NATALE di Giuseppe Ungaretti | Testo, parafrasi e commento

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Parafrasi:
Non ho voglia
di inoltrarmi
in un intrico di
vicoli affollati

Mi sento molto
stanco

Voglio essere lasciato
come un oggetto
inanimato
e dimenticato
in un angolo

Qui [a casa di un amico]
si sente
solo il caldo confortevole e familiare [e non il freddo e l’alienazione del fronte]

Resto
con le poche nuvole
di fumo
del focolare

Analisi:
La forma e lo stile. Natale è la seconda poesia della sezione Naufragi. I versi brevissimi, distribuiti in cinque strofe, accentuano la disarticolazione del testo, che sembra assumere malinconicamente le forme delle nuvole di fumo, evocate dal poeta nell’ultima strofa.

I temi. La poesia fa parte di un dittico, insieme a Dolina notturna, composto nei giorni di licenza del dicembre 1916, che videro il poeta ospite di Gherardo Marone, intellettuale e amico napoletano. Prima di entrare a far parte dell’Allegria, le due poesie furono pubblicate sulle pagine della rivista “La Diana” per interessamento dello stesso Marone, che ne era il principale animatore. Natale, scritta il 26 dicembre, introduce il tema della sosta e del riposo dal fronte, che rappresentano per il poeta momenti di rasserenamento e di ricongiungimento con se stesso. La poesia si apre tuttavia con una negazione (Non ho voglia; il “non” si ripete anche al v. 16), di ascendenza crepuscolare e palazzeschiana, che si lega al motivo della stanchezza e dell’alienazione: infatti il poeta vuole allontanarsi dal mondo esterno, che avverte come una minaccia alla sua serenità, e godersi la pace rappresentata dal caldo buono del focolare. La stanchezza del poeta adombra una condizione esistenziale più che fisica, dovuta allo choc della guerra e al progressivo smarrimento delle certezze; in essa vi è l’eco dell’altra celebre formula ungarettiana, l’uomo di pena, che compare nella lirica Pellegrinaggio. Il rifugio, espresso dal bisogno di familiarità e di accoglienza, è rappresentato dal focolare e quindi, per metonimia, da una casa, che presumibilmente simboleggia la ricerca di quelle radici e di quell’identità che il poeta sente venir meno. L’allontanamento dal mondo esterno e la necessità del rifugio trovano infatti completamento nella figura del girovago e dello straniero che compariranno nella sezione Girovago.