Italo Calvino

I grandi romanzi:
IL BARONE RAMPANTE
IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO
IL VISCONTE DIMEZZATO
LE CITTA’ INVISIBILI
SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE


Italo CalvinoUn intellettuale a tutto campo. Italo Calvino (Santiago de las Vegas, Cuba, 1923 – Siena 1985) racchiude in un’unica figura le molteplici possibilità dell’intellettuale dello scorso secolo, ruolo che in Italia forse è stato ricoperto, in pari intensità, solo dalla personalità e dall’intelligenza di Pier Paolo Pasolini, il cui carattere e i cui interessi sono tuttavia sostanzialmente diversi da quelli di Calvino. In lui si fondono l’uomo di lettere, il bibliofilo, l’intellettuale impegnato politicamente (Calvino ha militato nelle file del PCI), l’operatore culturale (la sua collaborazione ultradecennale con la casa editrice Einaudi, in vesti di dirigente e di collaboratore esterno, fu decisiva per svecchiare la cultura italiana del dopoguerra, ancora attardata sull’idealismo crociano e irreggimentata dal ventennio fascista). L’importanza del Calvino scrittore risiede nel percorso letterario molto vario, che ha saputo toccare ambiti disparati e spesso lontani dalla letteratura (basti pensare all’interesse dello scrittore per le scienze), coniugandoli con l’attenzione ai problemi del proprio tempo. È sempre presente in lui una fiducia incondizionata nella letteratura e nella sua capacità di interpretare il mondo, fiducia fondata sulle capacità critiche e analitiche dell’uomo-scrittore, che vanta un’incrollabile fede nella ragione.

La vocazione illuminista e la sfida al labirinto. La fede nella ragione, l’atteggiamento nei confronti della letteratura e il ruolo che lo scrittore assegna a quest’ultima nella società fanno di Calvino un erede singolare dei pensatori illuministi, in particolare di Voltaire, alle cui opere sembrano ispirarsi per la spiccata allegoria e per la componente etica degli apologhi fiabesco-filosofici della “trilogia degli antenati”, in particolare Il barone rampante. Al contempo dietro la sua vocazione al racconto filosofico, al dialogo come chiave conoscitiva e rivelatrice, alla curiosità per le scienze e al procedere razionale si intravvede una costellazione di grandi scrittori dei secoli precedenti, che spazia da Lucrezio a Galileo, da Voltaire a Leopardi. Per Calvino la ragione è lo strumento principe che lo scrittore ha a disposizione: questo significa che ci si trova di fronte a uno scrittore di idee oltre che di favole e di racconti fantastici. La ragione è il grimaldello che Calvino uso per entrare nell’intricato mondo dell’uomo, è una chiave interpretativa della realtà oltre che una cifra stilistica: per citare il titolo di uno dei suoi saggi più noti, la letteratura è una “sfida al labirinto”, un modo per mettere ordine nel caos, per arginare il caso che spesso sembra soprintendere all’agire umano e all’evoluzione della società.

I problemi dell’attualità e l’intellettuale progressista. La fede nella ragione si manifesta in modo inequivocabile nei romanzi e racconti “sociali”, che caratterizzano un aspetto – uno dei tanti – del Calvino intellettuale e scrittore. Se la ragione è un formidabile metodo di indagine per far emergere la verità, è inevitabile che questa facoltà venga esercitata da Calvino per gettare luce sui problemi dell’attualità, in particolare dell’Italia del boom economico. Infatti in opere come La nuvola di smog e Marcovaldo, facenti parte a pieno titolo della “letteratura industriale” che caratterizzava in particolare gli anni Cinquanta e Sessanta, Calvino si sofferma con tratti lievi e paradossali sulle contraddizioni della realtà industriale, da un lato in grado di migliorare la vita dell’uomo e di mettersi al suo servizio, dall’altro capace di distruggere la natura e di diventare causa dell’infelicità umana con i suoi meccanismi che imprigionano la vitalità dell’uomo e ne corrodono la libertà. Da questi romanzi emerge la figura dell’intellettuale progressista e impegnato, che si manifesta ancora di più nelle pagine di La giornata d’uno scrutatore, in cui l’ideologia cede pian piano il passo a un’umanità che va oltre i partiti: in esso si intravvede il lento distacco di Calvino dal PCI e la sfiducia in un’ideologia fattasi via via più dogmatica, specie dopo l’occupazione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici nel 1956. Testimonianza dell’impegno “militante” di Calvino a cavallo tra letteratura, cultura e politica è la collaborazione con la rivista “Il menabò” – fondata da Elio Vittorini –, che ebbe un ruolo non secondario nel dibattito culturale di quegli anni.

Il periodo neorealista, la componente fiabesca e il fantastico. I romanzi “sociali” fanno parte di un filone in una certa misura realista, in qualche modo eredi del neorealismo, attraversato da Calvino in modo del tutto nuovo e inconsueto. Il suo esordio narrativo è infatti segnato dall’esperienza partigiana, vissuta da Calvino in prima persona. Il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno ne è una testimonianza, ma all’impianto neorealista Calvino aggiunge una componente fiabesca e avventurosa che ne fa un libro singolare. Più cronachistico e improntato alla narrativa del periodo è invece il romanzo Ultimo viene il corvo, una serie di racconti ispirati alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza. La componente fantastica irrompe senza i vincoli del realismo nella “Trilogia degli antenati”, in cui fiaba, avventura e racconto filosofico si intrecciano e consentono a Calvino di riflettere sul presente e sulla condizione dell’uomo moderno da un’altra prospettiva, quella favolistico-fiabesca appunto. I tre romanzi brevi, Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il cavaliere inesistente, sono ambientati in epoche lontane, ma i rispettivi protagonisti – i nostri antenati – presentano tratti che caratterizzano anche l’uomo del Novecento. Pertanto dietro la facciata fiabesca si nasconde una dimensione allegorica che diventa una chiave di lettura originale della società del secolo scorso.

La letteratura fantascientifica. L’attenzione al fantastico si combina negli anni Sessanta con un’altra grande passione di Calvino, quella per la letteratura fantascientifica. Del resto Calvino è nato in una famiglia in cui l’interesse per le scienze si manifestava già attraverso le professioni dei genitori: agronomo il padre e studiosa di scienze naturali la madre. Del filone fantascientifico fanno parte i racconti delle Cosmicomiche e di Ti con zero, scritti negli anni Sessanta. Con questi libri Calvino riesce a fondere completamente l’aspetto fantastico con quello logico-razionale. Infatti il protagonista dal nome impronunciabile di tutti i racconti, Qfwfq, un individuo senza età e senza corpo, «una voce, un punto di vista, un occhio», osserva e analizza con rigore logico le varie epoche e i vari luoghi dell’universo. Attraverso l’occhio di Qfwfq, Calvino formula ipotesi sulle origini del cosmo e sulla sua organizzazione, ma lo fa con tono leggero e con un’inventiva immaginifica, in grado di trasportare in un clima da science fiction tanto i miti della creazione quanto le situazioni del quotidiano e i fenomeni della modernità, senza che vi sia la minima frizione tra essi. Non a caso il titolo Cosmicomiche rimanda non solo al cosmo, ma anche ai comics americani, ai fumetti, quindi a un genere dallo stile più spigliato e accattivante. Con questo genere di confine, a mezza strada tra il fantascientifico e l’umoristico, Calvino si pone al di fuori della coeva produzione italiana, ancora confinata nel solco del realismo e di una narrativa dell’impegno, aprendo a soluzioni del tutto nuove. A onor del vero le Cosmicomiche recuperano e calano nel nostro tempo l’eredità lasciata da grandi classici della letteratura, come alcuni dialoghi delle Operette morali di Leopardi, la Naturalis historia di Plinio il Vecchio e ancora il De rerum natura di Lucrezio, che trattano anche delle origini del cosmo e della terra, nonché dell’evoluzione dell’uomo.

Il gioco combinatorio e le possibilità della letteratura. Il distacco dal realismo, la fervida fantasia e l’esplorazione di nuove soluzioni, combinati alla sempre maggiore esigenza di simmetria e di un rigore geometrico nella strutturazione dei testi, conducono Calvino inevitabilmente a sposare i criteri narrativi dell’Oulipo parigino. L’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle, “officina di letteratura potenziale”) basa la letteratura sul gioco combinatorio, cioè su una metodica strutturazione del testo che richiama da un lato la casualità e le possibilità delle storie, dei personaggi, delle vicende di combinarsi tra loro e replicarsi all’infinito, dall’altra l’esattezza geometrica, i rapporti simmetrici e numerici, i vincoli formali. Per Calvino questi vincoli rappresentano anche la necessità, come è stato precedentemente accennato, di mettere ordine nel caos, una sorta di ossessione letteraria e culturale per lo scrittore italiano. Le opere che Calvino realizza su queste basi prendono le mosse da storie a cornice tipiche della tradizione occidentale (in particolare I racconti di Canterbury di Chaucer), ma si ispirano anche ai tarocchi, a pagine di letteratura fantastica della tradizione italiana (si pensi all’Orlando furioso che viene “riscritto” nei capitoli finali del Castello dei destini incrociati) o addirittura al Milione di Marco Polo, una delle fonti delle Città invisibili, da molti considerato il capolavoro di Calvino. Questa esigenza narrativa e strutturale porta allo sfaldarsi progressivo dellidea del romanzo, che si compie esemplarmente in Se una notte d’inverno un viaggiatore, una delle sperimentazioni più ardue di Calvino, in linea con alcune ricerche della coeva Neoavanguardia: in un certo senso un libro emblematico dell’impossibilità di mettere ordine al disordine.

All’insegna della leggerezza, della rapidità e dell’esattezza. I cardini della scrittura calviniana sono quelli mirabilmente espressi nelle cinque conferenze delle Lezioni americane (in origine dovevano essere sei, ma la morte improvvisa dell’autore lasciò l’opera incompiuta): leggerezza, rapidità, visibilità, molteplicità ed esattezza. La leggerezza risiede non nell’argomento prescelto, ma nel modo in cui viene trattato; la rapidità si manifesta nella misura delle storie, nella loro stringatezza e compiutezza; la visibilità ha a che fare con l’inventiva dell’autore, nella sua capacità di immaginarsele davanti agli occhi, di dar loro una forma plastica, visiva; la molteplicità è la capacità di combinare fatti, personaggi, storie per rappresentare la complessità del reale; l’esattezza risiede nella capacità di esprimere in modo razionale, piano, non superfluo le storie che l’autore racconta. L’opera doveva avere come sottotitolo Sei proposte per il nuovo millennio, segno che nell’idea di Calvino i temi trattati nelle conferenze avrebbero dovuto rappresentare delle costanti letterarie non soggette alla corrosione da parte del tempo, quindi delle proposte valide per una letteratura futura.