IL BARONE RAMPANTE di Italo Calvino | Riassunto, analisi e commento

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Trama:
Il romanzo Il barone rampante di Italo Calvino narra la particolare vita del Barone Cosimo Piovasco di Rondò attraverso una racconto biografico steso dal fratello di lui, Biagio.
Le straordinarie avventure del protagonista iniziano il giorno 15 giugno 1767 quando, dopo essersi rifiutato di mangiare l’ennesimo mostruoso pasto a base di lumache preparato dalla sadica sorella Battista, abbandona la famiglia e la terra intera per andare a vivere sugli alberi promettendo di non scendere mai più. Le vicende si svolgono ad Ombrosa, un paese immaginario della costa Ligure, che a quel tempo era talmente dominato dalla vegetazione da permettere a Cosimo di attraversarlo tutto fin dove la catena montuosa circostante lo permetteva. Le avventure del protagonista non hanno quindi limiti.

Il giovane Cosimo, a quel tempo dodicenne, intraprende questa forma di protesta per ribellarsi alle convenzioni sociali, al rigore e alle pretese degli uomini.
La sua è una famiglia di nobili in decadenza davvero particolare:
Il padre Arminio Piovasco di Rondò, Barone d’Ombrosa, è ossessionato dall’aspirazione al titolo di Duca e impone a tutti i suoi parenti una dura disciplina, in linea con quella che si aspetta sarà la sua nuova carica.
La madre Corradina ha atteggiamenti autoritari, eredità di una infanzia passata sempre sul campo di battaglia, al seguito del padre Generale.
La sorella Battista è un personaggio davvero stravagante: costretta a vivere da monaca dopo essere stata scoperta a molestare un giovane Marchese, sfoga in cucina tutta la sua frustrazione preparando piatti raccapriccianti a base animali decisamente insoliti che è lei stessa a cacciare.
Lo zio Cavalier Avvocato Enea Silvio Carrega, fratello acquisito del padre Arminio, è un uomo schivo dal passato oscuro. Incaricato di amministrare i poderi del Barone è in realtà interessato solo all’idraulica e all’apicultura.
Fauchelafleur, l’abate incaricato di educare i giovani Cosimo e Biagio, è un vecchietto raggrinzito e sciupato, incapace di mantenere viva la propria attenzione per più di qualche minuto.
L’unica persona che può dirsi veramente equilibrata è Biagio, fratello del protagonista e quattro anni più giovane di lui. Non partecipa alla protesta di Cosimo ma ne condivide le motivazioni. Viene per questo inizialmente visto come un traditore, ma rimarrà invece sempre al fianco del protagonista.

Una volta salito sugli alberi per protesta, Cosimo inizia subito la sua esplorazione del golfo di Ombrosa partendo dai giardini della villa dei ricchi vicini, i Marchesi D’Ondariva, che per lui rappresenta un luogo magico per tutta la strana vegetazione che li popola. Il protagonista fa così subito la conoscenza di Viola D’Ondariva, una giovane tanto graziosa quanto dispettosa che è solita supportare le scorribande della banda dei ladri di frutti. Nonostante la giovane età, Cosimo si sente attratto dalla ragazza e l’attenzione sembra essere proprio ricambiata. E’ a Viola che il protagonista dichiara apertamente di non voler più scendere dagli alberi ed è a lei che dedica anche la sua prima preda di caccia, un feroce gatto selvatico che finirà per diventare un suo copricapo. Ma quando raggiunge la villa dei D’Ondariva per mostrare il proprio premio, il giovane assiste alla partenza dei Marchesi, che abbandonano Ombrosa lasciandosi dietro un cucciolo di cane bassotto che Cosimo prende come proprio compagno d’avventura dandogli il nome Ottimo Massimo.

Se inizialmente il passaggio di Cosimo sull’alto degli alberi, sopra le loro teste, sorprende tutti gli abitanti d’Ombrosa, in breve tempo la gente inizia a farci l’abitudine e a considerarlo un atteggiamento normale. Gli stessi familiari del ragazzo, dopo alcuni tentativi fallimentari di catturarlo (Enea Silvio Carrega conduce una spedizione con scale nel giardino dei Marchesi D’Ondariva; Battista invischia un albero per farlo rimanere appiccicato), smettono di sperare che il gesto di protesta sia solo una follia temporanea e che prima o poi il ragazzo farà ritorno tra loro. L’ultimo a perdere la speranza sarà il padre Arminio, che fino all’ultimo spererà di poter avere una degna successione.
Cosimo non smetterà comunque mai di partecipare alla vita famigliare, seppur meno di frequente e sempre dal ramo più vicino alla finestra della stanza in cui sono raccolti i suoi cari.

Dopo un primo periodo, quando ancora Viola non è partita, passato a supportare anch’egli la banda dei ladri di frutta aiutandoli a trovare le migliori vie di fuga lungo i rami, Cosimo inizia a dedicare il proprio tempo a perfezionare la sua nuova condizione di vita per non cercare di non farsi mancare le comodità che aveva a terra. Comincia inoltre a seguire le attività agricole e artigianali degli abitanti di Ombrosa apprendendo più di un’arte, oltre a quella della caccia, e riuscendo anche ad ottenere quanto gli è necessario a sopravvivere in cambio di piccoli aiuti.

Sugli alberi riprende anche la propria educazione in compagnia dell’abate Fauchelafleur e inizia così a dedicarsi intensamente alla letteratura, avviando una fitta corrispondenza con i maggiori letterati e le migliori menti d’Europa. La passione del giovane per la letteratura sarà però letale per l’abate: a causa dei libri fatti acquistare dal protagonista, tra i scomunicati d’europa, l’anziano uomo verrà arrestato e morirà in carcere.
La fine del Cavalier Avvocato Enea Silvio Carrega è anche peggiore: una sera Cosimo scopre che l’uomo è una spia al servizio dei pirati, forse con l’obiettivo di poter, in cambio del servizio, ricongiungersi un giorno a Zaira, una donna che era stato costretto a lasciare nei paesi d’oriente quando era stato venduto come schiavo. Dopo una feroce battaglia, i pirati vengono sconfitti e messi in fuga. Lo zio viene decapitato e buttato in mare.

Tra le numerosa altre avventure a cui Cosimo partecipa c’è anche l’organizzazione di una squadra antincendio a protezione della valle e l’amicizia con il temutissimo capo dei briganti, Gian dei Brughi, che in realtà si mostra essere un criminale oramai totalmente in declino, interessato solamente alla lettura dei libri che gli vengono forniti dal giovane Barone. Divenuto oramai un personaggio scomodo, Gian dei Brughi verrà tradito dai compagni e finirà impiccato.

Cosimo viene avviato alla vita amorosa nel paese vicino di Olivabassa, dove conosce Ursula, figlia di nobili spagnoli costretti a vivere a loro volta sugli alberi a causa di un bando che non solo li aveva costretti ad abbandonare la Spagna ma gli proibisce inoltre di metter piede su quei territori. Revocato il bando la giovane ritorna in patria e il giovane protagonista inizia a sfogare la propria passione con numerose donne. Le leggende si rincorrono e Cosimo inizia ad essere ritenuto responsabile di molte nuove gravidanze.

Nel frattempo la sorella Battista si sposa con un Conte, il padre Arminio piovasco muore, seguito poco dopo dalla moglie Corradina, e Cosimo viene ufficialmente investito del titolo di Barone. Tutta la gestione degli affari di famiglia rimane nelle mani di Biagio; il protagonista chiede solo di poter avere a disposizione una piccola rendita.

Una punto di svolta nella vita di Cosimo sarà il ritorno ad Ombrosa di Viola. Un giorno il bassotto Ottimo Massimo inizia inspiegabilmente una corsa senza meta che termina infine ai bordi estremi di una immensa radura. Il giovane Barone, dopo giorni passati ad aspettare ai limiti del bosco, vede infine arrivare una donna a cavallo che riconoscere essere l’antica amica. Dopo una matrimonio di interesse con un uomo molto più anziano voluto per capriccio, Viola ritorna da vedova in paese per tornare ad occupare la villa dei genitori. I due ragazzi, rincontrandosi, vengono subito travolti da una passione amorosa molto forte e altrettanto instabile. Entrambi sono alla ricerca di qualcosa di indefinito e non riescono così mai a soddisfare completamente il loro bisogno d’amore. Alla fine, stancatasi della situazione, dopo aver provocato l’amante utilizzando due altri spasimanti, Viola lascerà nuovamente e questa volta per sempre Ombrosa per sposare un Lord e stabilirsi a Calcutta, tenendo sempre Cosimo nei propri pensieri.
Il giovane Barone dal canto suo viene totalmente travolto e sopraffatto dal dispiacere per la perdita della persona amata. E’ ora chiaro che non solo si è ammattito, ma si è purtroppo anche rimbecillito. Si comporta in modo strano, parla usando un mix incomprensibile di lingue straniere ed inizia a scrivere trattati su una società che vive esclusivamente sugli alberi.
Cosimo inizia a vivere sempre più in disparte e la sua voglia di avventura inizia a venire meno. Nella seconda fase della sua vita troverà comunque il tempo di aiutare gli abitanti di Ombrosa a cacciare i lupi dalle loro terre, prendere parte a diverse associazioni segrete, partecipare ad una rivolta popolare contro le tasse sui raccolti e avere anche un ruolo attivo nella guerra tra gli Austro-sardi e i Francesi che terminerà con la vittoria di questi ultimi. Lo stesso Napoleone passerà poi da Ombrosa per incontrare di persona il patriota in cima agli alberi.

Il tempo passa e Cosimo è oramai un vecchietto che passa le sue giornate su un albero della piazza centrale di Ombrosa a mendicare del cibo. Il fratello Biagio fa in modo di non fargli mancare nulla e nell’ultimo momento di vita fa salire sull’albero anche un prete. Tutti si aspettano di rivedere a terra il Barone, se non altro da morto, ma il protagonista sorprende tutti una volta ancora: dopo essersi arrampicato fino in cima all’albero, si aggrappa alla fune dell’ancora di una mongolfiera che passa proprio in quel momento sopra al paese. Nessuno sa dove sia andato a morire ma si pensa che si sia lasciato cadere in mare, fedele alla sua promessa di non mettere più piede sulla terra.

Così scomparve Cosimo, e non ci diede neppure la soddisfazione di vederlo tornare sulla terra da morto. Nella tomba di famiglia c’è una stele che lo ricorda con scritto: «Cosimo Piovasco di Rondò – Visse sugli alberi – Amò sempre la terra – Salì in cielo».

Commento e analisi:
Un uomo del nostro tempo. Cosimo, il barone rampante del racconto, è infatti un uomo che va al di là della sua collocazione storica (le vicende si svolgono alla fine del Settecento, nell’età illuminista, attraversano la Rivoluzione francese e l’età napoleonica per giungere fino alla Restaurazione) e ha non pochi tratti che l’avvicinano a un uomo del nostro tempo. Dopo un diverbio con il padre, Cosimo si arrampica su un albero con il proposito di non scendervi mai più. Il suo è un rifiuto non tanto della realtà, quanto di un sistema sociale e di pensiero. In altre parole il suo è un gesto dal significato politico. Rifiutandosi di far parte di quel mondo, Cosimo rifiuta il sistema feudale, il pensiero reazionario e retrogrado, incarnato dal padre. Tuttavia la sua non è una fuga dalla realtà, bensì un modo diverso di stare e di guardare al mondo.

La «distanza necessaria» per comprendere il mondo. Cosimo è animato da una sete di progresso e di scoprire cose nuove, vuole crearsi il proprio mondo, fuori dagli schemi ma sicuramente più adeguato al raggiungimento della felicità, al punto da scrivere un’opera dal chiaro titolo utopico, la Repubblica di arborea, una sorta di mondo alternativo in cui l’uomo cerca di riallacciare il legame con la natura. Per Cosimo infatti la conoscenza e il giudizio sul mondo sono possibili solo se l’osservatore si pone da una prospettiva distaccata: «chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria». Il barone rampante non è affatto un eremita, ma un uomo che partecipa attivamente della vita del suo tempo e della sua comunità, sebbene lo faccia dall’alto di un albero.

Il ruolo dell’intellettuale. Dal suo peculiare osservatorio sul mondo Cosimo riesce persino a guidare una rivolta antifeudale, intrattiene scambi di opinioni con eminenti personalità del pensiero illuminista, tra cui Voltaire e Diderot, si informa delle piccole e grandi rivoluzioni della sua epoca, ferma le truppe austriache, si relaziona costantemente con gli abitanti di Ombrosa, riesce persino ad allacciare relazioni amorose. Cosimo incarna dunque la figura dell’intellettuale che si svincola da ogni potere politico e vive la sua scelta come un gesto estremo di libertà e autonomia. Dietro il suo gesto si scorge una critica alla realtà italiana degli anni in cui fu scritto il romanzo, forse un prendere le distanze dalla figura dell’intellettuale organico auspicato da Gramsci e dall’ingerenza del Partito comunista nelle scelte di natura intellettuale e culturale. Probabilmente Calvino vuole dirci che solo avvalendosi della libertà di pensiero l’intellettuale può avere veramente un ruolo attivo nella società.

Una contaminazione di generi. Il barone rampante non è semplicemente un romanzo che narra la vicenda inverosimile di un uomo stravagante, ma si pone come una summa dei generi narrativi: dal romanzo storico all’apologo, dal romanzo picaresco al racconto filosofico, dal romanzo d’avventura a quello fantastico. È impossibile tracciare l’atlante di riferimenti da cui attinge Calvino, che miscela sapientemente gli ingredienti per ottenere un’opera che sia al contempo avvincente e motivo di riflessione. Il sistema di valori rovesciato fa chiaramente pensare all’utopia; gli scambi con Diderot e Voltaire tradiscono l’ascendente illuminista e introducono nel racconto la trattazione filosofica; alcune straordinarie gesta del protagonista ricalcano le paradossali Avventure del Barone di Münchhausen, che amplificano la componente fantastica del libro; l’ingegno di Cosimo che gli vale la capacità di crearsi dal nulla un proprio luogo abitabile richiama il prototipo del romanzo, Robinson Crusoe. Insomma, l’opera anticipa in parte quella narrativa postmoderna che “gioca” con i generi e di cui lo stesso Calvino sarà un esponente negli anni a venire.