievocate durante le sedute sono inoltre solo frammenti, scheletri d’immagini e quindi in sé prive di significato e di veridicità. Ricorda ad esempio un giorno in cui era dovuto andare a scuola mentre il fratello più piccolo era rimasto a casa. Nella rievocazione è invidioso del fratello che poteva evitare la sua condanna, ma riflettendoci si ricorda che la realtà era totalmente diversa: ad essere geloso era suo fratello che in ogni caso, essendo più giovane di un solo anno, a scuola ci era andato. Resosi conto di questa situazione, Zeno inizia ad inventare immagini del passato ma si pentirà poi di non riuscire più ad averne di spontanee (seppure falsate).

Secondo il dottor S. il vizio del fumo è da attribuire ad una accesa competizione con il proprio padre. Morto l’uomo, il protagonista l’aveva sostituito con Giovanni Malfenti continuando ad attuare il suo odio verso la nuova figura paterna sfregiandone la casa con il tradimento della moglie e provando a sedurre le sue altre figlie. La considerazione di Cosini su questa opinione del professore è impietosa: credo però ch’egli sia il solo a questo mondo il quale sentendo che volevo andare a letto con due bellissime donne si domanda: vediamo perché costui vuole andare a letto con esse

Zeno Cosini smonta quindi completamente il metodo della psicoanalisi ed arriva a preferirgli anche una semplice analisi delle urine fatta dal dottor Paoli, medico curante della famiglia Malfenti. Sente addirittura di essere peggiorato a causa del dottor S. e si pone l’obiettivo di guarire dalla psicoanalisi.

Il periodo storico in sui il protagonista scrive le ultime pagine del diario è quello della prima guerra mondiale. Il triste evento tocca anche Zeno che durante un soggiorno di vacanza con la famiglia a Lucinico viene separato dalla sua famiglia. La guerra è lo spunto per una ultima considerazione sulla propria e sulla malattia del mondo.

Zeno non solo si dichiara totalmente guarito ma ammette che in realtà malato non lo è mai nemmeno stato. Prende consapevolezza del fatto che la vita è sì dolorosa ma questo dolore non è da confondere con la malattia dell’uomo. La prova del proprio vigore Cosini la ha dal commercio a cui si dedica finalmente con successo. Zeno comprende come sia facile scorgere la malattia nella vita e per questo giustifica anche il professore. La vita dell’uomo è inquinata fino alle radici. L’uomo si è messo al posto della natura infrangendo le sue regole. Non ha possibilità di progresso del proprio organismo e non può aspirare alla salute. Si lancia nell’inventare nuove armi con il rischio di arrivare ad una fine catastrofica:
ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie

Commento e analisi:
La struttura: l’autobiografia e l’impianto diaristico. Il salto decisivo verso un romanzo di respiro europeo e profondamente nuovo, calato nel clima dei primi due decenni del Novecento, è dovuto proprio a un impianto non canonico, che ha rigettato del tutto l’intreccio e la fabula tradizionali, ha abolito la consequenzialità logica e cronologica degli eventi, ha frantumato la trama e ha fondato la narrazione su un relativismo radicale e un basamento inafferrabile che si disfano una volta per tutte dell’onniscienza ottocentesca. La coscienza di Zeno è un prototipo dell’antiromanzo novecentesco che rispecchia fedelmente la crisi di coscienza del nuovo secolo, la perdita di parametri interpretativi della realtà, la sfiducia in ogni oggettività. Il romanzo è una particolarissima autobiografia del personaggio, Zeno, che non intende dare un’immagine chiara e per quanto possibile oggettiva di sé, ma scrive le proprie memorie in un diario che ha la sola funzione di servire come strumento di interpretazione in vista della terapia psicanalitica cui Zeno si è sottoposto. Zeno è sollecitato in questa impresa dal Dottor S., l’analista che lo tiene in cura, un seguace delle nuove dottrine freudiane. Secondo il Dottor S., il diario è uno strumento utile per far riemergere i ricordi e porre le basi per le successive sedute di psicanalisi.

Un romanzo analitico. Gli otto capitoli in cui è suddiviso sono costituiti da una prefazione affidata al Dottor S. – in cui il dottore spiega il motivo per cui ha deciso di pubblicare queste memorie, cioè una sorta di vendetta dovuta alla recisa decisione di Zeno di abbandonare la cura –, un preambolo di Zeno in cui si espongono i motivi della scrittura dei diari in vista della terapia, i capitoli centrali che rappresentano la narrazione vera e propria, e l’ottavo e conclusivo capitolo in cui Zeno dichiara di sentirsi guarito e decide di sospendere la terapia, prendendo le distanze dalla psicanalisi, a suo parere inutile sia sul piano conoscitivo sia su quello terapeutico. Zeno racconta le sue esperienze in prima persona, fa eccezione la prefazione che, affidata appunto alla penna del Dottor S., funge da cornice. Il libro si configura quindi come un vero e proprio romanzo analitico, in cui tutto viene esposto e interpretato alla luce della psicanalisi.

I temi: la salute, il rapporto col padre, l’amore, il lavoro. I capitoli centrali del romanzo non seguono per tappe la vita di Zeno, ma procedono per argomenti: la salute (nel capitolo III, intitolato Il fumo), il rapporto col padre (nel capitolo IV, intitolato La morte di mio padre), l’amore (nei capitoli V e VI, intitolati La storia del mio matrimonio e La moglie e l’amante), il lavoro (nel capitolo VII, intitolato Storia di un’associazione commerciale). Appare chiaro l’intento dell’autore di realizzare una mappa frammentaria della vita del protagonista, in cui è il lettore a dover ritessere i fili del racconto. Infatti ogni capitolo tratta esclusivamente del tema specifico, da cui emerge pian piano il carattere di Zeno.

Il tempo misto. L’io narrante, uno Zeno ormai sessantenne che fa leva solo sui ricordi, finisce per creare ulteriore ambiguità e confusione anziché provare a mettere ordine nei fatti e nella vita dello Zeno personaggio. Il vecchio Zeno infatti non si limita a raccontare, ma commenta e interpreta accadimenti con un’attendibilità resa ancora più incerta dalle intenzioni del diario. Non bisogna dimenticare infatti che il diario serve all’analista per avere un quadro più preciso della personalità di Zeno: pertanto lo stesso Zeno commenta, ritratta, insiste su alcuni dettagli solo perché influenzato dall’intento iniziale della sua scrittura. Questa continua invasione di campo dello Zeno narratore sullo Zeno personaggio crea un cortocircuito temporale in cui presente e passato talvolta si sovrappongono, gettando ulteriore scompiglio nella già precaria cronologia degli eventi. Sebbene ogni capitolo segua una propria cronologia interna, talvolta i fatti rievocati in un capitolo si intrecciano con eventi esposti in un altro; altre volte alcuni fatti salienti di un capitolo vengono anticipati in uno precedente, tessendo una complessa rete intertestuale. Insomma, il tempo della narrazione è soggetto a fughe in avanti e a marce indietro, seguendo le trame della memoria di Zeno.

La psicanalisi, la malattia. Decisivo per l’interpretazione complessiva del romanzo è il capitolo finale in cui Zeno, tolta la maschera del malato immaginario e dell’inetto intorno a cui ha costruito il personaggio nei precedenti capitoli, si scaglia apertamente contro la psicanalisi, stroncandone il metodo, le capacità interpretative e la validità come terapia. Quel che Zeno (e attraverso lui, Svevo) contesta alla psicanalisi è il principio della confessione che presuppone la sincerità del paziente, non sempre possibile tanto per volontà quanto per una strategia di autoinganni e alibi che il paziente può trovarsi a innescare, cioè esattamente quello che Zeno si è trovato a fare. Zeno sostiene che durante le terapie la sua salute sia peggiorata, mentre dopo la decisione di abbandonare l’analisi sia guarito: in tal senso ripercorre tutta la sua vita, accorgendosi che in fondo l’autoritratto emerso nei diari era viziato dalle richieste del dottore e che in verità non esisteva nessuna malattia edipica, come quest’ultimo voleva far credere. Resta tuttavia fuori dubbio che il motore primo della romanzo sia la psicanalisi, una dottrina con cui inevitabilmente Svevo ha dovuto confrontarsi visti i suoi precedenti romanzi e date le condizioni storiche e geografiche in cui lo scrittore triestino viveva: non è un caso infatti che proprio un triestino, Edoardo Weiss, fondasse la prima società italiana di psicanalisi e che la culla della psicanalisi fosse Vienna, capitale dell’Impero austro-ungarico di cui Trieste faceva parte negli anni immediatamente precedenti alla stesura del romanzo.

L’ironia, le bugie e l’interpretazione dei fatti. La ritrattazione finale di Zeno e la volontà di riscrivere da cima a fondo i diari getta una nuova luce sulla vera interpretazione dei fatti. Dopo tutto, Zeno non è affatto nevrotico e perdente come aveva voluto far credere nei precedenti capitoli: in fondo la sua vita è andata benissimo in ogni campo, dall’amore al lavoro, e se inizialmente le ragioni di questa “vittoria” erano state attribuite al caso, basta ripercorrere i capitoli del romanzo per accorgersi che lo stesso Zeno, nel rievocare i fatti, introduce una buona dose di ironia, prova a portare fuori strada il lettore, sa sorridere con aria superiore delle presunte “sconfitte” che ha patito. Insomma, Zeno non ha fatto altro che imbrogliare le carte fin dal primo rigo, fingendosi nevrotico e inetto, quando invece ha mostrato qualità straordinarie sia nella sfera affettiva che lavorativa. Il ribaltamento, il camuffamento sono altrettante strategie di smascheramento che Svevo ha attuato per porre la psicanalisi alla berlina.