LA GIARA di Luigi Pirandello | Testo e riassunto

Piena anche per gli olivi quell’annata. Piante massaje, cariche l’anno avanti, avevano raffermato tutte, a dispetto della nebbia che le aveva oppresse sul fiorire.
Lo Zirafa, che ne aveva un bel giro nel suo podere delle Quote a Primosole, prevedendo che le cinque giare vecchie di coccio smaltato che aveva in cantina non sarebbero bastate a contener tutto l’olio della nuova raccolta, ne aveva ordinata a tempo una sesta più capace a Santo Stefano di Camastra, dove si fabbricavano: alta a petto d’uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa.
Neanche a dirlo, aveva litigato anche col fornaciajo di là per questa giara. E con chi non l’attaccava Don Lollò Zirafa?

LEVIAMOCI QUESTO PENSIERO di Luigi Pirandello | Testo

Nella camera mortuaria erano raccolti tutti i parenti il padre vecchissimo, le sorelle coi loro mariti, i fratelli con le loro mogli e i figliuoli più grandi; e chi piangeva silenziosamente, col fazzoletto sogli occhi; e chi, scotendo amaramente il capo, appena appena, con gli angoli della bocca contratti in giù, mirava sul letto tra i quattro ceri la povera morta cosparsa di fiori, con un piccolo crocefisso d’argento e la corona del rosario di grani rossi tra le mani dure, livide, composte a forza sul petto.

IL VIAGGIO di Luigi Pirandello | Testo

Da tredici anni Adriana Braggi non usciva più dalla casa antica, silenziosa come una badia, dove giovinetta era entrata sposa. Non la vedevano più nemmeno dietro le vetrate delle finestre i pochi passanti che di tanto in tanto salivano quell’erta via a sdrucciolo e mezza dirupata, così solitaria che l’erba vi cresceva tra i ciottoli a cespugli.

IL FUMO di Luigi Pirandello| Testo

Appena i zolfatari venivan su dal fondo della «buca» col fiato ai denti e le ossa rotte dalla fatica, la prima cosa che cercavano con gli occhi era quel verde là della collina lontana, che chiudeva a ponente l’ampia vallata.
Qua, le coste aride, livide di tufi arsicci, non avevano più da tempo un filo d’erba, sforacchiate dalle zolfare come da tanti enormi formicaj e bruciate tutte dal fumo.

LA MOSCA di Luigi Pirandello | Testo

Trafelati, ansanti, per far piú presto, quando furono sotto il borgo, – su, di qua, coraggio! – s’arrampicarono per la scabra ripa cretosa, ajutandosi anche con le mani – forza! forza! – poiché gli scarponi imbullettati – Dio sacrato! – scivolavano.
Appena s’affacciarono paonazzi sulla ripa, le donne, affollate e vocianti intorno alla fontanella all’uscita del paese, si voltarono tutte a guardare. O non erano i fratelli Tortorici, quei due là? Sì, Neli e Saro Tortorici. Oh poveretti! E perché correvano così?

LA SCELTA di Luigi Pirandello | Testo

Tanto magro, quanto lungo; e più lungo, Dio mio, sarebbe stato, se il busto tutt’a un tratto, quasi stanco di tallir gracile in su, non gli si fosse sotto la nuca curvato in una buona gobbetta, da cui il collo pareva uscisse, penosamente inarcato, come quel d’un pollo, ma con un grosso nottolino protuberante, che gli andava su e giù ogni qual volta deglutiva.

TIROCINIO di Luigi Pirandello| Testo

Da una settimana vedevamo Carlino Sgro per il Corso, per Via Nazionale, per Via Ludovisi, passare in botte, di galoppo, accanto a un enorme mammifero in gonnella. Le lunghe piume nere del cappellaccio, che pareva un nido di corvi, le svolazzavano al vento.
Tutta la gente si fermava a mirare con occhi spalancati, a bocca aperta.
Noi amici, quasi sgomenti, nel vedercelo passar davanti, gli lanciavamo ogni volta un grido affettuoso o lo chiamavamo per nome, tendendogli le braccia; e lui, lui subito si voltava a salutarci con larghi e ripetuti gesti, che ci pareva invocassero disperatamente ajuto.

ROMOLO di Luigi Pirandello | Testo

Nelle società così dette civili. o dette anche storiche, la leggenda – si sa – non può piú nascere. Potrebbe nascere, e spesso anche nasce, ma umile, e striscia timida tra il popolino: lumachella che ha gli occhi nelle corna e subito li ritira tra il bollichìo della vana bava, appena col dito rigido e sporco d’inchiostro un professore di storia glieli tocchi.

PUBERTA’ di Luigi Pirandello | Testo

L’abitino alla marinara non era più per lei: la nonna avrebbe dovuto capirlo.
Certo, trovare un modo grazioso di vestirla, che non fosse più da ragazzina e non ancora da grande, non era facile. Aveva visto jeri la Gianchi: che orrore, poverina! Impastojata in un sottanone grigio peloso lungo fin quasi alla noce del piede, non sapeva più come muoverci dentro le gambe.
Anche lei però, con tutto quel seno in quella giubbetto da bimba!

LA DISDETTA DI PITAGORA di Luigi Pirandello | Testo

— Perbacco!
E, rimettendomi il cappello, mi voltai a guardare la bella sposina tra il fidanzato e la vecchia madre.
Dri dri dri… — ah come strillavano di felicità sul lastrico della piazza assolata, nel mattino domenicale, le scarpe nuove dell’amico mio! E la fidanzata, con l’anima tutta ridente nell’azzurro infantile degli occhietti irrequieti, nelle guance invermigliate, nei dentini lucenti, sotto l’ombrellino sgargiante di seta rossa, si faceva vento, vento, vento, quasi a smorzar le vampe della gioia e del pudore, la prima volta che si mostrava così per via, bambina, alla gente, con a fianco — dri dri dri quel pezzo di promesso sposo, esageratamente nuovo, pettinato, profumato e soddisfatto.