Parafrasi canto 10 (X) del Paradiso di Dante

Parafrasi del Canto X del Paradiso -L’esordio del canto è un inno proemiale che celebra l’ordine dell’universo sotto l’amorosa guida di Dio. In seguito inizia il canto, che si svolge nel cielo del Sole, dove Dante nuovamente sale senza accorgersene. Qui risiedono gli spiriti sapienti che circondano Dante e Beatrice cantando e danzando. Spontaneamente un’anima si offre a soddisfare il desiderio di conoscenza di Dante: è Tommaso d’Aquino, che spiegherà al gradito ospite mortale chi sono le altre anime.

Leggi il testo del canto 10 (X) del Paradiso di Dante


L’eterno ed ineffabile Valore, Dio,
guardando nel suo Figlio assieme allo Spirito Santo
che entrambi eternamente unifica,

tutto ciò che nell’intelletto e nello spazio esiste
creò con tanto ordine, che chi contempla ciò
non può non godere di lui, del Valore divino.

O lettore, alza dunque agli alti cieli rotanti
gli occhi assieme a me, dritto verso quella parte
dove s’incontrano i due moti di rotazione opposti.

E da quel punto comincia a contemplare l’opera
di quel creatore che nella sua mente la ama
tanto da non staccare mai la vista.

Vedi come da quel punto si distacca
il cerchio obliquo dello Zodiaco che sostiene i pianeti,
per soddisfare i bisogni della Terra.

Poiché, se la loro rotta non fosse obliqua,
molte delle virtù celesti non avrebbero effetto, e sulla Terra
ogni qualità potenziale morirebbe senza divenire atto;

e se poi il divergere dello zodiaco dall’equatore
fosse maggiore o minore di com’è, l’ordine universale
sarebbe assai turbato sia in Terra sia in Cielo.

O lettore, ora rimani immerso sul tuo banco,
continuando a pensare a ciò che hai appena gustato,
se vuoi esserne lieto molto prima che stanco.

Ti ho fornito il cibo: ora puoi cibarti da te;
poiché quell’argomento di cui io mi sono fatto scrivano
richiama tutta la mia attenzione.

Il maggior ministro della natura, il Sole,
che infonde sulla Terra gli influssi del cielo
e ne scandisce il tempo con la sua luce,

congiunto con la costellazione dell’Ariete nell’equinozio
di primavera, si muoveva di quel moto a spirale
per cui ogni giorno più presto sorge;

ed io ero con lui; ma non mi accorsi
stessimo salendo, se non come uno si accorge
di un pensiero improvviso prima che sia formulato.

E’ Beatrice quella che mi guida
da un cielo a quello superiore così rapidamente,
che il suo gesto non si misura attraverso il tempo.

Quanto dovevano essere luminose di per sé quelle anime
che si trovavano nel cielo del Sole dove io entrai ora,
non per differenza di colore, ma per una intensità di luce!

Per quanto io chiami a spiegarlo l’ingegno, l’arte e l’esperienza,
non riuscirei a descriverlo in maniera da immaginarlo;
ma ci si può credere e desiderare di vederlo.

E se la nostra immaginazione è insufficiente
per tanta altezza, non c’è da meravigliarsi;
poiché mai l’occhio umano è andato oltre al Sole.

Così luminosa era la cerchia dei beati del quarto cielo
assegnati da Dio, che sempre l’appaga di sé,
mostrandosi come Spirito Santo e come Verbo.

E Beatrice iniziò a parlare: “Ringrazia,
ringrazia Dio che è il Sole degli Angeli, che a questo
cielo ti ha elevato per sua bontà”.

Mai nessun altro uomo mortale fu così disposto
alla devozione e ad affidarsi a Dio
con tutta la sua gratitudine così in fretta,

come feci io davanti a quelle parole;
e così tutto il mio amore si rivolse a Dio
tanto che oscurò Beatrice e finii per dimenticarla.

Non se ne dispiacque; ma ne fu così contenta,
che lo splendore dei suoi occhi ridenti
richiamò in parte a sé la mia mente, dividendola tra lei e Dio.

Io vidi diverse luci intense e vive
disporsi a corona intorno a noi rendendoci il centro,
più dolci nel canto che alla luminose alla vista:

così talvolta vediamo la luna, figlia di Latona,
cingersi di un alone, quando l’aria è tanto carica di vapori,
da trattenere in sé il raggio che forma la cintura luminosa intorno a lei.

Nella corte del cielo, da dove io ritorno,
si trovano molte gemme preziose e belle
tanto da non poterle descrivere né muoverle sulla Terra;

e il canto di quelle anime luminose era una di quelle;
chi non si munisce di ali di virtù per volare lassù
si aspetti i racconti di ciò da un muto.

Dopo che, così cantando, quelle creature luccicanti
ebbero girato intorno a noi tre volte,
con un moto circolare lento come stelle vicine ai poli,

mi apparvero simili a donne che non cessano di ballare,
ma che si arrestano in silenzio, ascoltando
fino a che hanno percepito le nuove note di un’altra melodia;

e sentii cominciare a parlare dall’interno di una luce: “poiché
la luce delle grazie, da dove si accende
il vero amore e che amando poi si accresce,

moltiplicato in te l’amore tanto risplende,
che ti conduce su per i cieli del Paradiso
da dove nessuno scende senza esser prima destinato a salirci;

colui che ti negasse di calmare la tua sete di sapienza
con il vino della sua fiala, non sarebbe in libertà
ma come l’acqua che non riesce a defluire verso il mare.

Tu desideri sapere di quali piante, le anime,
si riempie questa ghirlanda, il cielo, che contempla amorosamente
questa donna bella che ti dà conforto nel salire al cielo.

Io feci parte in vita degli agnelli del santo gregge
dell’ordine dei Predicatori di San Domenico
da dove ben ci si arricchisce spiritualmente se non si vaneggia con cose mondane.

Quest’anima che alla mia destra è più vicina,
mi fece da frate e da maestro, si chiama Alberto
e visse a Colonia, e io sono Tommaso d’Aquino.

Se vuoi conoscere allo stesso modo tutti gli altri,
vieni con lo sguardo dietro alle mie parole
percorrendo il cerchio dei beati.

Quell’altra luce scaturisce dalla letizia
di Francesco Graziano, il quale aiutò con la sua opera
in campo giuridico così che ora è apprezzato anche in Paradiso.

L’altro che dietro illumina la nostra schiera,
fu quel famoso Pietro Lombardo che come la poverella
offrì alla Santa Chiesa tutto ciò che possedeva.

La quinta luce, che tra di noi è la più splendente,
emana un tale amore, che tutto il mondo
giù sulla Terra aspirano a riceverne notizia:

dentro quella fiamma risiede la spiccata mente di Salomone
dove così profondo sapere fu riposto, che se la Bibbia dice il vero
un secondo come lui non nacque mai più.

Dietro vedi la luce di quel luminare, Dionigi l’Aereopagita,
che sulla terra, in carne ed ossa, vide più profondamente
circa la natura e l’ufficio degli angeli.

All’interno dell’altra piccola fiamma splende
quell’avvocato retore cristiano
della cui opera in latino si avvalse sant’Agostino.

Ora, se tu muovi l’occhio dalla mente
da una luce all’altra seguendo i miei elogi,
rimani con la sete di sapere chi sia l’ottava luce.

Dentro a quella luce gode poiché vede ogni bene
l’anima santa di Boezio che rende manifesta
la vanità del mondo terreno a chi studia bene le sue opere:

il corpo dal quale quest’anima fu separata giace
sulla Terra nella basilica in Ciel d’Oro a Pavia; ed essa, l’anima,
arrivò a questa beatitudine dopo il martirio e l’esilio dalla Terra.

Inoltre vedi risplendere l’ardente spirito
d’Isidoro, di Beda e di Riccardo di San Vittore,
che a contemplare Dio fu dotato di virtù sovrumana.

Quest’anima luminosa con la quale si chiude il cerchio,
è il lume di uno spirito che immerso nei pensieri
inquietanti ritenne la morte tarda a venire:

essa è l’eterna luce di Sigieri di Brabante,
che, insegnando nella via della Paglia a Parigi,
dimostrò delle verità che gli procurarono invidia”.

Quindi, come un orologio che ci chiami all’alba
nell’ora in cui la Chiesa, sposa di Dio, si alza a salutare
il suo sposo con la preghiera mattutina chiedendogli di amarla,

e nel quale orologio i vari congegni si tirano e spingano,
tintinnando con un suono così dolce,
che l’anima tesa al bene si riempie di carità;

allo stesso modo vidi io la gloriosa cerchia di anime
muoversi e accordar voce a voce in un’armonia
e in una dolcezza di suoni che non possono esistere

al di fuori del luogo in cui la felicità è eterna.

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